Lasciateci esaltare Rino “Ulisse” Gattuso e fare festa (altro che sciagurati)
Caro Cucci, quando una sconfitta è cocente, i pensieri sono impensabili. Eppure, fra tiri sballati e rigori sbagliati, per un giorno o due ne è piena la mente. Vai al lavoro e lì pensi, vai a buttare la spazzatura e aprendo un cassonetto vedi una porta spalancata che allo stadio si è chiusa. A pranzo, la moglie ha fatto la pasta col pesto che oggi solo per te ha un sapore strano, ma eviti di dirlo e fai finta di mangiare di gusto perché sai che nessuna moglie ti capirebbe, e allora ti nascondi fra i suoi capelli dicendole che l’ami e lei ti dice «A quanto avete perso?». Rispondi distratto ch’è stato un pareggio, ed oltre non osi perché il personale dolore ti tradirebbe e per lei diventeresti un debole. Eppure non ce l’hai con chi ha vinto, ma con la tua squadra che ha perso, e questo ti fa venire dentro qualcosa tra un leone e un pallone in gabbia, stragonfi di rabbia. Ti servirebbe una vittoria dopo l’altra per ricominciare ad affidarti ai sogni più belli prima di addormentarti. Ora il prendere sonno è un tormento. Hai giocato male e hai perso bene, e lo sai. Da Gigante Golia ti sei fatto caramella, e Davide ti ha fiondato, dopo averti preso le misure, mettendoti addosso quelle che erano le sue paure. Io mi son chiuso in casa e mi sto rassegnando nel perdere a ripetizione col cubo di Rubik. E’ questa in fondo, la sconfitta più prevedibile. Quell’altra è quasi sempre come quando le finali le fa la
Juventus. Imprevedibilmente kaputt. «Ma giorno verrà»… recita Vittorio Alfieri.
Non ho capito se questa è una nuova versione romantica - dello juventino sconfitto. La immagino frutto del lockdown, viste le tenerezze famigliari; fors’anche una indigestione di successi italiani (con annesso pesto alla genovese) mentre persiste la fame di Champions. Che cos’è, in fondo, una Coppitalia se non la già ripetutamente vissuta consolazione per la perduta Orecchiona? In altri tempi, quando feci visita a Giampiero Boniperti ( fra pochi giorni novantunenne) a Piazza Crimea, mi mostrò orgoglioso una sfilata di Coppe tricolori che già allora battezzai “del Presidente”. Sue, insomma. Lui le amava, invece nel tempo molti bianconeri privi d’autentica fede l’hanno sopportata e infine snobbata: dava fastidio quell’Allegri che non sopportava di averne persa una con il Napoli nel 2012. Con Sarri, finalmente, s’è posto rimedio alla solita provincialata, e adesso si aspetta con la solita sfigatrice iattanza che sia proprio lui a conquistare la Champions. Copio da Wikipedia questa scheda di Max che dedico con simpatia ai suoi detrattori, bianconeri infedeli o mezzibusti cialtroni: «Dal 2014 al 2019 è alla guida della Juventus, con cui vince undici trofei cinque campionati italiani (dal 2015 al 2019) e quattro Coppe Italia consecutive (dal 2015 al 2018), e due Supercoppe italiane (2015 e 2018), oltre a raggiungere due finali di UEFA Champions League (2015 e 2017). A livello individuale è stato eletto Panchina d’oro di Prima Divisione (2008), quattro volte Panchina d’oro (2009, 2015, 2017 e 2018) e quattro volte migliore allenatore AIC (2011, 2015 e 2016, 2018), oltreché insignito del Premio Nazionale Enzo Bearzot (2015) e introdotto nella Hall of Fame del calcio italiano (2018). È inoltre l’unico tecnico nella storia del calcio italiano ad aver vinto cinque scudetti e quattro Coppe Italia consecutivamente, oltreché il solo nelle maggiori leghe europee ad aver conquistato un double nazionale per quattro stagioni di fila». Sarri la Coppa Italia l’ha vinta col Sansovino, in Serie D. Non sono cattivo io, sono stupidi quelli che adulandolo l’hanno perduto. Dybala e Icardi entrambe le squadre ne avrebbero tratto benefici non solo tecnici, ma anche economici e devo dire che la dirigenza bianconera è sembrata nel caso supponente. Ronaldo all’inizio ha mascherato con i suoi gol problematiche di varianti di gioco puntando oltremodo sulla vena dell’immortale uomo bionico. Tra l’altro, oltre a senatori presenti ruotano personalità forti dietro la squadra che probabilmente in un qualche modo percettibilmente influenzano le scelte tecniche. Sarri ha bisogno di più tempo, ma anche di forgiare con sue scelte il futuro in modo più autonomo, solo così la squadra può esprimere al massimo le sue idee di gioco. Ronaldo ha bisogno di un partner giovane che ne erediti lì davanti il peso anche in sua assenza, o quando diventi prevedibile soprattutto in Italia. Ramsey mi sembra un giocatore molto intelligente da utilizzare come titolare, per l’attacco vedrei bene Immobile.
Caro Cucci, la vittoria contro la Juventus di Sarri con la conquista della Coppa Italia, ha portato un venticello di aria fresca e tanta gioia ai tifosi azzurri dopo un periodo buio di sette mesi dall’ammutinamento del 6 novembre al Covid 19. La visione della partita mi ha riportato indietro di molti anni quando, studente, ho letto il poema di Omero narrante la guerra tra greci e troiani. Nella città di Troia, rocca inespugnabile, si rispecchia la squadra della Juve con un organico più forte e più completo di quello del Napoli, a sua volta rappresentato dalla flotta greca che, in 10 anni di guerra, non riuscì ad espugnare Troia. Dove non potè la forza, ci riuscì l’astuzia di Ulisse col suo cavallo di legno lasciato sulla spiaggia in dono agli invincibili nemici. Il nostro Gattuso
ha indossato i vestiti di Ulisse facendo sfogare i bianconeri nel primo tempo, tenendoli a bada con una difesa attenta e arroccata che ha concesso un solo tiro in porta nei primi 46’ di gioco. Nel secondo tempo ha spronato continuamente i suoi giocatori che hanno preso in mano la partita e per la Juventus è calata la notte fonda. Vittoria ampiamente meritata, anche se arrivata sui calci di rigore, come riconosciuto da tutti i quotidiani sportivi. E per favore, lasciateci divertire...
Mi piace, vecchio amico, questo Rino-Ulisse, protagonista di avventure di terra e di mare senza molta fortuna, finché non ha trovato nella metaforica cetra di Omero le giuste note. O meglio ancora in De Laurentiis lo scopritore delle sue qualità. Gattuso era un personaggio in cerca d’autore, adesso, all’improvviso, è un Maestro. Lo dicono anche quelli che gradirono il calcinculo del Milan, fabbrica di autori in cerca di personaggi. Io l’ho criticato, mi pareva debole - non fisicamente, è ovvio, è Ringhio - ma nelle scelte, nelle decisioni; finché la fiducia di un presidente - non di una fondazione e di ex pedatori di fama ma inesperti - e il suo “vai e vinci “non hanno finalmente fuso le virtù del tecnico a quello dell’uomo. E dire che a Napoli il fronte che critica ADL è ancora forte. Dovrà valere, d’ora in avanti, la scelta popolare, non quella dei criticonzi in fregola per i Sarri, mentre ho visto rinascere il Napoli di Mazzarri, forza, tecnica e volontà (aspetto Tre Tenori, Mertens e Insigne li ho già...).
Una considerazione sulle critiche feroci piovute addosso ai tifosi in festa. L’assembramento, meglio, l’ammucchiata in città, non può essere giustificata, tantomeno applaudita. Ma se Dio vuole s’è trattato di un eccesso di gioia dopo cento giorni di mortificazione d’ogni libertà. Le cronache non parlano di vittime, alla vittoria del pallone auguriamoci di aggiungere la sconfitta del Carognavirus. Senza alcun riferimento polemico/calcistico ricordo - riprendendolo da “La Stampa” - cosa successe a Torino, a Piazza San Carlo, per un dopopartita: «Cala il silenzio in piazza San Carlo. La folla attonita guarda l’esultanza di Cristiano Ronaldo, autore del terzo gol. Il futuro asso bianconero spegne i sogni dei tifosi juventini. Sono le 22.15 del 3 giugno 2017. Tra la folla, un gruppo di ragazzini si muove per fare razzia di collanine. Spruzzano spray al peperoncino per disorientare. Di colpo il silenzio si rompe. Trentamila persone accalcate oscillano, i corpi diventano onde. Il terrore s’impossessa del cuore di Torino. Urla, fughe, sangue. Sotto il maxischermo che proietta la finale di Champions League tra Juventus e Real Madrid è il panico. I feriti saranno 1692. Muoiono due donne: Erika Pioletti e Marisa Amato...».