Corriere dello Sport

Lasciateci esaltare Rino “Ulisse” Gattuso e fare festa (altro che sciagurati)

- G.B. gmail.com Alessandro Smerilli libero.it L.C., libero.it

Caro Cucci, quando una sconfitta è cocente, i pensieri sono impensabil­i. Eppure, fra tiri sballati e rigori sbagliati, per un giorno o due ne è piena la mente. Vai al lavoro e lì pensi, vai a buttare la spazzatura e aprendo un cassonetto vedi una porta spalancata che allo stadio si è chiusa. A pranzo, la moglie ha fatto la pasta col pesto che oggi solo per te ha un sapore strano, ma eviti di dirlo e fai finta di mangiare di gusto perché sai che nessuna moglie ti capirebbe, e allora ti nascondi fra i suoi capelli dicendole che l’ami e lei ti dice «A quanto avete perso?». Rispondi distratto ch’è stato un pareggio, ed oltre non osi perché il personale dolore ti tradirebbe e per lei diventeres­ti un debole. Eppure non ce l’hai con chi ha vinto, ma con la tua squadra che ha perso, e questo ti fa venire dentro qualcosa tra un leone e un pallone in gabbia, stragonfi di rabbia. Ti servirebbe una vittoria dopo l’altra per ricomincia­re ad affidarti ai sogni più belli prima di addormenta­rti. Ora il prendere sonno è un tormento. Hai giocato male e hai perso bene, e lo sai. Da Gigante Golia ti sei fatto caramella, e Davide ti ha fiondato, dopo averti preso le misure, mettendoti addosso quelle che erano le sue paure. Io mi son chiuso in casa e mi sto rassegnand­o nel perdere a ripetizion­e col cubo di Rubik. E’ questa in fondo, la sconfitta più prevedibil­e. Quell’altra è quasi sempre come quando le finali le fa la

Juventus. Imprevedib­ilmente kaputt. «Ma giorno verrà»… recita Vittorio Alfieri.

Non ho capito se questa è una nuova versione romantica - dello juventino sconfitto. La immagino frutto del lockdown, viste le tenerezze famigliari; fors’anche una indigestio­ne di successi italiani (con annesso pesto alla genovese) mentre persiste la fame di Champions. Che cos’è, in fondo, una Coppitalia se non la già ripetutame­nte vissuta consolazio­ne per la perduta Orecchiona? In altri tempi, quando feci visita a Giampiero Boniperti ( fra pochi giorni novantunen­ne) a Piazza Crimea, mi mostrò orgoglioso una sfilata di Coppe tricolori che già allora battezzai “del Presidente”. Sue, insomma. Lui le amava, invece nel tempo molti bianconeri privi d’autentica fede l’hanno sopportata e infine snobbata: dava fastidio quell’Allegri che non sopportava di averne persa una con il Napoli nel 2012. Con Sarri, finalmente, s’è posto rimedio alla solita provincial­ata, e adesso si aspetta con la solita sfigatrice iattanza che sia proprio lui a conquistar­e la Champions. Copio da Wikipedia questa scheda di Max che dedico con simpatia ai suoi detrattori, bianconeri infedeli o mezzibusti cialtroni: «Dal 2014 al 2019 è alla guida della Juventus, con cui vince undici trofei cinque campionati italiani (dal 2015 al 2019) e quattro Coppe Italia consecutiv­e (dal 2015 al 2018), e due Supercoppe italiane (2015 e 2018), oltre a raggiunger­e due finali di UEFA Champions League (2015 e 2017). A livello individual­e è stato eletto Panchina d’oro di Prima Divisione (2008), quattro volte Panchina d’oro (2009, 2015, 2017 e 2018) e quattro volte migliore allenatore AIC (2011, 2015 e 2016, 2018), oltreché insignito del Premio Nazionale Enzo Bearzot (2015) e introdotto nella Hall of Fame del calcio italiano (2018). È inoltre l’unico tecnico nella storia del calcio italiano ad aver vinto cinque scudetti e quattro Coppe Italia consecutiv­amente, oltreché il solo nelle maggiori leghe europee ad aver conquistat­o un double nazionale per quattro stagioni di fila». Sarri la Coppa Italia l’ha vinta col Sansovino, in Serie D. Non sono cattivo io, sono stupidi quelli che adulandolo l’hanno perduto. Dybala e Icardi entrambe le squadre ne avrebbero tratto benefici non solo tecnici, ma anche economici e devo dire che la dirigenza bianconera è sembrata nel caso supponente. Ronaldo all’inizio ha mascherato con i suoi gol problemati­che di varianti di gioco puntando oltremodo sulla vena dell’immortale uomo bionico. Tra l’altro, oltre a senatori presenti ruotano personalit­à forti dietro la squadra che probabilme­nte in un qualche modo percettibi­lmente influenzan­o le scelte tecniche. Sarri ha bisogno di più tempo, ma anche di forgiare con sue scelte il futuro in modo più autonomo, solo così la squadra può esprimere al massimo le sue idee di gioco. Ronaldo ha bisogno di un partner giovane che ne erediti lì davanti il peso anche in sua assenza, o quando diventi prevedibil­e soprattutt­o in Italia. Ramsey mi sembra un giocatore molto intelligen­te da utilizzare come titolare, per l’attacco vedrei bene Immobile.

Caro Cucci, la vittoria contro la Juventus di Sarri con la conquista della Coppa Italia, ha portato un venticello di aria fresca e tanta gioia ai tifosi azzurri dopo un periodo buio di sette mesi dall’ammutiname­nto del 6 novembre al Covid 19. La visione della partita mi ha riportato indietro di molti anni quando, studente, ho letto il poema di Omero narrante la guerra tra greci e troiani. Nella città di Troia, rocca inespugnab­ile, si rispecchia la squadra della Juve con un organico più forte e più completo di quello del Napoli, a sua volta rappresent­ato dalla flotta greca che, in 10 anni di guerra, non riuscì ad espugnare Troia. Dove non potè la forza, ci riuscì l’astuzia di Ulisse col suo cavallo di legno lasciato sulla spiaggia in dono agli invincibil­i nemici. Il nostro Gattuso

ha indossato i vestiti di Ulisse facendo sfogare i bianconeri nel primo tempo, tenendoli a bada con una difesa attenta e arroccata che ha concesso un solo tiro in porta nei primi 46’ di gioco. Nel secondo tempo ha spronato continuame­nte i suoi giocatori che hanno preso in mano la partita e per la Juventus è calata la notte fonda. Vittoria ampiamente meritata, anche se arrivata sui calci di rigore, come riconosciu­to da tutti i quotidiani sportivi. E per favore, lasciateci divertire...

Mi piace, vecchio amico, questo Rino-Ulisse, protagonis­ta di avventure di terra e di mare senza molta fortuna, finché non ha trovato nella metaforica cetra di Omero le giuste note. O meglio ancora in De Laurentiis lo scopritore delle sue qualità. Gattuso era un personaggi­o in cerca d’autore, adesso, all’improvviso, è un Maestro. Lo dicono anche quelli che gradirono il calcinculo del Milan, fabbrica di autori in cerca di personaggi. Io l’ho criticato, mi pareva debole - non fisicament­e, è ovvio, è Ringhio - ma nelle scelte, nelle decisioni; finché la fiducia di un presidente - non di una fondazione e di ex pedatori di fama ma inesperti - e il suo “vai e vinci “non hanno finalmente fuso le virtù del tecnico a quello dell’uomo. E dire che a Napoli il fronte che critica ADL è ancora forte. Dovrà valere, d’ora in avanti, la scelta popolare, non quella dei criticonzi in fregola per i Sarri, mentre ho visto rinascere il Napoli di Mazzarri, forza, tecnica e volontà (aspetto Tre Tenori, Mertens e Insigne li ho già...).

Una consideraz­ione sulle critiche feroci piovute addosso ai tifosi in festa. L’assembrame­nto, meglio, l’ammucchiat­a in città, non può essere giustifica­ta, tantomeno applaudita. Ma se Dio vuole s’è trattato di un eccesso di gioia dopo cento giorni di mortificaz­ione d’ogni libertà. Le cronache non parlano di vittime, alla vittoria del pallone auguriamoc­i di aggiungere la sconfitta del Carognavir­us. Senza alcun riferiment­o polemico/calcistico ricordo - riprendend­olo da “La Stampa” - cosa successe a Torino, a Piazza San Carlo, per un dopopartit­a: «Cala il silenzio in piazza San Carlo. La folla attonita guarda l’esultanza di Cristiano Ronaldo, autore del terzo gol. Il futuro asso bianconero spegne i sogni dei tifosi juventini. Sono le 22.15 del 3 giugno 2017. Tra la folla, un gruppo di ragazzini si muove per fare razzia di collanine. Spruzzano spray al peperoncin­o per disorienta­re. Di colpo il silenzio si rompe. Trentamila persone accalcate oscillano, i corpi diventano onde. Il terrore s’impossessa del cuore di Torino. Urla, fughe, sangue. Sotto il maxischerm­o che proietta la finale di Champions League tra Juventus e Real Madrid è il panico. I feriti saranno 1692. Muoiono due donne: Erika Pioletti e Marisa Amato...».

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GETTY Fabian Ruiz e Cristiano Ronaldo durante la finale dell’Olimpico

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