Super Franck così diverso da Ronaldo
Cuore e umiltà sia dentro che fuori dal campo: un esempio per tutti Sempre il primo a dare una mano al compagno e un sostegno a chi soffre
Ribery non giocava da 205 giorni. Si era fatto male il 30 novembre scorso in uno scontro col leccese Tachtsidis e poco dopo era stato operato alla caviglia.
Ha vinto praticamente tutto. Quello che gli manca, il titolo Mondiale con la Francia, glielo ha sfilato l’Italia. Quell’Italia da dove ha scelto di ricominciare con la maglia della Fiorentina, terzo campionato europeo dove lasciare il timbro, dopo Francia e Germania. Quella notte, a Berlino, Franck Ribery giocò 100 minuti, poi lasciò il testimone a Trezeguet, che sbagliò il secondo rigore dei “Les Bleus”, consegnando di lì a breve la Coppa agli azzurri. Ha sollevato 9 Meisterschale, ha brindato al “triplete”, in quell’Olimpo circoscritto che è pertinenza di pochi eletti, ed è salito anche sul tetto del mondo con il Mondiale per Club, con quel Bayern Monaco di cui per 12 anni ha vestito la pelle, prima di colorarla di viola e di trasformarla nell’ennesima prova. E, con de Coubertin, il fondatore dei Giochi Olimpici moderni, lo ha scritto anche sulla sua pagina Instagram: «Lo sport va a cercare la paura per dominarla, la fatica per trionfare e la difficoltà per vincerla». Si è capito subito che il leader di questa Fiorentina non avrebbe potuto essere altri se non lui. Lo ha scritto anche ieri, sfruttando la vetrina social: «E’ stato bello essere tornati in campo, è stata una buona partita, una buona battaglia. Sfortunatamente non abbiamo vinto. Ma dobbiamo continuare a giocare così. Forza ragazzi». A poche ore dalla gara contro la Lazio, lui che all’Olimpico ha già segnato (alla Roma, però, nell’1-7 coi giallorossi di Garcia), a 2 reti da quota 150 gol in carriera con squadre di club, è il primo a lanciare la sfida.
L’IMMORTALE.Guerriero mai domo, 205 giorni dopo l’ultima gara giocata, con un chiodo nella caviglia e una fisioterapia condizionata dalla pandemia da Coronavirus, Franck si è trasformato in Highlander: immortale davvero. Oltre che coraggioso, perché scegliere di scommettere su una squadra in fase di ri-costruzione, la Fiorentina appunto, che la passata stagione si è salvata all’ultima giornata, non è da tutti. Lui, lo sa bene: «Devi correre dei rischi, deve correrli sempre. Anche l’attesa è essa stessa un rischio». Quando scriveva queste parole, erano i giorni della trattativa per trasferirsi in riva all’Arno, degli allenamenti in solitaria per farsi trovare pronto. Pochi giorni prima del suo ingresso trionfale nel Franchi, Rocky Balboa del pallone, avvolto nel fumo bianco, con attorno quindicimila tifosi in delirio, unico rappresentante di un sogno collettivo, quello di Firenze.
LA RICOMPENSA NELLO SFORZO. A sorprendere, l’altra sera col Brescia, è stato il suo atteggiamento, da ragazzino, a dispetto delle 37 primavere sulle spalle. Che poi è lo stesso che lo ha visto arrivare al centro sportivo con almeno due ore di anticipo sull’orario di convocazione per montare in sella alla cyclette, portare i muscoli a pieno regime e convincere l’allenatore che sì, schierarlo in campo sarebbe stata l’unica scelta possibile. «La nostra ricompensa si trova nello sforzo e non nel risultato. Uno sforzo totale è una vittoria completa». Trovi tutto sui suoi account social, anche citazioni di Mahatma Gandhi, perché Franck è pure questo. E’ il campione che non dimentica un compleanno, da Robben a James Rodriguez, da Rafinha a Josef Heynckes, e che pur di vedere i propri figli sorridere si traveste persino da coniglio, per la caccia alle uova nel giardino della villa di Monaco di Baviera, quello col 7 in ferro battuto sullo sfondo. E’ l’ideatore degli scherzi nello spogliatoio, perché un sorriso può davvero aiutare a cambiare la prospettiva, ed anche l’uomo dall’animo sensibile, che prima agisce e raramente sbandiera ai quattro venti. Quando Rocco
Commisso ha lanciato la campagna di founding “Forza e Cuore” per raccogliere fondi da destinare alla sanità fiorentina, nei giorni bui del contagio da Covid, Franck, ha cliccato, associato i propri estremi bancari e fatto partire il pagamento (50mila euro), prima di correre in soccorso alla croce rossa algerina, rilanciando pure lui l’appello che, qui in Italia, è stato raccolto, tra gli altri, da Bennacer.
CUORE E UMILTA’. E l’umiltà che lo ontraddistingue in campo è la stessa della sua vita. Sì, è vero, è lui che, durante un soggiorno a Dubai con la famiglia è stato criticato per essersi concesso una bistecca all’oro, ma quando si è trattato di correre in soccorso del prossimo non si è mai tirato indietro. Anche quando c’è stato da mettere a disposizione il suo aereo privato per la mamma di un amico cantante, rimasta bloccata (per il Covid) ad Algeri. Non ci ha pensato un attimo ad intervenire, perché «conosco l’importanza di una madre, nulla può sostituirla». Con lo stesso amore, gigantesco, è legatissimo ai suoi figli. Si è fatto fenomeno raccogliendo i pochi coriandoli di felicità, quando intorno c’era odio o cattiveria. Lo ha raccontato lui stesso, riferendosi all’incidente di cui porta addosso i segni e dal quale ha tratto la forza che oggi fa parte del suo dna. Anche la conversione all’Islam è rimasta un atto privato, condiviso coi fratelli musulmani, nel rispetto di ogni confessione. Campione, Ribery, lo è diventato. «Non sognare di vincere, lavora per questo»: lo sta facendo anche adesso, a Firenze. Dove tutti aspettano di festeggiare il ritorno al gol del “Re”, come a San Siro, quando alla Scala del calcio i riflettori sono stati tutti per lui.