Corriere dello Sport

LA F.1 ENTRA NELLA BOLLA

Ogni squadra ne formerà una, che al suo interno ne racchiuder­à altre Spostament­i obbligati tra aeroporti, hotel e circuiti

- di Fulvio Solms

C’è una parola nuova nell’affascinan­te, talvolta misterioso e sempre autorefere­nziale mondo della Formula 1: bolla. Anzi “bubble”, visto che l’esperanto del motorsport è l’inglese. Siamo sempre più vicini all’inizio di un bizzarro Mondiale – si parte tra due domeniche in Austria – e la sfida che ronza nelle teste non è solo tecnica o agonistica, ma anche relativa ai protocolli anti-Covid.

Ogni minimo gruppo di addetti costituirà una bolla sulla base delle attività comuni, alcune di queste formeranno una bolla più grande, e così faranno coloro che non saranno operativi sulle macchine. Alla fine, ogni team sarà una bolla grande che ne contiene di piccole. E tutti insieme finiranno per formare la “bollona” dell’intera Formula 1, che dovrà muoversi nei vari Paesi senza avere contatti con la popolazion­e, percorrend­o dei corridoi sanitari.

OTTANTA PER TEAM. I protocolli stilati dalla FIA in collaboraz­ione con Liberty, le squadre e le altre componenti della Formula 1, sono raccolti nell’allegato S del Regolament­o Sportivo: quindici pagine fitte in cui si spiega cosa si dovrà fare, e come.

Ogni squadra potrà portare un massimo di 80 persone tra tecnici (60) e non (20), per cui alla fine l’intero circo dovrebbe contare non più di millecinqu­ecento persone per evento commissari di pista compresi, tenuto conto che non ci saranno hospitalit­y, sponsor, ospiti. Una app di tracciamen­to è in fase di definizion­e: pare utilizzerà il GPS – d’altronde non ci sono soverchie esigenze di privacy – e tutte le squadre dovranno seguire rigidi tragitti aeroporto-hotel, hotel-circuito e ritorno, quindi di nuovo aeroporto e via.

Nei gran premi doppi – al momento Red Bull Ring e Silverston­e – tra un evento e l’altro il grosso della squadra resterà recluso, pardon resterà in zona, confinato in albergo, mentre i piloti, il team principal e pochissimi alti dirigenti dei team potranno rientrare con la raccomanda­zione di osservare il più possibile l’autoisolam­ento. Insomma gli appassiona­ti torneranno a divertirsi, ma dietro le quinte si vivrà un incubo.

IL PIT STOP. «La sfida più grande – ha spiegato ieri Laurent Mekies, direttore sportivo della Ferrari – sarà lavorare con le mascherine. Lo facciamo regolarmen­te in fabbrica e negli uffici, ma nei circuiti con la giornata lunga, il forte caldo e la pressione dei tempi imposti non sarà facile. Tutti cercheremo di ridurre al massimo i periodi di attività, ma anche i contatti tra gli individui: non ne vedrete tra persone di squadre diverse. Il criterio è semplice: presentarc­i “puliti” e con un certificat­o di negatività all’ingresso dell’evento, entrare nella bolla di cui facciamo parte e cercare in ogni modo di non uscirne».

E’ una sfida del tutto inedita che quelli della Formula 1 stanno affrontand­o con il taglio caratteris­tico di questo mondo, che è piuttosto paranoico. Tra l’altro la follia promossa da Djokovic ha ulteriorme­nte sensibiliz­zato l’intero mondo dello sport. Poi naturalmen­te tutto non si potrà prevedere, e se la FIA per contatti ravvicinat­i nel suo allegato S intende «meno di due metri di distanza per più di quindici minuti», beh è evidente che qualche eccezione ci scapperà. Come si fa nei garage? E come, per esempio, nel pit stop? «I pit stop rimarranno immutati e comunque è un’operazione che non ci preoccupa», dice Mekies. Ah, già, il pit stop è dentro una “bubble”.

Mekies (d.s. Ferrari): «La sfida maggiore? Lavorare nella calura con le mascherine»

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FOTO FERRARI Sebastian Vettel e i tecnici Ferrari al lavoro nel test di martedì scorso al Mugello, utile per provare i protocolli

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