GIÀ DODICI POSITIVI LA NBA IN ALLARME
Scattati martedì i test obbligatori in vista della ripresa a Orlando Non solo Jokic: contagi a Miami, Indiana, Phoenix e Sacramento L’esperto: «Rischio fallimento»
Nikola Jokic, positivo al Covid-19, è in quarantena in Serbia e prima di ricevere l’ok per tornare negli Stati Uniti, secondo i protocolli NBA, dovrà risultare negativo a due test nel giro di 24 ore. Se ne parlerà almeno tra una settimana. Ma se per il centro di Denver la foto mentre abbracciava Novak Djokovic è stata più che eloquente, a quasi un mese dalla ripresa della stagione nella “bolla” di Disney (30 luglio) e a meno di due settimane dall’arrivo a Orlando delle squadre (previsto per il 7 luglio) i casi di positività tra i giocatori stanno crescendo anche senza il tennis.
Da martedì 23 giugno, giorno di inizio dei test obbligatori, ne sono stati comunicati almeno dodici: Malcolm Brogdon (Indiana) poi Jabari Parker, Alex Len e Buddy Hield (Sacramento) fino a Derrick Jones (Miami) con altri rimasti anonimi, tra cui un paio a Phoenix. I contagiati di Indiana, Sacramento e Miami hanno fatto sapere che, una volta guariti, saranno a Orlando con le loro squadre, a differenza di altri colleghi i quali, pur non essendo stati colpiti dal virus, ma con il timore di esserlo, hanno preferito rinunciare alla particolarissima trasferta.
TUTTO PREVISTO. Lo hanno fatto a ragione dal momento che, tra l’altro, proprio la Florida (5.500 casi solo mercoledì) è tra gli Stati che ha visto la maggiore recrudescenza del Covid-19? Per ora la NBA continua nel suo progetto, anzi è stato sottolineato che proprio perché da martedì sono iniziati gli esami obbligatori per tutte le 22 franchigie invitate a Disney World, ci si aspettava (e sarà così ancora) un incremento del numero delle positività. «Credo che ne avremo diversi ha sottolineato Brian Windhorst di Espn - ma la lega afferma di essere preparata per questo, convinta che nel giro di due settimane tutti saranno in salute e potranno, almeno la maggior parte, entrare nella grande “bubble” di Orlando. Lì saranno in grado di stare al sicuro? Questo non lo posso certo prevedere».
Giocatori testati prima di partire per la Florida, al loro arrivo e seguiti costantemente durante la permanenza, ma i dubbi restano, in particolare per il timore di un focolaio interno. In definitiva pare impossibile che una volta ripartita la stagione non si verifichino nuovi casi. Ma la linea della NBA è che c’è bisogno che i giocatori credano in questo piano e non abbandonino Orlando se dovessero sorgere problemi. «Quando chiedi agli atleti un parere sulla bolla la risposta è “Tutti abbiamo fiducia in Adam” (Silver, il commissioner; ndr) - ha continuato Windhorst - lo dicono giocatori, dirigenti e allenatori». Situazione differente invece per Zach Binney, epidemiologo all’Oxford College della Emory University: «C’è una combinazione di fattori davvero preoccupante - la sua tesi - la NBA non ha fatto nulla di male, ma ho paura che tutto ciò possa rivelarsi un fallimento. Poi, sinceramente, non so come si possa portare oltre 1.000 persone, tra atleti e staff, e testarli quotidianamente».
L’ALTRO ANELLO. Una volta nella “bubble” di Disney, i giocatori fuori dal campo avranno a disposizione una serie di dispositivi per cercare di controllare il Covid-19, dai comuni termometri ai pulsossimetri (apparecchiature mediche che permettono di controllare il sangue), quindi allarmi acustici che scatteranno se si starà oltre 5" in prossimità di un’altra persona senza rispettare i quasi 2 metri di distanziamento sociale. Ma ci sarà anche l’opzione dell’anello, che in questo caso non è quello per il titolo, costa 300 dollari ed è realizzato da un’azienda finlandese: misura temperatura, frequenza respiratoria e altri dati utili per rilevare il Coronavirus ancora prima dell’apparire dei sintomi. Infatti inserendo queste variabili in un algoritmo, l’anello fornisce un “punteggio di probabilità della infezione”.
Ma gli organizzatori restano fiduciosi Anche grazie a un anello avveniristico
«Ho ufficialmente chiuso con il basket professionistico Lascio dopo aver trascorso 22 stagioni nella NBA Da questo momento giocherò solamente a casa»
NUOVE PERPLESSITÀ. Ma sempre in Florida, a Bradenton, alla IMG Academy, dal 6 luglio dovrebbero arrivare le squadre della WNBA e ieri scadeva il termine per la eventuale rinuncia delle atlete. Molte sono le giocatrici che hanno espresso preoccupazione non solo per la situazione della Florida, ma anche perchè fino a mercoledì non avevano ricevuto informazioni dettagliate su come funzionerà la loro bolla.