TRIONFO LIVERPOOL È UN TITOLO STORICO
Il City perde con il Chelsea (1-2) Klopp fa festa restando a casa
L’ultima volta, molti di loro non erano neanche nati. Trent’anni sono tanti, il mondo era diverso, il calcio pure. La Premier League nemmeno esisteva, per “stranieri” s’intendevano generalmente i calciatori scozzesi o irlandesi. Anche se, in realtà, quel Liverpool era già cosmopolita: stopper svedese (Hysen, arrivato dalla Fiorentina), regista danese (Molby), terza punta israeliana (Rosenthal) e un pittoresco portiere, Grobbelaar, veterano dell’esercito dell’ex-Rhodesia, poi Zimbabwe. Oggi l’allenatore è tedesco, la proprietà americana, lo sponsor un colosso bancario indo-cinese-sudafricano, il portiere brasiliano, le ali rispettivamente egiziane e senegalesi, il capitano inglese, il leader della difesa olandese e, forse, il giocatore di maggior qualità “scouser”, ovvero una nato e cresciuto proprio a Liverpool, all’ombra di Anfield. Un caleidoscopio di nazionalità ed etnie che rispecchia il popolo dei Reds in giro per il mondo. Le grandi squadre solitamente vincono in casa loro e poi s’impongono in Europa. Questo Liverpool ha fatto l’opposto, vincendo prima la Champions League e poi la Premier League (19º titolo inglese, a -1 dal Manchter United). Percorso inverso, e, forse insolito, ma del resto di normale in questa squadra c’è poco.
I MERITI IN PANCHINA. Raramente si è vista una squadra che riflette così accuratamente il suo allenatore. E infatti è Klopp il vero valore aggiunto. Fateci caso, se da un lato vi sono allenatori che battono i pugni per farsi comprare “top player”, Klopp preferisci crearli. Tolto
Alisson, che comunque era il titolare della nazionale brasiliana, è difficile trovare giocatori arrivati ad Anfield Road da campioni affermati. Alexander-Arnold, si è detto, viene dal vivaio. Van Dijk è costato 80 milioni e tutti lo ritenevano una follia, ma comunque arrivava dal Celtic. Discorso analogo per Keita, strapagato dal Lipsia (e comunque spesso in panchina). Gomez è costato pochi milioni dal Charlton, Matip era in scadenza dallo Schalke. Robertson veniva dall’Hull City e faceva l’ala. Fabinho era un gregario al Monaco, Wijnaldum giocava nel Newcastle retrocesso. Milner è arrivato da svincolato, scartato dal Manchester City. Oxlade-Chamberlain non rientrava più nei piani dell’Arsenal, Henderson apparteneva alla gestione precedente ed era visto come un medianaccio e nulla più. Firmino, con tutto il rispetto, veniva dall’Hoffenheim, Mane dal Southampton. Salah aveva disputato due ottimi campionati alla Roma, ma in Premier lo ricordavano per l’infruttuosa parentesi del Chelsea.
NUMERI INCREDIBILI. E’ questo il miracolo-Klopp. Gente che fino a quel momento aveva vinto poco, giocando in squadre da “ceto medio”, arrivata non ancora formata calcisticamente e trasformata in giocatori più forti. Quest’anno ha saputo aggiungere un’altra dimensione alla squadra. Il Liverpool ha forse perso un po’ di brillantezza (complice forse anche il larghissimo vantaggio) ma ha guadagnato in concretezza, come dimostrano le cifre da capogiro: 86 punti conquistati su 93 disponibili. Dopo trent’anni di digiuno, vincere così - con un dominio assoluto - è ancora più dolce.