Rino, la rivoluzione in 140 giorni
- Pare quasi un fotogramma ingiallito, che si perde tra i cespugli della memoria: centoquaranta giorni fa, eppure sembra che ci si smarrisca nel bel mezzo del passato remoto, ma è la vita ch’è cambiata, mica solo il calcio, e pure il Napoli ne è uscito riveduto a corretto. Una data a volte sa di segnalibro o persino di spartiacque, ma il 9 febbraio, uscendo dal campo, ripensando a quel 2-3 con il Lecce al San Paolo, Rino Gattuso ha preso in mano il proprio destino e l’ha rimodellato: bisognava scegliere, per se stesso e per quella squadra in balìa della propria vaghezza, andava riscritto un percorso nuovo, possibilmente aderente a quella natura un po’ “scugnizza” però dandole un senso pratico.
Ne è venuta fuori una rivoluzione silenziosa, nei fatti, e il campo, che sa sempre come convincere, ha provveduto a fornire le sue risposte: vittoria a Milano, in casa dell’Inter, per mettere una opzione sulla semifinale di coppa Italia, poi anche a a Cagliari ed a Brescia e pareggio con il Barcellona ma anche 2-1 sul Torino, prima di rinchiudersi in casa con i propri pensieri, per dargli ulteriormente un ordine.
E’ stato semplice, e quasi naturale, uscire dal lockdown con quella dimensione più austera nell’atteggiamento ma anche terribilmente matura: e come se tutte le corde dell’orgoglio fossero state toccate è (ri)emersa la personalità, l’autorevolezza, ma sotto forme diverse, sintetizzate dall’1-1 con l’Inter, dal trionfo nella finale di Coppa Italia di Roma con la Juventus, dalla solidità del Bentegodi.
LA SVOLTA. E i conti tornano: il Napoli si è ritrovato sul proprio “ottovolante”, ha smesso di lasciarsi spettinare i capelli dal vento, ha assunto una identità italiana, ha cominciato a non subire (un gol nelle ultime tre partite, quattro in questa striscia positiva), si è lasciato alle spalle il suo tumultuoso autunno ed anche l’inverno irregolare di Gattuso, con le sconfitte interne con Parma, Inter, Fiorentina e Lecce.
E’ stato indispensabile darsi un ordine costituito, chiedere un sacrificio nella fase passiva, sapendo che in quella attiva ci sarebbe stato comunque qualcuno che ci avrebbe pensato: però la svolta avviene il 9 febbraio ed è “filosofica” si direbbe o esclusivamente tattica, resta aggrappata al tridente (che viene espresso ora diversamente, soprattutto quando la palla ce l’hanno gli altri). Però centoquaranta giorni e (soprattutto) quelle otto partite non sono trascorse invano e il Napoli si compiace, perché lo specchio riflette un’immagine diversa.
La squadra ha assunto un’identità più italiana: un gol subito in tre gare