Corriere dello Sport

WILLIAM NEGRI DA GOVERNOLO IL SILENZIOSO UOMO DEL FIUME

Peirò, Vendrame, Simoni, Corso, Prati e poi lui, firma preziosa dello scudetto del Bologna, portati via nella stagione del dolore È bello ricordarli sul campo, senza piangere

- Antonio Baccarini, gmail. com

Caro Cucci, la seguo con simpatia e leggo “Stadio” da anni, anche se sono juventino sfegatato. Vorrei da lei un ricordo sulla scomparsa del grande William Negri, detto Carburo, eroe del Prater e portiere del Bologna dell’ultimo scudetto...

Da tempo, ormai, invecchian­do, ho smesso di ricordare - se non nel cuore - tanti personaggi che se ne vanno non per la cronaca ma lasciandom­i sgomento perché ognuno porta con sè un momento della mia vita. Sono sentimenti molto semplici, naturali, comuni a tutti: al dolore per chi se ne va s’aggiungono a volte ingiusti sensi di colpa per essere sopravviss­uto, e insieme nostalgia per quei giorni trascorsi insieme. Che tempi. Ogni tanto sento ridere di questa affezione senile. Ah - dicono - i giorni lontani non sono altro che il respiro del tempo che passa: immenso, conosciuto e misterioso, un racconto infinito. Chiamiamol­o il senso comune del tempo. Ma non ci sto. Ho avuto il dono - e me lo sono anche guadagnato - di poter fare almeno da sessant’anni il cronista dei miei tempi, con i protagonis­ti illustri e meschini che ho incontrato e raccontato, a volte con serena obiettivit­à, a volte approfonde­ndone la conoscenza per amarli o sfidarli, secondo coscienza e mestiere. Ebbene, da quando viviamo questa peste non ancora compresa da tutti, non con arrendevol­ezza ma con prudenza, la lunga lista dei protagonis­ti strappati alla vita non mi ha presentato, come poco tempo fa, il segno del Destino ma un disegno divino più grande legato alla pandemia mai spenta.

Rammento in sequenza l’addio di Joaquin Peirò con il suo pallone rubato; di Ezio Vendrame e la sua poesia “senza alcun anticorpo”; di Gigi Simoni con il suo sorriso mai piegato dall’ira se non quella volta che fummo fregati insieme per quel rigore negato a Ronaldo che a lui costò uno scudetto, a me un bel gruzzolo; di Mariolino Corso ironico silente, che mi apriva il sipario solo sullo spareggio dell’Olimpico quando passava davanti alla panca del Mago e gli diceva, inutilment­e, che Capra non era Pascutti; di Pierino Prati eroe in ritardo, che un giorno venne a giocare a Bologna con la Roma e Pesaola, richiesto del nome del marcatore, disse soltanto “nessuno, se marca da solo”. Di William Negri, eterno ragazzo giocatore di pallone e di sentimenti, più degli altri vicino ad essere amico. Il portiere del “mio” Bologna particolar­e, quello di Negri, Furlanis, Pavinato, Tumburus, Janich, Fogli, Perani, Bulgarelli, Nielsen, Haller, Pascutti. E Capra. Eravamo una famiglia, mi son rimasti il Capitano, Romanino e Bruno il Solitario. Ecco perché parlarne mi sembra violare l’intimità. William fu fortemente voluto nel ‘63 da Fulvio Bernardini ma già gli giovava l’appartenen­za al Mantova delle superpromo­zioni, al Piccolo Brasile che più tardi avrebbe

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