«Giustizia sociale sulle maglie»
Maglie personalizzate con messaggi che potranno variare, dalle cause sociali alla beneficenza, scritti al posto del nome dell'atleta. Si tratta dell'ultimo accordo raggiunto da NBA con NBPA, il sindacato dei giocatori. L'ha annunciato in una intervista a Espn il suo presidente, il play di Oklahoma Chris Paul.
Così dal prossimo 30 luglio, giorno di ripresa della stagione a Orlando in Florida, si potranno leggere sulle canotte dei giocatori messaggi che potranno andare da «Black Lives Matter» (le vite dei neri importano), oppure «I Can't Breathe» (Non posso respirare), mostrare impegni per cause benefiche, ma anche i nomi di alcune delle vittime della polizia, come George Floyd e Breonna Taylor.
GIUSTIZIA SOCIALE. «Vogliamo solo continuare a mettere in evidenza diverse questioni che riguardano la giustizia sociale, problemi che i nostri ragazzi giorno dopo giorno stanno sottolineando - ha aggiunto Paul -. C'è chi afferma che questa lotta scomparirà una volta che si riprenderà a giocare: con queste maglie non succederà». Ma anche chi non vorrà porre l'accento sul razzismo (ci sarà qualcuno?) e le questioni ad esso collegate, avrà la possibilità di rendere visibile il proprio messaggio. «Come sarà la mia maglia? - ha continuato CP3 - Non ho ancora deciso». Secondo “2019 NBA Complete Racial and Gender Report Card” pubblicato la scorsa settimana da The
Institute for Diversity and Ethics in Sports (TIDES) della University of Central Florida, nella stagione 2018-19 il 74,9% dei giocatori della lega erano neri.
«Ho parlato con diversi colleghi - ha aggiunto il presidente del NBPA -, molti dei quali non sono neri, che hanno approvato l'idea. Tutti si sono dimostrati entusiasti; la ragione per cui mi sono appassionato a questa iniziativa è perché così si può dare voce a chi non ce l'ha. I giocatori avranno l'opportunità di mettere in evidenza qualcosa a cui tengono molto».
EVENTO. Paul, che ha partecipato a Los Angeles a un evento pacifico di Black Lives Matter, ha anche rivelato l'intenzione del sindacato di contattare direttamente le famiglie Floyd, Taylor e altre ancora per chiedere il permesso di usare i loro nomi sulle maglie. «Se i nostri ragazzi hanno deciso di venire a Orlando per fare sacrifici e giocare a basket - ha concluso - perché allora non poter mostrare anche i nomi di coloro che sono morti?».
ALTRA BOLLA. Nel frattempo le “Delete Eight”, le otto squadre escluse dalla ripresa della stagione (Cleveland, Detroit, Atlanta, Charlotte, Chicago, New York, Minnesota, Golden State) stanno facendo pressione per organizzare una 'seconda bolla' con partite da trasmettere in tv. E proprio Minneapolis, città dei Minnesota Timberwolves, dove è stato ucciso George Floyd, potrebbe essere la sede.