Zeman e il fantasma del doping
Giovedì a Bergamo la sfida con l’Atalanta: la cura-Gattuso ha riaperto tutti i giochi Si affronteranno le squadre più in forma: l’andata terminò 2-2 con un rigore non dato agli azzurri
Non volevamo uscire dalle farmacie per entrare nei cortili. La campagna condotta da Zeman negli Anni Novanta sul doping nello sport italiano è stata un grande momento di consapevolezza, una presa di coscienza su una questione a lungo taciuta.
Ora ci sarebbe stato un «naturale» assembramento: tutti assieme, e anche appassionatamente, a inseguire un sogno. Ma questo è un altro campionato, che dà vita ad un’altra storia, che risistema i conti con il passato e però non li cancella: perché nel calcio, si sa, certi debiti, soprattutto quelli del campo, sono inestinguibili. C’è stato un esagerato distanziamento sociale, il Napoli lo ha voluto da sé: è sparito dai radar per un bel po’, è rimasto lontano, quasi disperso dalla zona Champions, s’è intrufolato in un tunnel in una serata opaca e dolente, quella del 5 novembre, dell’ammutinamento, e per uscirne ha dovuto soffrire, raschiando il fondo del barile. Ma è stato un viaggio lunghissimo, e non è ancora finito, ha richiesto mesi di sacrificio e anche una conversione lenta, verso un passato che (moderatamente) ritorna: 4-3-3, come una volta, magari senza riuscire ad esprimere la Grande Bellezza di quei giorni, però provandoci, diversamente, dopo aver trovato gli equilibri perduti.
LA CURA GATTUSO. Questa stagione è (ri)partita a gennaio, dopo una serie di (ulteriori) incidenti di percorso - le sconfitte con il Parma, quelle con la Lazio e con l’Inter - e dentro ci sono finite altre disavventure (ancora scivoloni al San Paolo, non più fattore campo, con due ko «sanguinosi» con Fiorentina e Lecce): poi Gattuso, ad un certo punto, ha scoperto l’antidoto a quella crisi, ha rimescolato il Napoli, gli ha conferito una stabilità tattica e l’ha liberato da tutti quei fantasmi che lo travolgevano. La svolta avviene a San Siro, in
Coppa Italia, ma matura prima del pareggio con il Barcellona, a Brescia, in un blitz che dà il via alla sequenza netta: cinque vittorie consecutive in campionato, fanno (elementare, Watson), quindici punti e tracciano un solco con quel periodo, rimasto alle spalle. C’è una classifica parziale che dà un senso, adesso: il Napoli sarebbe alle spalle dell’Atalanta e della Lazio, e con la Juve, se tutto fosse cominciato proprio quando sembrava fosse finita.
IL PRECEDENTE. Atalanta-Napoli è «la partita» di questa settimana, quella che mette di fronte le due squadre più in forma, più estrose, più varie nella loro dimostrazione di calcio, forse anche le più distanti. E se il Napoli adesso appartiene a Gattuso, qualcosa dell’Atalanta (e di Giacomelli), c’è, perché la crisi di risultati dell’epoca Ancelotti raggiunge il punto più alto proprio all’andata, quando la sfida viene trasformata nel finale da una decisione dell’arbitro che sul 2-1 partenopeo e contatto in area tra Kjaer e Llorente preferisce soprassedere. Contropiede dell’Atalanta, con il Napoli che sta circondando l’arbitro e il 2-1 viene trasformato in 2-2 da Ilicic.
LO SCATTO. Ma c’è anche dell’altro: ora il Napoli ha smesso di subire gol (tre nelle cinque partite), ha ricominciato a segnare secondo usi e costumi abituali (dieci gol sempre nei quattrocentocinquanta minuti presi in considerazione), ha una leggerezza interpretativa che non sembrava gli appartenesse più ed anche un «rigore» tattico che lo fa stare nelle partite, gli consente persino di plasmarle a propria immagine e somiglianza, scegliendo - o adattandosi - ai copioni.
IL POST. E i cento giorni circa di pausa hanno avuto il loro effetto, perché da questa «quarantena» prolungata Napoli e Atalanta sono evase meglio delle altre: non hanno mai perso un punto nelle loro sfide (e Gasperini ne ha affrontate tre, dovendo recuperarne una), restano a distanza di sicurezza per la «dea», che ne ha dodici di vantaggio per «blindare» il proprio quarto posto. Ma lo scenario è cambiato: e a Gattuso piace crederci: «ce la andiamo a giocare». Guardandosi negli occhi, come dalla prima di ritorno in qua.
NAPOLI - Il lockdown stavolta è stata una scelta, perché dopo aver speso tanto (e ripetutamente) e avendo dinnanzi a sé una raffica di appuntamenti, starsene a casa è un diritto che reclama il corpo e anche la mente: Bergamo è un pensiero che si può affrontare anche riposando, al fisico si comincerà a pensare da oggi, e anche al turn-over che si annuncia robusto, come richiedono le gare spalmate ogni tre giorni. Gattuso aspetta il medico, per sapere come sta Allan e se potrà considerarlo «abile» in una gara che avrà bisogno di contenuti agonistici consistenti; poi lascerà che si alzino dalla panchina Ospina, Di Lorenzo, Zielinski e probabilmente anche Politano.
Però qualcosa si muove, lontano da Castel Volturno, perché non tutto va fermato: Mario Giuffredi, il manager di Mario Rui e Di Lorenzo, ha avuto modo di incontrare, e non solo per un caffé, Aurelio De Laurentiis. «E siamo vicini anche al rinnovo dei due esterni, con prolungamento e adeguamento. E’ il riconoscimento del presidente al valore dei due calciatori».