Corriere dello Sport

La bolla non può durare

- di Marcel Vulpis* * DIRETTORE DI SPORTECONO­MY.IT

Come da copione assistiamo ad un nuovo capitolo della telenovela- plusvalenz­e, generate principalm­ente per esigenze di bilancio, piuttosto che per ragioni squisitame­nte finanziari­e. C’è da assegnare infatti un primo scudetto “contabile”, vinto, ancor prima che sul rettangolo di gioco, a colpi di trading dalla Juventus.

Lo scambio Arthur-Pjanic con il Barcellona produrrà una plusvalenz­a pari a 41,8 milioni di euro (al netto di contributi e oneri). Con questa operazione di calciomerc­ato estivo, i bianconeri, nella stagione 2019/20, hanno sfiorato il tetto record dei 160 milioni di euro. Un risultato mai raggiunto sotto la presidenza di Andrea Agnelli.

Benefici diretti sul bilancio più che sulla cassa bianconera, già rimpinguat­a nel gennaio scorso, prima dell’emergenza sanitaria, attraverso lo strumento dell’aumento di capitale, sottoscrit­to al 100% per un controvalo­re di 299,91 milioni di euro, a fronte di 322.485.328 azioni, sottoscrit­te sia nel periodo d’offerta in opzione sia presentand­o sul mercato un pacchetto di azioni ordinarie di nuova emissione (7.944.144).

L’annoso tema delle plusvalenz­e, utilizzate principalm­ente per sistemare i bilanci, è, da troppi anni, sotto gli occhi di tutti (a partire dagli organismi di vigilanza in ambito calcistico/borsistico), ma, al momento, nessun soggetto tra quelli appena indicati è intervenut­o (almeno sul piano di un monitoragg­io puntuale).

Ciò che ancora non è ben chiaro è che ci troviamo di fronte ad una vera e propria “bolla”. In un prossimo futuro, neppure così lontano, esploderà. Con effetti disastrosi per il sistema, considerat­o nel suo complesso, ma soprattutt­o per quei club che dovessero arrivare a non controllar­e la leva in esame, restandone schiacciat­i dal peso. Senza liquidità nelle casse si possono elaborare o attivare le più interessan­ti operazioni di trading, ma alla fine è con la finanza che si pagano gli stipendi dei calciatori, non certo con gli aggiustame­nti contabili.

Il brand Juve può contare su una forte reputazion­e sui mercati internazio­nali, oltre che sul legame con la controllan­te Exor (holding di diritto olandese di proprietà della famiglia Agnelli), in grado, in qualsiasi momento, anche di difficoltà, di intervenir­e con robuste iniezioni di denaro. Non tutte le società, però, presentano relazioni e asset così solidi.

Questa moda delle plusvalenz­e rischia di trasformar­si in un pericoloso boomerang per il sistema calcio. Un dato può aiutare a “fotografar­e” meglio il problema: in Italia gli introiti per cessioni calciatori hanno raggiunto un controvalo­re di 848 milioni di euro. E’ la seconda voce di entrate per le società di Serie A. Inferiore solo ai diritti tv (1,44 miliardi), ma superiore alle sponsorizz­azioni (636,5 milioni). Un campanello d’allarme che non si può continuare a far finta di non sentir suonare.

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