Corriere dello Sport

È “La volta buona” storie di vita e calcio che fanno pensare

Massimo Ghini è un procurator­e sportivo «Bisogna ripartire, sennò non c’è futuro»

- Di Francesca Fanelli

“La volta buona” è più di un titolo di film. Vuole essere una storia raccontata in modo coraggioso e un messaggio di vita. Nella bozza si chiamava “Il procurator­e” e forse non gli rendeva giustizia. Ora invece è davvero “La volta buona” e da domani sarà nei cinema e nelle arene. Doveva andare in sala a marzo, ma la pandemia ha deciso per tutti. Massimo Ghini è Bartolomeo, il protagonis­ta e fa a modo suo il procurator­e sportivo. «Il film ha tanto di nuovo e tanto di antico Ghini trova le parole migliori per presentarl­o - Quando ho letto il copione di Marra mi sono stupito, mi ha spiazzato in senso positivo. Aveva qualcosa che mi ricordava Luciano Vincenzoni, uno degli sceneggiat­ori più importanti che abbiamo avuto. Una commedia all’italiana che fa sorridere, che ha personaggi un po’ al limite, ma che contempora­neamente porta a pensare. Abbiamo da noi un passato di grandi attori che hanno raccontato, cito due nomi, Gassman e Sordi di cui proprio in questi giorni abbiamo ricordato il valore. “La volta buona” è questo nel suo piccolo, il coraggio di raccontare a chi ha voglia di ascoltare. Non è il solito filmetto, ma è una storia di vite disgraziat­e e dentro c’è tutto, dal cinismo ai buoni sentimenti».

“La volta buona” è stato girato a Roma, il campo dove giocano i ragazzini che sognano il grande calcio è quello di Torbellamo­naca. Ancora Ghini: «Ho incontrato lì i veri protagonis­ti del film, un po’ mi sono ispirato, è un campetto di periferia, ho parlato con alcuni di loro e ho cercato di raccontarl­i. il mio Bartolomeo è anche questo». Lui cerca il colpo di fortuna per svoltare e avere una vita migliore, non solo espedienti sul filo della legalità. Il viaggio in Uruguay per visionare Pablito, un ragazzino che ai semafori incanta con il pallone, è l’ultimo atto di Bartolomeo: va a fondo per poi risalire. Un po’ come la ripartenza dopo la pandemia. Ghini - che tra due settimane tornerà sul set ma non sa ancora come e in che condizioni, come tutti i lavoratori dello spettacolo - ha una sua idea: «Il lockdown ci ha imposto una nuova vita, dei sacrifici e delle rinunce, ma ci ha anche dato la possibilit­à di un nuovo stare insieme, io mi sono goduto i miei figli per esempio. Ma ora bisogna tornare a lavorare e servono delle garanzie, noi siamo una fascia di lavoratori complessi, dietro a un film ci sono decine di profession­alità e famiglie. Bisogna riprendere perché senza non c’è futuro». Un’ultima battuta: ma la sua Roma come sta? «Sono avvelenato, questo campionato strizzato mi sa di tragicomic­o. L’ennesima amarezza...».

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