Corriere dello Sport

Perché Gigi è speciale

- di Andrea Barocci

Appena sbarcato in NBA con la fama di tiratore, a Datome dissero subito: «Appena ti arriva la palla in mano, tira». Ma Gigi non è mai stato uno specialist­a, di quelli che sanno fare una cosa sola e che piacciono tanto al di là dell’oceano. E’ ben altro. Il tiro è l’aspetto più evidente ma forse meno determinan­te del suo gioco: prende rimbalzi, legge le difese, rarissimam­ente forza un’azione. Ed è dotato di un carisma silenzioso che pochi talenti possiedono: i compagni lo ascoltano, lo rispettano, ne prendono esempio perché non si propone come il leader che grida agli altri, ma come un compagno che sa sempre dare il consiglio giusto, spesso sottovoce. Ecco perché in America non l’hanno capito. Ed ecco perché il suo ritorno in Italia diventa qualcosa di più che un gran colpo dell’Armani: è un evento del quale l’intera pallacanes­tro del nostro Paese dovrebbe rallegrars­i. La sua umiltà in passato nell’approcciar­si alla serie A, la pulizia del suo basket, la dedizione alle squadre nelle quali ha giocato ne fanno uno degli atleti più amati da ogni appassiona­to di pallacanes­tro. Se anche gli altri top player di Milano avranno l’umiltà di ascoltarlo e seguirlo, siamo convinti che l’Armani finirà dritta alle Final Four di Eurolega. Coppa che ha vinto una volta con il Fenerbahce. D’altronde, non a caso i tifosi romani lo avevano soprannomi­nato “Il Messia”...

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