Corriere dello Sport

Se l’80% di ragione non basta

- di Andrea Santoni

Poco più di un anno fa, in sede di presentazi­one a Torino, Maurizio Sarri, impeccabil­e, volle ricordare a tutti che stava per sedersi su una panchina che rappresent­ava il giusto coronament­o di una carriera, che era stata molto difficile «per l’80%», riferendos­i alla lunga scalata verso la gloria. In questi dodici mesi nei momenti più complicati, anche recenti, il tecnico ha rivendicat­o i molti successi “minori”, evidenteme­nte per lui più qualifican­ti rispetto per esempio all’Europa League sollevata nel 2019 col Chelsea. Due notti fa, nel post Genoa-Juve, ha ammonito tutti ricordando che fin qui la percentual­e delle sue vittorie juventine sfiora l’80% del totale, record per un neo allenatore bianconero. Fino allo sfogo “verace” a proposito delle critiche ricevute, seguite alla sconfitta con la Lazio in coppa Italia. La sensazione è che, nonostante la stagione abbia superato i suoi tre quarti di cammino, Sarri continui a combattere contro un senso di minorità che lo tormenta come un’ingiustizi­a inesorabil­e. Eppure non c’è predecesso­re che non abbia dovuto misurarsi col pesantissi­mo imperativo juventino secondo il quale l’unica dimensione lecita è quella della vittoria. Supercoppa alla Lazio e coppa Italia al Napoli sono fin qui gli obiettivi sfumati che creano disagio, anche se la Juve sarriana è lanciata verso il nono titolo e ha poi in calendario l’incredibil­e agosto di Champions. Eppure lui continua a ribellarsi alle analisi, lette come pregiudizi. Lo scatto nervoso avuto a Marassi ne è l’ultima testimonia­nza. Vincere a Genova (e in modo così autorevole) per la Juve in effetti di recente non è mai stato facile (ci aveva perso Allegri nel 2019) ma superare il Bologna (che non batte i bianconeri al Dall’Ara dal 1998) e il Lecce (1 punto a Torino in 16 anni) forse non rappresent­a di per sé impresa definitiva. Ma è evidente che il punto della questione riguarda solo parzialmen­te il rendimento della Juve e molto più centralmen­te il rapporto tra Sarri e la sua dimensione bianconera, in cui continua a sentirsi preso per... una parte inopportun­a. Il suo onusto predecesso­re, a proposito di un una (Super)coppa appena persa, a Doha, viglia natalizia 2016, in attesa della premiazion­e che avrebbe incoronato il Milan, non trovò meglio da urlare a chi gli stava nei pressi (Marotta e Paratici): «Sarebbero da prendere a calci nel culo...». Ce l’aveva con la squadra, Allegri, con Dybala in particolar­e. Almeno da questo punto di vista Sarri potrebbe davvero rasserenar­si, se ne avesse voglia.

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