Se l’80% di ragione non basta
Poco più di un anno fa, in sede di presentazione a Torino, Maurizio Sarri, impeccabile, volle ricordare a tutti che stava per sedersi su una panchina che rappresentava il giusto coronamento di una carriera, che era stata molto difficile «per l’80%», riferendosi alla lunga scalata verso la gloria. In questi dodici mesi nei momenti più complicati, anche recenti, il tecnico ha rivendicato i molti successi “minori”, evidentemente per lui più qualificanti rispetto per esempio all’Europa League sollevata nel 2019 col Chelsea. Due notti fa, nel post Genoa-Juve, ha ammonito tutti ricordando che fin qui la percentuale delle sue vittorie juventine sfiora l’80% del totale, record per un neo allenatore bianconero. Fino allo sfogo “verace” a proposito delle critiche ricevute, seguite alla sconfitta con la Lazio in coppa Italia. La sensazione è che, nonostante la stagione abbia superato i suoi tre quarti di cammino, Sarri continui a combattere contro un senso di minorità che lo tormenta come un’ingiustizia inesorabile. Eppure non c’è predecessore che non abbia dovuto misurarsi col pesantissimo imperativo juventino secondo il quale l’unica dimensione lecita è quella della vittoria. Supercoppa alla Lazio e coppa Italia al Napoli sono fin qui gli obiettivi sfumati che creano disagio, anche se la Juve sarriana è lanciata verso il nono titolo e ha poi in calendario l’incredibile agosto di Champions. Eppure lui continua a ribellarsi alle analisi, lette come pregiudizi. Lo scatto nervoso avuto a Marassi ne è l’ultima testimonianza. Vincere a Genova (e in modo così autorevole) per la Juve in effetti di recente non è mai stato facile (ci aveva perso Allegri nel 2019) ma superare il Bologna (che non batte i bianconeri al Dall’Ara dal 1998) e il Lecce (1 punto a Torino in 16 anni) forse non rappresenta di per sé impresa definitiva. Ma è evidente che il punto della questione riguarda solo parzialmente il rendimento della Juve e molto più centralmente il rapporto tra Sarri e la sua dimensione bianconera, in cui continua a sentirsi preso per... una parte inopportuna. Il suo onusto predecessore, a proposito di un una (Super)coppa appena persa, a Doha, viglia natalizia 2016, in attesa della premiazione che avrebbe incoronato il Milan, non trovò meglio da urlare a chi gli stava nei pressi (Marotta e Paratici): «Sarebbero da prendere a calci nel culo...». Ce l’aveva con la squadra, Allegri, con Dybala in particolare. Almeno da questo punto di vista Sarri potrebbe davvero rasserenarsi, se ne avesse voglia.