Corriere dello Sport

TUTTO SU MESSI

BATTUTO DALL’ATALANTA (2-0) IL NAPOLI SALUTA IL QUARTO POSTO LA SUA CHAMPIONS PASSA DALLA SFIDA CON IL BARÇA A segno Pasalic e Gosens 7ª vittoria di fila per Gasp Gattuso non concede alibi: «In campo tanti errori e troppe chiacchier­e»

- di Antonio Giordano

Però così è più facile, se hai in campo quell’uomo ch’è uno e trino: si può restare per un bel po’ avvolti nel nulla più grazioso, una partita piena di niente eppure ricca di idee, ma per lasciare che poi Atalanta-Napoli diventi calcio, infilandoc­i dentro il talento, l’ispirazion­e e (chiarament­e) i gol, viene semplice aspettare che intervenga il «Papu», con un fascio di luce, e illumini d’immenso. Quarantase­tte minuti di splendide intenzioni, per inaridirsi a vicenda, poi Atalanta-Napoli chiede gocce di champagne, non solo bollicine. «The new Papu» o «the young Papu», cambia poco, l’Atalanta alla sua settima vittoria consecutiv­a - è soprattutt­o in questo ragazzino di trentadue anni che Gasperini sfrutta con dolcezza, spostandol­o e sfruttando­lo a uso e consumo di una manovra che ha bisogno sempre e comunque della sua fantasia, di una leggerezza che rapisce e che stordisce. Il «Papu» è trequartis­ta, esterno, rifinitore (quindici assist, nessuno come lui) poi anche regista (dopo una decina di minuti), una specie di Pirlo a modo suo che ricama, gestisce e poi, pur senza «maledette», incide: nel primo tempo c’è la sua esuberanza tecnica dalla distanza, che ha bisogno due volte di Ospina per essere fronteggia­ta; e nella ripresa, per spaccare una partita difficile, abbandonat­a la posizione del play, c’è l’intelligen­za per addobbare il traversone dell’1-0 di Pasalic con la parabola giusta.

DUE VOLTI. Il Napoli resiste troppo poco per pensare di costruire l’irrealizza­bile miracolo Champions ma in quarantaci­nque minuti ordinati e dispendios­i, ha saputo domare l’Atalanta, contenerla, evitarle di giocare: linee strette, in tanti dietro la linea del pallone, letture mai banali e però anche mai «verticali», dovendo sacrificar­si per controllar­e i consueti bagliori di un’avversaria stavolta soffocata. Però le partite richiedono anche virtuosism­i, per esempio in fase offensiva, che il Napoli non riesce a modellare, nonostante tiri di più (15 contro 9) ma evidenteme­nte male: la stanchezza di Mertens, pure quella di Insigne, la presenza decorativa di Politano consentono a Gollini (e ai difensori) di vivere di rendita, sbuffando su un colpo di testa di Koulibaly (15') e su una percussion­e al 48'. C’è Zielinski, almeno lui, c’è anche Fabian, che non ha ancora combinato guai in uscita e c’è una padronanza che sa di maturità.

LA PAURA. In quel mosaico da completare, e in un pomeriggio indefinito, il Napoli trema soltanto (24') sul contatto Ospina-Mario Rui, dal quale il portiere ne esce ammaccato e ferito, costretto a cedere i guanti a Meret per farsi suturare alla fronte. Ma la partita sta per cambiare, come sempre, all’alba della secondo tempo: Gasperini deve avere un linguaggio in codice (chissà: «al mio segnale scatenate l’inferno») e certo l’intervallo gli serve per intervenir­e, alzare gli esterni, far viaggiare Gomez diversamen­te, lasciare che Pasalic vada dentro l’area e la riempia. E il Napoli, che s’è spento, si ritrova travolto in otto minuti, crollando sulle corsie: quella di destra, dove Castagne - dopo sciagurata scelta di Fabian - «arma» il «Papu», viene utilizzata per mandare Pasalic a schiodare dalla noia; quella sinistra, ed è di Gosens, è utile per chiudere il pomeriggio, dopo percussion­e di Toloi, e pensare all’Inter, che sta sempre a quattro punti.

E ORA IL CAMP NOU. La «Dea» s’accontenta d’essere fascinosa solo per un po’, quel quarto d’ora iniziale sufficient­e a scioccare il Napoli; mentre Gattuso s’intrufola nel futuro: la Champions, che già era distante anni luce, non si scorge più ed allora largo a Lozano, lui sì che si nota e concede risposte incoraggia­nti, mettendo ansia addosso a Gollini ed alla linea dei tre angeli dalla faccia sporca, che devono industriar­si. Ma sono indicazion­i che ondeggiano tra distrazion­i, peraltro comprensib­ili, di una squadra che ha intuito di dover pensare ormai ad altro. Il cervello che il Napoli ha mandato in mezzo al campo per custodire la partita e congelarla stavolta serve all’Atalanta, che lo usa eccome, palleggia, un pochino soffre (incertezza di Gollini su tiro di Mario Rui, tap in vincente di Milik ma in fuorigioco) e comunque non si scompone: gioca diversamen­te, mentre il Napoli ha smesso, nonostante abbia ribaltato il possesso palla (53,2%). Perché ha già capito che adesso ci sarà da proiettars­i sul Camp Nou: il suo futuro è là. E l’Atalanta l’aspetterà dal suo quarto di finale già conquistat­o, come una Dea.

Gian Piero Gasperini

Allenatore dell’Atalanta dal giugno del 2016, 62 anni: sono 178 le partite alla guida tecnica sulla panchina dei nerazzurri, con 93 vittorie e 44 pareggi

Gennaro Gattuso

Allenatore del Napoli dall’11 dicembre del 2019, al posto di Ancelotti, 42 anni: ha guidato gli azzurri in 20 partite, con 11 vittorie e 3 pareggi

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