TUTTO SU MESSI
BATTUTO DALL’ATALANTA (2-0) IL NAPOLI SALUTA IL QUARTO POSTO LA SUA CHAMPIONS PASSA DALLA SFIDA CON IL BARÇA A segno Pasalic e Gosens 7ª vittoria di fila per Gasp Gattuso non concede alibi: «In campo tanti errori e troppe chiacchiere»
Però così è più facile, se hai in campo quell’uomo ch’è uno e trino: si può restare per un bel po’ avvolti nel nulla più grazioso, una partita piena di niente eppure ricca di idee, ma per lasciare che poi Atalanta-Napoli diventi calcio, infilandoci dentro il talento, l’ispirazione e (chiaramente) i gol, viene semplice aspettare che intervenga il «Papu», con un fascio di luce, e illumini d’immenso. Quarantasette minuti di splendide intenzioni, per inaridirsi a vicenda, poi Atalanta-Napoli chiede gocce di champagne, non solo bollicine. «The new Papu» o «the young Papu», cambia poco, l’Atalanta alla sua settima vittoria consecutiva - è soprattutto in questo ragazzino di trentadue anni che Gasperini sfrutta con dolcezza, spostandolo e sfruttandolo a uso e consumo di una manovra che ha bisogno sempre e comunque della sua fantasia, di una leggerezza che rapisce e che stordisce. Il «Papu» è trequartista, esterno, rifinitore (quindici assist, nessuno come lui) poi anche regista (dopo una decina di minuti), una specie di Pirlo a modo suo che ricama, gestisce e poi, pur senza «maledette», incide: nel primo tempo c’è la sua esuberanza tecnica dalla distanza, che ha bisogno due volte di Ospina per essere fronteggiata; e nella ripresa, per spaccare una partita difficile, abbandonata la posizione del play, c’è l’intelligenza per addobbare il traversone dell’1-0 di Pasalic con la parabola giusta.
DUE VOLTI. Il Napoli resiste troppo poco per pensare di costruire l’irrealizzabile miracolo Champions ma in quarantacinque minuti ordinati e dispendiosi, ha saputo domare l’Atalanta, contenerla, evitarle di giocare: linee strette, in tanti dietro la linea del pallone, letture mai banali e però anche mai «verticali», dovendo sacrificarsi per controllare i consueti bagliori di un’avversaria stavolta soffocata. Però le partite richiedono anche virtuosismi, per esempio in fase offensiva, che il Napoli non riesce a modellare, nonostante tiri di più (15 contro 9) ma evidentemente male: la stanchezza di Mertens, pure quella di Insigne, la presenza decorativa di Politano consentono a Gollini (e ai difensori) di vivere di rendita, sbuffando su un colpo di testa di Koulibaly (15') e su una percussione al 48'. C’è Zielinski, almeno lui, c’è anche Fabian, che non ha ancora combinato guai in uscita e c’è una padronanza che sa di maturità.
LA PAURA. In quel mosaico da completare, e in un pomeriggio indefinito, il Napoli trema soltanto (24') sul contatto Ospina-Mario Rui, dal quale il portiere ne esce ammaccato e ferito, costretto a cedere i guanti a Meret per farsi suturare alla fronte. Ma la partita sta per cambiare, come sempre, all’alba della secondo tempo: Gasperini deve avere un linguaggio in codice (chissà: «al mio segnale scatenate l’inferno») e certo l’intervallo gli serve per intervenire, alzare gli esterni, far viaggiare Gomez diversamente, lasciare che Pasalic vada dentro l’area e la riempia. E il Napoli, che s’è spento, si ritrova travolto in otto minuti, crollando sulle corsie: quella di destra, dove Castagne - dopo sciagurata scelta di Fabian - «arma» il «Papu», viene utilizzata per mandare Pasalic a schiodare dalla noia; quella sinistra, ed è di Gosens, è utile per chiudere il pomeriggio, dopo percussione di Toloi, e pensare all’Inter, che sta sempre a quattro punti.
E ORA IL CAMP NOU. La «Dea» s’accontenta d’essere fascinosa solo per un po’, quel quarto d’ora iniziale sufficiente a scioccare il Napoli; mentre Gattuso s’intrufola nel futuro: la Champions, che già era distante anni luce, non si scorge più ed allora largo a Lozano, lui sì che si nota e concede risposte incoraggianti, mettendo ansia addosso a Gollini ed alla linea dei tre angeli dalla faccia sporca, che devono industriarsi. Ma sono indicazioni che ondeggiano tra distrazioni, peraltro comprensibili, di una squadra che ha intuito di dover pensare ormai ad altro. Il cervello che il Napoli ha mandato in mezzo al campo per custodire la partita e congelarla stavolta serve all’Atalanta, che lo usa eccome, palleggia, un pochino soffre (incertezza di Gollini su tiro di Mario Rui, tap in vincente di Milik ma in fuorigioco) e comunque non si scompone: gioca diversamente, mentre il Napoli ha smesso, nonostante abbia ribaltato il possesso palla (53,2%). Perché ha già capito che adesso ci sarà da proiettarsi sul Camp Nou: il suo futuro è là. E l’Atalanta l’aspetterà dal suo quarto di finale già conquistato, come una Dea.
Gian Piero Gasperini
Allenatore dell’Atalanta dal giugno del 2016, 62 anni: sono 178 le partite alla guida tecnica sulla panchina dei nerazzurri, con 93 vittorie e 44 pareggi
Gennaro Gattuso
Allenatore del Napoli dall’11 dicembre del 2019, al posto di Ancelotti, 42 anni: ha guidato gli azzurri in 20 partite, con 11 vittorie e 3 pareggi