Alchimie, tensioni e lockdown Fonseca ora è chiuso all’angolo
Non è mai riuscito a imporre il suo gioco, anche per mancanza di uomini adatti. E la squadra è uscita sulle ginocchia dallo stop
Figlio della guerra, partito per un ideale, Paulo Fonseca si sta lavorando nel petto le emozioni gorgoglianti di un eroe romantico alle prese con eventi di colpo sproporzionati alle sue previsioni, alle sue risorse, fors’anche alle sue qualità. Ne ha viste di cose, quando era bambino e il padre prestava servizio militare in un Mozambico molto più che inquieto, ma quelle probabilmente non se le ricorda. E quando in Ucraina la tensione politica lo costringeva al pendolarismo con tutto lo Shakhtar Donetsk dopo che i bombardamenti erano arrivati talmente vicino da incendiare, letteralmente, le sedie degli uffici.
Allorché è partito per l’ideale romano, fornito di un bel contratto biennale che di netto contando i bonus non va lontano dai tre milioni a stagione, pensava a un’altra vita e in effetti, ora non esageriamo, l’ha trovata, persino serena fino all’approdo del 2020 con le sue apocalissi tascabili. La Roma non ha avuto neppure bisogno dell’epidemia e dei suoi danni collaterali per alimentargli l’angoscia. Nell’anno che è venuto sono arrivate 7 delle 9 sconfitte complessive in campionato, più la defenestrazione dalla Coppa Italia eseguita dalla Juventus. Dopo l’uscita dal blocco dell’attività, tre partite e due sconfitte che avrebbero potuto essere tutte se davanti alla Sampdoria non fosse calato sul palcoscenico Edin Dzeko. Infatti il centravanti nelle due gare successive è stato una volta sostituito e un’altra mandato in panchina.
Si sa che quando James Pallotta, fino a firma contraria proprietario della Roma, comincia a usare la parola nauseato gli allenatori cadono come le mele di Newton.
Con tutti i problemi di contratti da onorare o penali da pagare e nuovi tecnici da rintracciare che questo comporta. Fonseca sembra al sicuro, eppure la tesi diffusa è che sia diventato, o possa diventare da domani quando la Roma andrà a Napoli con una voglia di esprimersi paragonabile a quella di un’alga marina, il capro espiatorio di una società che lo ha mandato in missione al comando di una pattuglia di riservisti impauriti. Dopo aver accuratamente ceduto tutti o quasi tutti i soldati scelti.
Questo non è completamente falso, ovvio. Però non si può trascurare quanto di concreto c’è nelle perplessità che il club Roma comincia a nutrire nei riguardi dell’opera di Fonseca. La principale riguarda l’assenza, o meglio la perdita rapida, di qualsiasi identità di gioco.
Se qualcuno riesce a individuare una logica in ciò che la Roma tenta di fare in campo è bravo. Fonseca aveva cominciato la stagione infoltendo la fascia centrale del campo e lasciando spazio sui lati ai terzini. Facendo i conti ben presto con l’assenza dei medesimi a destra e l’evanescenza di Kolarov e Spinazzola a sinistra.
Rigido nel far rispettare la regola del pallone lavorato dal basso, Fonseca si è poi reso conto che allo Shakhtar aveva difensori centrali adatti allo scopo e a centrocampo Fred, Bernard, Taison, Marlos. A Roma ha scoperto i talenti di Mancini e non a caso, per mancanza di avversari, continua a giocare Diawara, guarito a forza da un infortunio che di solito va operato e comunque oggi in stato di autoipnosi. Quindi il portoghese ha cominciato a inventarsi cose che raramente hanno funzionato, tipo Ünder a sinistra con l’Udinese, Kolarov fuori, Dzeko a rate. Giusto dire che ai giocatori Fonseca piace molto, per competenza e linguaggio. Almeno, piaceva fino al lockdown. Del seguito non abbiamo certezze, ma certo i piedi molli visti giovedì sera non erano quelli di una squadra pronta a dare i calli per il proprio allenatore. A proposito, qui s’innesta il terzo punto interrogativo che fluttua sulle teste dei dirigenti. Ma che cosa hanno fatto e come sono stati guidati i giocatori durante la sosta forzata? Fonseca risponde che in fondo solo l’Atalanta in questo momento corre più della Roma e allora i punti interrogativi diventano pericolosamente esclamativi.
I giocatori erano con lui, ma alla ripresa l’atteggiamento sembra cambiato