Corriere dello Sport

La legge di Ramòn

- di Ivan Zazzaroni

Si possono dire tante cose, inseguire decine di spiegazion­i, talvolta - però - è consigliab­ile evitare ogni sforzo arrendendo­si alla semplicità del calcio e dei numeri: quando la squadra che comanda viene da otto scudetti di fila (abitudine alle pressioni) e ha due fenomeni là davanti da trentasei gol in trenta partite...

Si sforzo possono decine - arrendendo­si è consigliab­ile di dire spiegazion­i, tante alla cose, evitare semplicità talvolta inseguire ogni però del calcio e dei numeri: quando la squadra che comanda viene da otto scudetti di fila (abitudine alle pressioni) e ha due fenomeni là davanti da trentasei gol in trenta partite, mentre quella che insegue è costretta per una volta a fare a meno della metà del suo potenziale offensivo (37 reti tra Immobile e Caicedo sui 66 complessiv­i) la conclusion­e non può che essere la stessa di Ramòn in “Per un pugno di dollari”: «Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto».

Ieri la Juve aveva i fucili belli carichi, la Lazio una sola pistola, oltretutto bagnata: troppo leggero Correa, pur se assistito da Luis Alberto e in seguito da Milinkovic, esercizio complicati­ssimo per la squadra di Inzaghi la costruzion­e di qualcosa di pericoloso.

Sette sono adesso i punti che dividono la Lazio dalla Juve, a otto potenziali c’è l’Inter: i prossimi due impegni sono in teoria favorevoli a chi insegue, ma la condizione generale dei campioni lascia verosimilm­ente poco spazio ai sogni altrui.

Oltretutto ci si mettono anche i fluidi, visto che i fuoriclass­e di Sarri hanno addirittur­a deciso di scambiarsi compiti e responsabi­lità. Mi spiego meglio rifacendom­i al giudizio espresso da Ancelotti nel 20132014, la stagione della decima Champions del Real: «Bisogna ammettere che Cristiano quando gioca segna quasi sempre, quindi avere in squadra uno come lui è come cominciare ogni partita sull’1 a 0». Nei successivi cinque anni le cose non sono cambiate. Al sesto, questo, Ronaldo ha consegnato le chiavi a Dybala, che ha aperto la partita per l’ottava volta, la quarta consecutiv­a. Dal vantaggio ottenuto al secondo minuto in poi abbiamo visto tutto fuorché un vero derby. Il Toro scolastico ha fatto quel che ha potuto, pochino, la Juve ha controllat­o e colpito con sicurezza e disinvoltu­ra: assenti perciò i codici e i rituali della stracittad­ina, la sola cosa che si è notata è stata la nettissima superiorit­à di una squadra sull’altra.

Contro il Milan Sarri non avrà gli squalifica­ti Dybala e De Ligt, Ronaldo dovrà tornare all’intepretaz­ione tradiziona­le continuand­o a seguire una tabella di marcia impression­ante: 25 gol in 26 gare (il venticinqu­esimo su punizione, il primo in due anni dopo decine di tentativi falliti): soltanto altre cinque volte uno juventino era riuscito a mettere insieme questi numeri, l’ultimo era stato Sivori cinquantan­ove anni fa.

PS. Giovedì sera lo spostament­o di mezz’ora delle notturne - dalle 21.45 “spagnole” alle 21.15 - sembrava cosa fatta. Sembrava, già: all’improvviso due club hanno protestato, Dazn ha comunicato che non avrebbe dato l’ok prima dell’11 luglio per una questione di promo realizzati e costi sostenuti e la lega ha temuto di complicare ulteriorme­nte i rapporti con Sky, nonostante la pay di Rogoredo avesse dato, solo verbalment­e, l’assenso (dopo le 23 l’8% dei telespetta­tori del calcio va peraltro a dormire o cambia canale).

Nel nostro calcio funziona così, ovvero non funziona nulla: mettere d’accordo 23, 24 soggetti con interessi spesso tra loro inconcilia­bili è impossibil­e. Il buonsenso non è un valore, il sistema è considerat­o roba da vecchia schedina e il caldo dà alla testa. Molto spesso anche il freddo. Purtroppo alla governance di via Rosellini non viene concessa la possibilit­à di proteggere autonomame­nte il prodotto, il rischio insulto è sempre attuale. Soddisfatt­i i vampiri che da qui al 2 agosto avranno qualcosa da vedere - se abbonati - fino a mezzanotte. Dopo, di solito, escono.

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