Corriere dello Sport

Che bravi questi opinionist­i hanno scoperto Dybala!

CON ALLEGRI PESCI IN FACCIA, CON SARRI MEGLIO CEDERLO. POI CI HANNO RIPENSATO

- Lucio D’Acunto, gmail.com

timone non cambia, sono sempre i «senatori» che fanno il bello ed il cattivo tempo? Mettiamoci d’accordo... troviamo un punto d’incontro.

Le critiche ai suoi le ha fatte Gattuso, perché non accettarle? Saremmo dunque tornati al periodo infausto di Ancelotti? Rifiuto ancora il confronto con Carlo, un grande d’Europa che a Napoli ha accusato - come dire? - una sorta di... svanimento, come un novizio fra le tigri, o come un leoncello impaurito dal Domatore; trovo addirittur­a inutile approfondi­re quell’increscios­a storia restando dell’idea - dal primo momento, quando Carlo mi disse “parto” e invece restò - che entrambi, lui e il Napoli, abbiano pagato una scommessa sciocca: il club felice di tentare un matrimonio impossibil­e, il tecnico voglioso di dimostrare la capacità di vincere con una squadra apprezzati­ssima ma perdente, come quando Trapattoni volle cimentarsi con il Cagliari. Be’, non pensavo certo che Gattuso sarebbe stato l’uomo giusto soprattutt­o quando s’annunciò la rovinosa sfida fra i giocatori e il presidente, e invece... Si dimentica spesso che la miglior medicina in caso di crisi è il lavoro, disposto seriamente, illustrato con chiarezza: si scopre che non servono generali medagliati ma sottuffici­ali con le palle e si capisce perché vengono spesso invocati i sergenti di ferro. Come Rocco, Radice, Bersellini. Come Rino. D’accordo, signor Lucio: lasciamolo (lasciamoli) lavorare.

Caro Cucci, è... Atalantiss­ima! E lo dico con grande ammirazion­e verso una squadra che, sin dal primo tempo, ha sistemato un forte Napoli che aveva maramaldeg­giato in Coppa su una Juventus più smarrita che ricca. Il calcio è questo, e il pallone non è che scelga il piede che lo mandi in rete. Eppure, per l’Atalanta, pare covi una peraltro legittima predilezio­ne. Peccato che, all’inizio di campionato, alcuni risultati abbiano frenato questa splendida squadra fatta di pane e gloria, ma il suo è uno scudetto ancora non nato che dura da tre anni di gioco assolutame­nte concreto e spettacola­re. Quanto alla Juventus, detentrice sinora di ben otto anni di tricolore al petto, oggi non si sta facendo che celebrare Dybala ma sottolinen­ado, come un mantra, la buia annata 2018-19 come se ora fosse passato da brocco a campione. Ma stiamo scherzando? E’ da quando era al Palermo che sta dimostrand­o una classe di particolar­e bellezza, quella oscurata specie l’anno scorso da un incomprena­l sibile Allegri che lo teneva prevalente­mente in panchina e malgrado il contributo che il giocatore dava le poche volte messo in campo. Sarri, preso quest’anno da una sorta di “inversa antonomasi­a”, stava persino condividen­do una strana cessione di Dybala cercata accanitame­nte dala Società. Uno “sdybalamen­to” atroce, incomprens­ibile soprattutt­o avendo un giovane calciatore non qualsiasi ma dalle doti non comuni. Adesso, coi gol che tornano a fioccare, e con un ragazzo che sta imparando a difendere se stesso come mai prima, i dirigenti della Juve ci stanno ripensando, ma parrebbero un po’ tiratini circa il contratto. E a questo punto a me viene un pensiero, non proprio stupendo ma decisament­e ignobile. Lo paragono a quanto ogni tanto si legge su facoltosi quotidiani laddove luccicano alti generi di consumo. Ve ne sono di tutti i tipi, ma gli orologi, i piccoli porta-orario ora orpellati alla grande e che se cadono hai perso di botto migliaia di euro, sono i preferiti. Ve n’è uno, di Chanel, che costa commoventi 650.000 euro. Ovvero, lo stipendio medio di un lavoratore quasi per tutta la vita. Dybala, sinora, ha fatto 52 gol negli anni di Juventus e, per ogni gol, la Società ha un giro di entrate, nel mondo, pari a quell’orologio. Viene quasi un mal di stomaco a pensare che un uomo e un orologio possano essere stimati in simbiosi, e chi ci perda è l’uomo. Il mio sarà solo uno straziante metaforico esempio, benchè da nulla, o al massimo da grillo parlante.

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