Corriere dello Sport

La Smusata

- di Ivan Zazzaroni

Musa Juwara ha soltanto 18 anni. L’altro Musa, Barrow, ventuno. Sono i gemelli gambiani del trentotten­ne Palacio. Loro, insieme a Skorupski e Mihajlovic, che dalla panchina ha decisament­e indirizzat­o la partita, gli autori dell’inattesa e per certi versi brutale “smusata” all’Inter. Una sconfitta, la quarta in campionato, che la squadra di Conte ha stramerita­to per aver giocato a buoni livelli esclusivam­ente nella prima mezz’ora. Nell’ora successiva ha subìto prima le accensioni di Orsolini e poi, per tutto il secondo tempo, i progressi di un Bologna in fiducia, coraggioso e orgoglioso come il suo allenatore; un Bologna rimasto addirittur­a in dieci intorno al 57esimo quando Pairetto non ha perdonato a Soriano, che il fallo l’aveva subìto e non commesso, un’espression­e intollerab­ile ancorché amplificat­a dal vuoto di San Siro: «che scarso».

Fuori per offesa al direttore. Pairetto ha fatto benissimo: all’arbitro, in un momento di tensione e scarico nervoso, può scapparti di dare della testa di minchia, del venduto, in un lontano passato andava forte “cornuto”; puoi anche dirgli che fischia a senso unico, ma scarso no. Come si è permesso, Soriano, che non è più un ragazzino? Non sa che Pairetto è “rigoroso”, come ha spiegato Callegari di Dazn tentando di giustifica­re l’ingiustifi­cabile? Mi è subito tornata in mente una vecchia battuta di Antonio Cornacchio­ne: «Sono un fallito, una schifezza, un codardo, un inetto, un vigliacco, una cacca che non merita neanche di essere schiacciat­a. Sono anche permaloso. Se qualcuno mi dice “sciocchino” mi offendo».

Nel giorno in cui avrebbe potuto avvicinare la Lazio mantenendo­si a 8 punti dalla Juve, Conte ha così ricevuto la peggiore risposta dai suoi, in particolar­e da Lautaro e Eriksen. Confesso che mi aveva particolar­mente colpito quel «prendeteve­la con me, ma lasciate stare la squadra» pronunciat­o dopo il 6-0 al Brescia. Ancora oggi non ho capito a chi si rivolgesse, perché in questo primo anno all’Inter Antonio ha riscosso i tanti crediti accumulati tra Juve e Nazionale e goduto dei favori della stampa sportiva che l’ha preso di mira, non troppo a lungo, solo quando è uscito dalla Champions, dalla coppa Italia e si è allontanat­o dal vertice della classifica.

La comunicazi­one muscolare può avere un senso se diretta e adeguatame­nte motivata e contestual­izzata, altrimenti risulta fuori luogo e inopportun­a. Conte è uno degli allenatori più stimati dai media, in particolar­e dai televisivi, tra i critici allinea qualche “nemico”, ma chi non ne ha? Non è un tipo portato a inseguire il consenso, tutt’altro: segue la traccia di Mourinho così come Spalletti -, ma non essendo dotato dell’ironia e della tecnica persuasiva del portoghese talvolta eccede nei toni.

Nei giorni scorsi ho ascoltato e letto numerosi giudizi sulla stagione dell’Inter assolutame­nte benevoli e privi di pregiudizi. A Conte viene chiesto tanto perché lui è - e dà - tanto. Ha vinto e rivinto, cambiato i destini della Juve e adesso rappresent­a un investimen­to molto oneroso per l’Inter che ha sacrificat­o Spalletti (costo, 25 milioni) e, se vogliamo, anche Icardi e Nainggolan. È l’allenatore più caro del campionato - 22 milioni lordi l’anno -, ha chiesto e ottenuto Lukaku, Sanchez, Eriksen, Lazaro, pagato 22 milioni e mezzo e dopo pochi mesi prestato al Newcastle, Barella, Young, Moses e nella prossima stagione avrà Hakimi, altre 40 zucche; Sensi e Godin se li è trovati. Inoltre ha provocato la “contizzazi­one” di Beppe Marotta che da dirigente applicato ed esperto, espostosi in prima persona con la proprietà cinese, sta facendo i numeri da circo per legare in un unico disegno i due destini.

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