Senza certezze
La Lazio può sempre sperare e fa il tifo per Gasp anti-Juve
Quattro pretendenti e un (solo) matrimonio. Forse le pretendenti per lo scudetto sono tre e mezzo, perché l’Inter si avvicina e poi si allontana.
Quattro pretendenti e un (solo) matrimonio. Forse le pretendenti per lo scudetto sono tre e mezzo, perché l’Inter si avvicina e poi si allontana, in un elastico che sottolinea la mancanza di maturità del gruppo contiano. Il pareggio di Verona stabilisce la perdita del terzo posto, a vantaggio dell’Atalanta. Non si era mai visto, a memoria, un campionato così, con quattro squadre (forse tre e mezzo) che, a sette giornate dalla fine, cioè con 21 punti a disposizione, possono vincere lo scudetto. Tutte. Certo, l’Inter, come abbiamo detto, non riesce a ricostruire la solidità, la compattezza, l’osservanza del “contismo” che aveva messo in pratica fino a gennaio. L’emersione dei suoi difetti, primo fra tutti l’assenza di continuità, una storia antica che sembrava relegata al tempo pre-Conte, la zavorra ormai da tutto il 2020.
Il bello di questo calcio d’estate, a parte gli stadi vuoti, gli orari astrusi, la gente che ha voglia di uscire e non di stare davanti alla tv, le urla nel silenzio, le zanzare (visto l’allenatore del Verona Juric spruzzarsi a profusione di un rimedio contro i temibili e fastidiosi insetti), è l’imprevedibilità. Non esistono certezze, a parte l’Atalanta e, al secondo posto, il Napoli di Rino Gattuso che sta facendo, ma troppo tardi, lo stesso cammino di sir “Francis Drake” Gasperson ma ha avuto la sfortuna di incrociare la ciurma del corsaro di Grugliasco e quindi ha uno zero in casella. Questa giornata, conclusa dalla notte di Verona, lo ha testimoniato, senza obiezioni. La Lazio affondata a Lecce è stata riportata in superficie dal Milan, quando si credeva estromessa dal giro scudetto. Sarebbe stata una beffa atroce, trovarsi così lontana (meno dieci), a questo punto, dopo aver voluto fortemente la ripresa, dopo aver così tanto preteso di riaprire questo campionato in cui era (prima del virus) protagonista. Al 16’ del secondo tempo di Milan-Juventus era tutto finito, ma lo spleen juventino, quel senso di noia da superiorità che talvolta travolge Madama, si è manifestato in tutta la sua interezza. Il resto è Ibra.
Così la distanza è immutata, così questo incredibile campionato, invece di diminuire le pretendenti, le aumenta. Domani c’è lo scontro direttissimo di Torino tra Juventus e Atalanta. Già questo è il miglior riconoscimento allo straordinario cammino della Dea, mai arrivata a Torino con la concreta possibilità di riaprire il campionato per la Lazio, ma anche per se stessa (e un po’ per l’Inter). E dei riconoscimenti, Gasperini non ne può più. La Juventus, dopo la tappa di Sassuolo, una delle squadre-trappola, ospiterà proprio la Lazio. E quindi, tra sette, otto giorni questa classifica potrebbe venire travolta dagli eventi. Un campionato così non si era mai visto e forse non si vedrà più. Se fosse cominciato il 22 giugno (e non avesse 26 giornate alle spalle) l’Atalanta sarebbe in fuga. Ma questo è solo un pezzetto di campionato. Eppure può ancora succedere l’incredibile.
In questo turno (giornata numero 31) abbiamo visto crollare Lazio e Juventus e frenare ancora l’Inter. Abbiamo visto la delusione nello sguardo agghiacciato (più che agghiacciante) di Antonio Conte nel primo tempo, soprattutto in quel lungo periodo in cui l’Inter non si capacitava di cosa facesse il Verona e probabilmente anche di se stessa. Azzerare l’ottovolante, quel modo interista di procedere come sulle montagne russe, escludere quella “pazzia” per cui è stata composta una canzone che il nuovo allenatore ha fatto togliere dalla playlist nerazzurra, era il compito di Conte. Finora non ci è riuscito. Di chi è la responsabilità? Uno, nessuno, centomila. Comunque il cambiamento è dimezzato.