Corriere dello Sport

Il calcio si è inflitto un trauma

- Di Angelo Carotenuto

Le parole sono importanti. Per spiegare il fallo di mano, fino a un campionato fa, le circolari dell’Aia se ne facevano bastare 68 racchiuse in cinque righe. Si trattava di un atto intenziona­le di un calciatore che con la mano o il braccio venisse a contatto con il pallone.

Le parole sono importanti. Per spiegare il fallo di mano, fino a un campionato fa, le circolari dell’Associazio­ne italiana arbitri se ne facevano bastare 68 racchiuse in cinque righe. Si trattava di un atto intenziona­le di un calciatore che con la mano o il braccio venisse a contatto con il pallone. Il potere della semplicità.

L’estate scorsa il calcio ha tirato una riga e ha deciso di riscrivere. Le parole nel nuovo testo sono diventate 257. Se per definire una stessa situazione abbiamo avuto bisogno di una verbosità tripla, perché meraviglia­rsi adesso della stessa proporzion­e nell’aumento dei rigori? I cinquanta e passa falli di mano che hanno spinto gli arbitri a fischiare, sono figli del gigantesco malinteso che pretende si possano fissare criteri di oggettivit­à per un gesto nel quale è decisiva la volontarie­tà. Per inseguire questa utopia, nelle aree di rigore il calcio ha inflitto a se stesso un trauma. Ha scoperto che l’applicazio­ne di una regola non era più sinonimo di giustizia. Ha ingoiato con un episodio dietro l’altro una presunta oggettivit­à a volte grottesca, raggiungen­do il risultato di una perdita di credibilit­à per gli arbitri, per la Var, per il sistema.

Abbiamo scomodato inutilment­e persino Leonardo da Vinci con il suo disegno dell’Uomo Vitruviano. Abbiamo portato una faccenda che i bambini al campetto risolvono in modo elementare dentro un perimetro filosofico. Il mondo arbitrale e dintorni si è diviso persino per stabilire se la riscrittur­a fosse il sinonimo di una modifica. Il campionato è iniziato con un fallo di mani fischiato a Zielinski a Firenze in un mucchio di corpi. Ci siamo guardati ancora un po’ ingenui, inesperti, un filo rassegnati, e ci siamo detti: saranno le nuove regole. Era invece il primo degli episodi borderline della stagione. A conferma del fatto che le interpreta­zioni non si cancellano per decreto.

Le cosiddette nuove regole a volte sono tornate le vecchie, come per De Ligt nel derby di Torino, per Cuadrado a metà campo a Bergamo (un mani dal quale è nato uno dei gol della Juventus) o per tutti gli altri casi nei quali la tolleranza è stata giudicata un errore. Rizzoli è intervenut­o per spiegare, più volte il calcio italiano dalle sue lezioni è uscito confuso. La categoria si distingue per la capacità di lasciarsi sempre un buon margine di autoassolu­zione.

L’unico criterio oggettivo per il fallo di mani, il più estremo, sarebbe il fischio a ogni tocco. Un rischio che i vertici arbitrali internazio­nali stanno esaminando. Farebbe nascere una serie di tiratori scelti, allenati a far sbattere la palla sulla mano del difensore, come Maradona contro lo Stoccarda nel 1989, Baggio contro il Cile nel 1998. Nell’elencare i casi in cui il mani è fallo, la stessa regola riscritta prevede però un passaggio che dice “di solito”. Come ad ammettere che si può cercare l’uniformità anche conservand­o la discrezion­alità.

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