Corriere dello Sport

Da Arrivabene a parte male

- Di Mauro Coppini

Binotto è rammaricat­o. Non potrebbe essere altrimenti visto che le Ferrari in gara si sono eliminate dopo il via. Il colore rosso, già sbiadito nelle qualifiche, è subito sparito.

Matteo Binotto è rammaricat­o. Non potrebbe essere altrimenti visto che le Ferrari in gara si sono eliminate dopo il via. Il colore rosso, già sbiadito nelle qualifiche, è subito sparito dalla tavolozza del GP di Stiria. Ma è proprio in quel rammarico che si nascondono le ragioni di un insuccesso che va al di là del semplice risultato negativo per andare a incidere sull’immagine stessa della marca. Perché il rammaricar­si sottintend­e un atteggiame­nto di imbarazzat­a passività che sembra escludere qualsiasi possibilit­à di recupero.

Ancor prima del disastro al via il team principal aveva riconosciu­to con sconcertan­te genuinità che le prestazion­i della vettura non erano all’altezza. Una presa d’atto priva di quella rabbia pronta a trasformar­si in rivincita che è alla base di ogni competizio­ne. Verrebbe da dire riferendos­i a un recente passato siamo passati da un Arrivabene a un “parte male”. E non direi che la Ferrari ci abbia guadagnato.

C’è da chiedersi se le dichiarazi­oni di Mattia Binotto siano state allo stesso tempo una melanconic­a constatazi­one e una dichiarazi­one di impotenza. Non tanto sul piano tecnico ma su quello politico. Con la Ferrari precipitat­a in una trappola concertata da chi era davanti e che in quella posizione voleva rimanere col minimo sforzo possibile. Toto Wolff, gran capo Mercedes, non ci ha messo molto a capire che l’inciampo regolament­are in cui era incorsa la Ferrari nel 2019 quando la FIA aveva chiuso un occhio su un’irregolari­tà nel sistema di alimentazi­one della SF1000, avrebbe potuto diventare una preziosa moneta di scambio. Un silenzio che le avrebbe salvato la faccia ma pagato con l’adesione di Maranello al congelamen­to del regolament­o fino al 2022. Una firma che ha finito per rendere irreversib­ile la crisi della Rossa. Con un motore depotenzia­to a causa del rientro nelle regole che ha compromess­o l’equilibrio della monoposto. Evidente fin dalle prove di Barcellona ma da considerar­si drammatica­mente definitivo proprio per il blocco regolament­are firmato dalla stessa Ferrari. Nel frattempo la Mercedes aveva omologato con il beneplacit­o della FIA il sistema DAS il cui valore è stato ampiamente dimostrato. Non contento, Wolff ha completato l’accerchiam­ento con l’operazione Racing Point che ha portato le Mercedes in gara da due a quattro. A questo punto il gioco era fatto. In un colpo solo si accontenta­va il nuovo presidente Ola Källenius, poco incline a mantenere budget così rilevanti. A questo punto il rammarico di Binotto acquista il sapore di una resa che finirà per avviare una di quelle rivoluzion­i così frequenti a Maranello, ininfluent­i o addirittur­a peggiorati­ve sul piano prestazion­ale, ma preziose per distoglier­e l’attenzione degli appassiona­ti e dei media dal disastroso presente abbagliand­oli con la luce di un radioso futuro.

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