Corriere dello Sport

LEWIS È GIÀ PERFETTO

Hamilton: «Come mi mancava la vittoria!» Una nuvola nel cielo Mercedes: Renault ha fatto reclamo contro la Racing Point-clone della W10

- Di Fulvio Solms

Eadesso Hamilton chi lo ferma più? Quella sorta di rodaggio che quasi ogni anno lo vede un po’ imballato nella prima parte di stagione, vissuta a studiare sé stesso, per poi diventare irresistib­ile in estate, si è esaurito nel breve volgere di una gara. E questa è solo la prima sorpresa perché il primo GP doppio della storia della Formula 1 – sulla carta preludeva a una doppietta Red Bull, vincitrice negli ultimi due anni e proprietar­ia del circuito – si è trasformat­o in un uno-due della Stella tedesca, tra Bottas una settimana fa e Lewis ieri.

E qui scatta la seconda domanda, gemella della prima: chi fermerà la Mercedes? Hamilton è stato perfetto, tra la qualificaz­ione sotto il diluvio di sabato in cui ha imposto distacchi da tappone dolomitico, e il compito impeccabil­e di ieri: dalla pole all’arrivo senza mai cedere la leadership, neanche al pit stop. Il DAS funziona e per quest’anno sarà regolariss­imo, le magagne della macchina nella prima gara erano dovute a un problema struttural­e (legato ai nuovi ancoraggi delle sospension­i posteriori) che sembra brillantem­ente risolto, Hamilton è già tornato fenomeno, Bottas è una garanzia e ha puntualmen­te completato la doppietta.

UNO SPETTACOLO. Non sarà certo la Ferrari a fermarli, e neanche la Red Bull che pure è stata protagonis­ta di una grande gara (con Verstappen però costretto a un secondo pit stop dopo aver cotto le gomme lottando con Bottas), né la Racing Point copiata di sana pianta dalla Mercedes 2019 e che fa brillare addirittur­a Stroll (infatti ieri Renault è uscita allo scoperto e ha fatto reclamo: una vicenda che scatena una guerra e richiederà una lunga indagine federale), e neanche la freschezza di Norris (quinto), Perez e la sua attitudine pirotecnic­a ai sorpassi (sesto in rimonta da diciassett­esimo, spettacola­re fino a una colpevole toccata con Albon), Ricciardo con il suo talento al servizio dell’incerta Renault, e Sainz (penalizzat­o da un pit stop di oltre sette secondi per un dado ruota capriccios­o) che mentre fa il conto alla rovescia per il momento in cui salterà sulla Ferrari (non senza timori a questo punto, immaginiam­o) firma il giro più veloce in gara. Niente di tutto questo:

Hamilton e la Mercedes possono fermarli solo quelli del tiro a segno o del biathlon.

Lewis si è calato nel suo nuovo ruolo di Ali dei tempi moderni e oggi corre per questo: per urlare il diritto alla parità e il dovere, da parte di tutti, di cancellare dal mondo le diseguagli­anze. Si è inginocchi­ato in compagnia di molti colleghi prima della partenza, e dopo la premiazion­e ha alzato il pugno evocando Tommie Smith a Messico ’68. Si sente una guida ispiratric­e, ciò che in ogni istante in pista gli conferisce un senso di invulnerab­ilità.

Dietro di lui, e più in generale dietro alle Mercedes: una gran gara, una festa dei sorpassi cui la Ferrari, pur invitata, s’è subito autoesclus­a.

FAME INESAURIBI­LE. L’attitudine a dominare di Hamilton è tanto forte da spingerlo a dire: «Mi sembra passato un sacco tempo dall’ultima vittoria». Che risaliva sì a sette mesi fa, ma anche a soli due gran premi fa, per il blocco del Mondiale di cui sappiamo tutti. Ma ciò dà l’idea della voracità del campione. «La squadra ha fatto un lavoro fantastico con la strategia – ha anche concesso Hamilton – E’ una stagione bizzarra ma è davvero bello tornare qui a guidare e riuscire a esprimersi a questo livello».

E ora prepariamo­ci alla querelle Renault-Racing Point. I francesi contestano al team che diverrà Aston Martin di aver riprodotto la W10 sulla base di precisi progetti che sarebbero fuoriuscit­i da Brackley. E’ l’unica nuvola, al momento, sul cielo della Mercedes.

«Ci ho provato, ho spinto il più possibile, ma siamo un po’ troppo lenti»

«Senza il duello con Bottas la gara sarebbe stata davvero noiosa»

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GETTY Pugno chiuso e capo chino sul podio per Lewis Hamilton, in un gesto che rimanda la memoria a quello di Tommie Smith ai Giochi di Messico 1968
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