Corriere dello Sport

Il pericolo è piacersi troppo

- Di Angelo Carotenuto

Adiciannov­e giorni dalla prossima partita che conta, il Napoli ha rispetto al Barcellona sia un vantaggio da sfruttare sia un disavanzo da coprire. Il vantaggio è nella disponibil­ità ritrovata di darsi al proprio allenatore, una generosità che in certi passaggi della stagione era stata sospesa verso Ancelotti e che ora lo stesso Quique Setién a Barcellona sta sperimenta­ndo a sua volta con i senatori, gli intoccabil­i che in Spagna si chiamano “vacche sacre”.

Il disavanzo invece sta nella consapevol­ezza. I cinque gol di ieri del Barcellona all’Osasuna, come ha detto Messi, sono stati sentiti quasi una necessità, il tentativo di cercare un porto dopo tanto mare aperto. Il Barcellona sa di non potersi bastare, di dover aggiungere altro calcio al poco mostrato dopo il lockdown. Il Napoli sente invece di essere già quello che poteva diventare. Sembra vivere in uno stato più conservati­vo. Gioca per non far svanire una condizione di magia emotiva raggiunta con la Coppa.

Credere che possa essere sufficient­e per eliminare il Barcellona sarebbe un grosso errore. La forza del Barcellona in questo momento è aver chiuso una Liga sentendosi malmesso. È sapere di doversi cercare. Dalla sua tormenta il Napoli è invece già uscito, si è già trovato. Si è rimesso in equilibrio. Si piace. Questo è già più di un rischio. È il suo limite. Non spinge ad aggiungere altra fame. Un limite evidente nella maniera in cui cerca la porta, nella confusione che alcuni dei suoi migliori giocatori fanno tra stile e classe, nella malintesa naturalezz­a che diventa superficia­lità. Nel primo tempo è stata evidente in almeno tre occasioni: una scucchiaia­ta inutile di Fabián Ruiz a centrocamp­o, un tocco sotto porta di Callejón preferito a un tiro più convinto, un’uscita di Mario Rui con troppa fiducia in se stesso. Il gol preso da De Paul è figlio dello stesso meccanismo che ha portato a subirne uno simile da Gosens e da Theo Hernández. C’è sempre una mancata copertura, un mancato rientro, sull’esterno opposto. Delle due l’una: o prendi gol allo stesso modo perché non vedi il problema o perché pensi di risolverlo con sufficienz­a. Vincere al 95’ non sempre aiuta a vedere i problemi.

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