Solo Verstappen riesce a inserirsi tra le Mercedes Vettel: «Così siamo tornati alla normalità»
L’incontenibile Hamilton lotta per i record di Schumi, le Rosse doppiate con Una domenica mortificante, proprio nella gara in cui avrebbe dovuto fare un salto in avanti grazie agli sviluppi tecnici
L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare. Se i sorpassi tra Ferrari e Mercedes non sono esattamente quelli attesi visto che si tratta di doppiaggi - Hamilton come il mostriciattolo del packman si mangia le palline rosse, se siete in età ricorderete -, sì, vuol dire che l’è tutto da rifare.
Se la Ferrari prende dalla Mercedes più di un secondo e mezzo a giro, se Vettel appena doppiato da Hamilton sente il suo ingegnere che gli gracchia via radio «good job guy» (“bel lavoro ragazzo”, e non c’è ironia), se la mancanza di safety car mette a nudo distacchi da tappone dolomitico, se sempre Sebastian alla fine della gara si lascia scappare (ma in realtà Vettel sa sempre quel che dice) «sorpresi dai doppiaggi? No, lo sapevamo da prima della gara», se Leclerc soffre indicibilmente per mantener sane le gomme e lotta anche con le McLaren ma per la zona punti, se l’Ungheria era l’Omaha Beach su cui la Ferrari avrebbe fatto sbarco con novità tecniche preparate «lavorando giorno e notte» (non sarà meglio riposare un po’?) e in grado di dare una nuova competitività alla SF1000, se i motori vengono sgonfiati a metà gara perché tanto non c’è più nulla da fare, ecco, se tutto questo accade, vuol dire che l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare.
ANNO ZERO. Il vero dramma è che questa situazione riporta d’improvviso Maranello al suo anno zero dei tempi moderni, il 2014, l’alba dell’ibrido che allora costò il posto a un presidente (Montezemolo), a due team principal (Domenicali che si dimise, e poi Mattiacci) e che determinò il clamoroso divorzio anticipato da Fernando Alonso, il quale disse di andarsene «perché io non resto qui a lottare per un quinto o un sesto posto».
Ieri sesto per Vettel, che ha corso bene considerato quel che aveva tra le mani, e undicesimo per Leclerc, penalizzato anche da una scelta di gomme che gli ha impedito l’accesso in zona punti. Nella fase iniziale, quando l’asfalto mutava da umido a secco (tutti partiti con gomme intermedie, ma appena possibile tutti su Pirelli slick medie), nella giornata delle promesse di pioggia imminente mai mantenute, già al giro 3 Charles ha aperto la sarabanda dei pit stop montando le più morbide soft rosse. Una soluzione sbrigativa non seguita da tutti gli altri, fermatisi nei due giri successivi per dotarsi delle medie gialle. Non ci è andato lontano Leclerc, con quelle rosse: s’è dovuto fermare al giro 21 quando ha montato le dure bianche, per essere almeno strategicamente in grado di arrivare in fondo.
RECORD COME CILIEGIE. Non che quelle più morbide non si potessero usare, ma bisognava poterselo concedere come un lusso. Hamilton lo ha fatto a tre giri dalla fine per prendersi anche il punticino del giro veloce, ma parliamo di un’altra cosa, di un’altra gara: se la Ferrari lotta con le squadre di metà classifica, e se Bottas duella con Verstappen, Lewis se la vede a distanza con Michael Schumacher per mangiarsi come ciliegie i suoi record. Ieri s’è preso quello di plurivincitore di un unico gran premio: solo Schumi s’era imposto per otto volte, e Lewis l’ha rifatto. Solo Schumi ha vinto sette titoli mondiali, e non si vede chi e cosa possa impedire ad Hamilton di riuscirci a fine stagione (si fa per dire, lo farà molto prima).
Quindi neanche più vale parlare di due Formula 1, quella della Mercedes e quella del resto del mondo, perché qui ne abbiamo addirittura tre: Hamilton contro Schumacher, Bottas contro Red Bull e talvolta Racing Point (sempre sub iudice perché c’è in piedi