Il bel gioco che paga
Siamo ormai al conto alla rovescia definitivo, quello che si compie con le dita di una mano (già, le dita, talvolta usate clamorosamente a sproposito). Gli anticipi di 35ª non hanno smentito quanto proposto da questa anomala ripresa di campionato. Atalanta e Milan si sono confermate le regine d’estate, continuando a correre in testa, idealemente appaiate nella speciale classifica di giugno-luglio: 23 punti per entrambe, frutto di sette vittorie e due pareggi (a cui i bergamaschi possono aggiungere il successo sul Sassuolo, nel recupero della 25ª giornata). E’ significativo che questo duplice exploit arrivi dalle formazioni espressione delle comunità più colpite dalla pandemia, quella bergamasca e milanese. Sul piano morale questo può essere un elemento da sottolineare. Sul piano concreto però la foga agonistica che sta spingendo Dea e Diavolo oltre se stesse ha motivazioni più prosaiche ancorché differenti. Contro il Bologna, l’Atalanta ha ottenuto i tre punti grazie all’uso sapiente del turn over, ottenendo da Muriel il gol che serviva per venire a capo del Bologna strapazzato da Mihajlovic dopo il tonfo a San Siro proprio col Milan. La squadra di Gasperini viaggia pensando a se stessa, confidando nella sua forza, nella crescita costante e impetuosa di queste stagioni che la vede protagonista anche in Champions. In casa nerazzurra hanno capito in fretta, dopo l’occasione mancata all’Allianza Stadium contro la Juve, che il modo migliore per preparare il gran finale europeo di agosto non è tirare i freni adesso ma continuare a spingere sull’acceleratore, unica opzione conosciuta a Bergamo (magari cercando di non bruciare di tensione, come accaduto ieri). Dunque la Dea non si risparmia, migliora la classifica rispetto a un anno fa di 12 punti e tira dritto. E che dire allora del Milan? Lì, dove per un quarto di secolo la forza della società era divenuta proverbiale, a partire dall’invenzione di Sacchi tecnico di livello internazionale, in questa stagione è avvenuto tutto quanto di più destabilizzante possa mettere in campo una dirigenza, tra bandiere strappate o ammainate, cambi tecnici esotici, annunciati in tempi sbagliatissimi, obiettivi messi in discussione. E davanti a questo scenario cosa ti combina Stefano Pioli, tecnico gentile, fin troppo educato, e la sua banda? Ribaltano il concetto secondo cui la forza di una squadra è direttamente proporzionale a quella di chi sta nella stanza dei bottoni e infilano, spronati da Ibra, una serie da scudetto, culminata nel ribaltone confermativo di ieri che lascia Pioli al suo posto mentre Rangnick resta un’eco imbarazzante. Detto tutto questo rimane il fatto che domani la Juve può mettere la parola fine a questo torneo, vincendo a Udine, a meno che Conte, battendo la Fiorentina, non si inchini a Madama e rimandi tutto al prossimo week end.