«Eredità e responsabilità: per me il Palermo è come una missione»
Ieri ha festeggiato il primo anno dalla rifondazione del club Mirri: La società cresce. Il futuro sarà di chi crede in un progetto che unisce valori e organizzazione
Presidente Mirri, ieri è stato un anniversario importante. Un anno fa rinasceva il Palermo. Ci racconta la notte prima del bando? «Nonostante le voci non riuscivo a essere ottimista. Quel giorno mi sono svegliato presto e sono andato a correre, da solo, senza cellulare. Dal primo momento hanno convissuto in me due anime, il sogno e la responsabilità: nasco tifoso, so che Palermo rappresenta un valore importante per milioni di persone, anche chi in città tiene ad altre squadre. Ma una volta vinto il bando mi sentivo preparato. Da tifoso e imprenditore guardavo le azioni dei presidenti chiedendomi: cosa farei io al loro posto? Da quel 24 luglio potevo metterlo in pratica».
Un anno dopo cos'è cambiato? «L'emozione è rafforzata. Come con i figli, l'affetto muta e aumenta. La società sta crescendo meglio di quanto immaginassi, e ho la consapevolezza che le chance sono migliori di un anno fa».
Lei era stato vicino a prendere il Palermo in due precedenti occasioni.
«A febbraio 2019 con Sagramola abbiamo provato a salvare la B. Mai parlato con Zamparini, solo con Foschi e la De Angeli. Più che le contorte vicende del marchio, ci hanno spaventato i debiti: 40 milioni di euro, impossibile per noi arrivare sin là. La Damir pensò al Palermo anche nel 1992 quando l'allora presidente Ferrara era in difficoltà; ero giovane, mio padre mi coinvolse conoscendo la mia passione. Alla fine fu solo un prestito a sostegno di Ferrara e con grande signorilità i soldi ci furono interamente restituiti. L'amore per il rosanero era già fortissimo».
In un calcio avversato da egoismi, il Palermo di Mirri propone un modello diverso.
«Vivo questo ruolo come una missione, voglio avviare un percorso non solo sportivo in cui le parole chiave sono reputazione e eredità. So bene che sarò misurato in base ai risultati, ma credo fermamente nel progetto di una società che veicoli messaggi positivi. Utopia? Io ritengo il calcio un mondo di imprenditori dove la sostenibilità è possibile. Si può costruire un'azienda capace di reggere, Lotito e Percassi ad altissimi livelli senza grandi disponibilità lo dimostrano».
L'esempio di suo zio Renzo Barbera è molto presente.
«Sì, è importante il modo in cui si raggiungono i risultati. Renzo non ha neppure sfiorato le vittorie di Zamparini ma è rimasto nel cuore di tutti. Barbera è il mio esempio. Voglio un Palermo fondato su persone e valori, non solo su plusvalenze. Prendete la squadra di oggi: abbiamo confermato giocatori simbolo, penso ad Accardi ma anche a Martin o Crivello. Se andremo in B, non credo che li manderemo via perché non servono più, piuttosto dovranno insegnare agli altri cosa significa la maglia rosanero. A Santana, vicino ai 40 anni, Zamparini avrebbe dato un calcio nel sedere, con noi resta capitano. La squadra deve unire esperienza e valori morali, chi è arrivato sta trasmettendo all'ambiente la sensazione di un Palermo nuovo corso. Ecco cosa intendo con reputazione ed eredità. Puntiamo sull'appartenenza ma premieremo chi merita aldilà del luogo di nascita: ci sono palermitani che hanno capito perfettamente questo spirito ed altri che lo hanno fatto meno».
Lei e Sagramola vi completate? «Senza di lui non sarei qui. Sagramola impersonifica l'aspetto pragmatico indispensabile a ogni club calcistico. Mi fido ciecamente di lui e per questo non intervengo sulla squadra. E' meno
“romantico” di me ma ha competenza, conoscenze e tutto ciò che serve per un'impresa, a cominciare da una straordinaria sensibilità calcistica. Non a caso da dirigente sportivo ha cresciuto Liverani, Totti, Toni, e Tonali e Bisoli a Brescia».
Continuano le frizioni con Tony Di Piazza. Non vi rimproverate proprio nulla nel rapporto con un socio sia pure di minoranza? «Forse quanto è successo era inevitabile, potrebbe essere utile se ci si chiarisce. Ma a me pare che la discussione sia per motivi futili. C'era una programmazione, gli obiettivi sono stati raggiunti, non ci poteva essere contestazione, men che meno dell'operato di Sagramola».
Siete destinati a separarvi? Di
Piazza sostiene di non aver ricevuto nessuna offerta.
«E' lui che ha deciso di cedere, le mie quote non sono in vendita e io sono pronto a rilevare le sue. La strada è tracciata, il resto sono schermaglie commerciali che fanno parte dei ruoli. Niente cifre, c'è una trattativa in corso, ma vista l'importanza del Palermo, non acceleriamo i tempi. Potremmo anche andare avanti assieme fino alla serie B. Il prossimo step è fra un anno, quando dovremo mettere il resto del capitale concordato (altri 8 milioni totali): non ho dubbi che Di Piazza, se sarà ancora socio, verserà per intero le sue competenze. Paparesta? Il suo contratto è scaduto, è stato proposto per lui un nuovo incarico, Sagramola valuterà un ruolo diverso».
Mirri disponibile a restare anche oltre i tre anni?
«Lo scoglio vero è la C, durissima ora che c'è ancora il Bari. Se vinciamo entro due anni e Rinaldo trova soluzioni ulteriori, chissà... In B ci sono diritti televisivi diversi. Il nodo è la condivisione del progetto. In D avevo l'obbligo di vincere, qui ci dobbiamo aiutare tutti, credendo in una società virtuosa e in un Palermo meccanismo di crescita culturale. In cui non si butti all'aria tutto al primo insuccesso».
«So che sarò valutato in base ai risultati ma conta pure lanciare i messaggi positivi»
«Di Piazza? Forse era inevitabile la frizione ma tutto è utile se ci si chiarisce»