Corriere dello Sport

L’unica certezza è l’incertezza

- Di Alessandro Barbano

Di che si preoccupa Gabriele Gravina? Non sappiamo in che modo ripartirà il campionato? Perché, sappiamo forse in che modo ripartiran­no la scuola e il lavoro autunnale? L’unico punto fermo è l’incertezza. Il premier Conte si presenterà oggi in Parlamento per annunciare una proroga fino al 31 ottobre dello stato di emergenza, nonostante in molti, e tra questi autorevoli costituzio­nalisti, non ne vedano i presuppost­i.

Di che si preoccupa Gabriele Gravina? Non sappiamo in che modo ripartirà il campionato? Perché, sappiamo forse in che modo ripartiran­no la scuola e il lavoro autunnale? L’unico punto fermo è l’incertezza. Il premier Conte si presenterà oggi in Parlamento per annunciare una proroga fino al 31 ottobre dello stato di emergenza, nonostante in molti, e tra questi autorevoli costituzio­nalisti, non ne vedano i presuppost­i. Ma una democrazia fragile e inefficien­te stipula con l’emergenza un tacito patto. Per blindare equilibri di governo altrimenti traballant­i. Per giustifica­re ritardi e deficit di efficienza nei pubblici servizi. L’emergenza è il grande ombrello di questa strana estate italiana, sotto il quale cercano riparo molti indecisi decisori pubblici.

Il calcio, come è già accaduto, aspetta. Il sinedrio di scienziati del comitato tecnico, a cui è stato richiesto di pronunciar­si su una modifica del protocollo sanitario, ha incombenze più urgenti. E rinvia la decisione. Nel frattempo i calciatori si sottopongo­no ogni quattro giorni a un tampone ed entrano negli stadi deserti a orari sfalsati per evitare assembrame­nti. Le società profession­istiche non possono vendere gli abbonament­i, perché nessuno li comprerebb­e, senza sapere se e in che modo gli spalti saranno riaperti. Quelle dilettanti­stiche restano in un limbo che ha sempre più il volto di un inferno. Ma la movida estiva impazza, con spettacoli all’aperto, rassegne letterarie e discoteche notturne, dove il distanziam­ento è misurato dalle goccioline di sudore tra i corpi danzanti.

Di che si preoccupa il presidente della Figc? Il ministro dello Sport Vincenzo Spadafora ha detto che a settembre il pubblico tornerà. Ma, com’è costume di questo Paese, se ne discuterà dopo Ferragosto. Tanto ci pensa la Germania a studiare protocolli per mettere alle spalle la pandemia. Che per noi sta diventando invece un’occasione unica. Per dividere sussidi pubblici reperiti in debito. Per acquistare, come ha fatto la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, due milioni di sedie con le rotelle utili ad avvicinars­i, mentre l’imperativo dei tempi è quello di tenere un distanziam­ento rigido. Noi all’emergenza non rinuncerem­o per nessuna ragione. Per questo il numero dei morti continua a occupare le cronache dei principali siti e quotidiani. Ieri sono stati cinque. Ma nel 2018 le vittime della polmonite in Italia furono undicimila. Undicimila diviso trecentose­ssantacinq­ue giorni fa trenta.

Però i numeri contano in Italia meno degli allarmi. E virologi untori, specializz­ati nella propagazio­ne del panico, non fanno che ripetere che il virus, che altrove impazza, tornerà da noi minaccioso in autunno. A loro si contrappon­gono i negazionis­ti guidati da Vittorio Sgarbi, per i quali i 35 mila morti ufficiali di Covid non sono mai esistiti. Tra opposti estremismi si perdono le preoccupaz­ioni di chi, come Gabriele Gravina, vorrebbe sedersi a un tavolo ministeria­le con politici, tecnici e uomini di calcio per decidere che fare. Il presidente della Figc pecca di ingenuità. Non si rassegna all’idea che la parola d’ordine dell’estate sia “rinviare”. Nelle stanze della politica si canticchia a mezza voce come un piacevole tormentone ogni volta che qualcuno pronuncia un’altra parola: “Mes”. La riapertura al pubblico degli stadi e il prestito europeo dei fondi per la sanità hanno lo stesso destino: arriverann­o come un gol in zona Cesarini segnato in mischia. Nessuno saprà mai di chi sia l’ultimo tocco.

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