L’affidabilità è un’ombra sulla festa Yamaha
Cinque podi su sei, ma anche tre motori saltati. Viñales ha già usato il quinto: rischia il via dalla pit lane
Due vittorie, due secondi posti e un terzo nell’arco di due GP rappresentano un bilancio degno del regime di monopolio. All’interno del quale, per ciascun pilota la prevalenza è legata alle buone notizie: Fabio Quartararo ha ottenuto i primi due successi in MotoGP; Maverick Viñales non ha convinto del tutto, ma ha comunque 40 punti (e 40 più di Marc Marquez); Valentino Rossi è tornato sul podio dopo 15 mesi, e lo stesso Franco Morbidelli ha mostrato in gara quei progressi anticipati nei test. Eppure per la Yamaha e il suo contingente, Jerez non ha offerto esclusivamente motivi per sorridere.
Soltanto due GP sono stati sufficienti, infatti, per incorrere in tre avarie al motore, due di queste in gara, con Rossi nell’apertura del Mondiale e con Morbidelli domenica scorsa. A questi problemi si è aggiunto il guaio che ha fermato Viñales nelle libere del primo GP. Tre indizi fanno decisamente una prova: l’affidabilità, che nell’era moderna raramente è stata un problema, è un grattacapo per Iwata, a macchiare un quadro apparentemente idilliaco.
ALLARME. Per situazioni del genere, le spiegazioni ufficiali non scendono - ovviamente - nel dettaglio, come nel caso di Lin Jarvis, managing director: «Abbiamo perso tre motori in due weekend, quindi siamo preoccupati. Prima dobbiamo capire se il problema è sempre lo stesso e poi trovare una soluzione».
Non è chiaro se il caldo torrido abbia creato problemi ai propulsori delle tre M1 ufficiali e della M1 “specifica A” di Morbidelli. Di certo i guai possono avere conseguenze preoccupanti. I motori “incriminati” di Rossi e Viñales sono stati spediti in Giappone per essere ispezionati, e nella seconda gara Valentino e Maverick sono partiti con l’ultimo motore finora punzonato. Per il Dottore è stato il quarto (così come per Quartararo e Morbidelli), per lo spagnolo il quinto, sui cinque disponibili nella stagione accorciata dalla pandemia a tredici GP (sembrano calare le possibilità di andare in Asia per correre in autunno in Thailandia e Malesia). Il confronto con la concorrenza è impietoso: quasi tutti i rivali hanno alternato solo due motori.
La Yamaha è già corsa ai ripari, chiedendo di omologare sensori in grado di leggere i gas di scarico a oltre 1200 gradi, ma potrebbe non bastare. Per “salvare” i propulsori, potrebbe essere abbassato il regime di giri, con un inevitabile contraccolpo sulle performance: già sull’unico rettilineo di Jerez le M1 subivano nel confronto con Ducati, Honda e KTM, su piste come Brno, Red Bull Ring, Barcellona e Aragon, il gap potrebbe diventare pesante. I piloti continueranno a “ruotare” i motori già impiegati nei due weekend andalusi, ma è concreto il rischio che si debba ricorrere al sesto motore. Con conseguente penalità: la partenza dai box, con la possibilità di uscire dalla pit lane soltanto dopo aver lasciato sfilare gli altri concorrenti. Di fronte a tale evenienza, la rimonta sarebbe complicata, e anche una Top 5 sarebbe un’impresa titanica.
DUE ANNI. La Yamaha cercherà di studiare i motori arrivati da Jerez senza aprirli - a quel punto non sarebbero più riutilizzabili in gara ma impiegando microcamere in grado di entrare all’interno del propulsore e analizzando le emissioni. Dovesse emergere un difetto strutturale, Iwata potrebbe chiedere una deroga, cioè modificare la componentistica interessata per ragioni di affidabilità. Per farlo, però, serve il nullaosta degli altri costruttori, un’autorizzazione che l’Aprilia ha ottenuto ma che difficilmente verrebbe concessa a una casa fin qui dominatrice. Potenzialmente è un bel guaio, dato che per abbassare i costi post-pandemia, chi non dispone delle concessioni - Yamaha, Honda, Ducati e Suzuki - non potrà evolvere il motore, ma dovrà tenersi quello attuale sino alla fine del 2021...
Jarvis ammette: «Siamo preoccupati Dobbiamo capire qual è il problema»
Le M1 potrebbero dover abbassare il numero di giri E addio superiorità