Champions la sorpresa è in agguato
Un finale affascinante che apre la strada a un vero Europeo per club Guardiola al top, favola Atalanta. E al Psg s’infortuna anche il tecnico
Da paradiso dei pensionati a paradiso della Champions League-Coppa dei Campioni più lunga della storia. Il Portogallo apre (non al pubblico) gli stadi di Lisbona, Da Luz (Benfica) e Alvalade (Sporting).
Da paradiso dei pensionati a paradiso della Champions League-Coppa dei Campioni più lunga della storia. Il Portogallo apre (non al pubblico, ça va sans dire) gli stadi di Lisbona, Da Luz (Benfica) e Alvalade (Sporting) per l’inedita Final Eight che stabilirà the Champion 2020. L’atto conclusivo, in programma il 23 agosto all’Estadio da Luz, stabilirà un record difficilmente, superabile. Finora, il primato della finale più estiva apparteneva a quella prima edizione, Real Madrid-Stade Reims (43), giocata il 13 giugno del 1956 al Parco dei Principi. Ma questa è tutta un’edizione anomala. Anomala ma affascinante, per formula, partecipanti, collocazione. Una novità, tante novità. Si gioca ad agosto, mentre le bambine portoghesi (e non solo) scendono in spiaggia con i loro bikini amaranto, si gioca con una formula improvvisata e nuova che potrebbe, però, avere un futuro. Si gioca con otto squadre, otto allenatori e otto storie. Una Champions tutta da seguire.
FORMULA FUTURO. La Final Eight di Champions League 2019-2020 comincia domani sera con Atalanta-Psg al Da Luz. Come si è constatato nel campionato italiano di “clausura” c’è chi fatica di più e chi meno in questa stagione, ma un fatto è certo: pur non giocando da marzo, il Lione dell’ex sergente (dopo aver fatto fuori Madama è stato promosso) Rudy Garcia ha testimoniato che l’inattività non è così pesante. Abbiamo un favorito e mezzo (Bayern Monaco e Barcellona, subito contro), un’incognita permanente (Atletico Madrid) due profeti in patria che cercano disperatamente legittimazione internazionale (Manchester City e Psg), due outsider (Lione e Lipsia) e una mina vagante (l’Atalanta). Il Bayern Monaco ha vinto tutte le partite disputate in Champions quest’anno, otto su otto, e il suo centravanti (non boa) Robert Lewandowski è stato implacabile: 13 gol in sette presenze, a segno ogni 47 minuti. Mai nessuno come lui. L’unica contro-deduzione è che il Bayern affronta il Barcellona ed è l’incrocio più pericoloso. A sperare che le due favorite si sbranino ci sono Psg e Manchester City. Il primo snobba la “Cenerentola” Atalanta, il secondo è concentrato per arrivare là dove doveva condurlo Guardiola, assunto ai Cityzens proprio per vincere la Champions. In ogni caso a vincere sarà la formula. Quasi tutti gli sport di squadra, dal basket alla pallanuoto, a livello europeo, giocano l’ultimo atto con questo sistema. Da una forzatura, dall’esigenza di chiudere la stagione europea del calcio, potrebbe nascere un campionato europeo per club.
VETERANI E NO. Solo due allenatori hanno assaporato il gusto di una finale e solo uno dei due, Pep Guardiola, sa come vincerla (Barça 2009, con Tripletta, e 2011). L’altro, Diego Simeone, l’ha raggiunta due volte (2014 e 2016) perdendola con l’odiato Real Madrid. Pep insegue il trofeo da nove anni, da allora solo una semifinale con Bayern e solo i quarti col City. Simeone, che ha lasciato a Madrid i due positivi al coronavirus, Correa e Vrsaljko, ha eliminato i campioni in carica del Liverpool e vuole battere la maledizione, ma dovrà superare il Lipsia del ragazzo (33 anni) Julian Nagelsmann. Timo Werner ha lasciato la squadra e sarà il prestito giallorosso Patrik Schick a guidare l’assalto. Nagelsmann, come Gasperini (una partita con l’Inter), ha assaggiato una volta i gironi di Champions, mentre Hansi Flick ha esordito in Champions quest’anno e da allenatore in capo non conduceva una squadra dal 2005. Il curriculum Champions di Quique Setién si ferma alle due gare con il Napoli. Però ha Messi che non molla nulla, come dimostra l’incitamento nel tunnel del Camp Nou all’intervallo con il Napoli: “Tranquilli, gliene facciamo otto”. Sia che si trasferisca (improbabile ma sempre in voga) a Milano dove ha preso casa pure lui dopo il padre, Leo vuole “La Quinta”, come il nemico Ronaldo.
SOLA (AL COMANDO?). C’erano due spagnole, due francesi, due tedesche, un’inglese e un’italiana. Sembra una barzelletta ma l’Atalanta di sir Gasperson non lo è. Dopo aver perso le tre gare iniziali, l’Atalanta è diventata la prima debuttante in Champions League a raggiungere i quarti di finale dal Leicester City (2016/17) e la prima italiana dalla Lazio (1999/00). Sarebbe stato meglio che ci fosse arrivata con uno dei principali artefici di questo straordinario risultato, Josip Ilicic (e pure con il portiere Gollini): suoi cinque degli ultimi sette gol in Champions League. Anche il Psg, però, ha un ricco parco assenti: Verratti, Di Maria, Kurzawa e Mbappé (forse destinato alla panchina). Perfino Thomas Tuchel si è infortunato a una caviglia. Però il tecnico tedesco ha Neymar, Icardi e la voglia matta di ribaltare gli scarsi numeri europei: mai battuta un’italiana in Champions, mai superati i quarti dal 1995-96. Tifiamo Atalanta e statistica, per la Dea e per la Champions 2020, entrambe inedite, sarà un successo.
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