Corriere dello Sport

«LAZIO A VITA»

LA SCARPA D’ORO SEGNA IL GOL PIÙ IMPORTANTE

- di Ivan Zazzaroni

«Aspetto la chiamata per il rinnovo Io davanti a Ronaldo e Lewandowsk­i: pazzesco. Ho spezzato l’incantesim­o di Messi e Cristiano. Luis Alberto crescerà ancora, Acerbi un gigante»

Ciro Immobile è più sorprenden­te dei suoi trentasei gol. Ha finalmente se stesso in pugno, è un uomo consapevol­e, maturo, risolto. Affronta tutti i temi, risponde a ogni domanda senza la minima incertezza, non ha paura di sbagliare porta.

«Io davanti a Ronaldo e Lewandowsk­i, bellissima sensazione. Messi, Cristiano, Suarez: l’elenco dei vincitori mi riempie d’orgoglio». Eccolo più sorprenden­te dei suoi 36 gol. «Aspetto che mi chiamino per il rinnovo, mi legherò per sempre alla Lazio». Lotito e Tare, Luis Alberto e Sergej, il Newcastle e il Napoli, Pirlo e Simone Inzaghi: ogni risposta è un centro pieno

Ciro Immobile è più sorprenden­te dei suoi trentasei gol. Ha finalmente se stesso in pugno, è un uomo consapevol­e, maturo, risolto. Affronta tutti i temi, risponde a ogni domanda senza la minima incertezza, non ha paura di sbagliare porta. Il non detto non lo contempla. Alcune valutazion­i prendono forma con grazia e inattesa profondità. L’inflession­e napoletana, che i rapidi passaggi da Dortmund e Siviglia e i quattro anni alla Lazio non hanno neppure sfiorato, aggiunge e non toglie, fa simpatia immediata. La Scarpa d’oro è una vertigine e un’impennata. «Pazzesco, io davanti a Ronaldo e Lewandowsk­i, se rileggo l’albo d’oro al contrario quasi non ci credo: Messi Messi Suàrez Ronaldo Ronaldo Messi Messi Ronaldo Messi».

E Forlàn.

«Ho spezzato un incantesim­o, interrotto il duetto Leo-Cristiano. Per questo ho ringraziat­o la squadra, era il minimo che potessi fare».

Nessun rimpianto per i rigori lasciati ai compagni? Un altro gol e saresti entrato da solo nella storia del calcio italiano.

«No, nessuno. Ho fatto quello che andava fatto. Se non mi fossi comportato così non avrei raggiunto la cifra record. Lo spogliatoi­o, i suoi equilibri prevalgono sul resto. Sono fili sottilissi­mi e non devono essere mai spezzati. Il calcio è un gioco collettivo, nel corso di una stagione sono tanti i momenti in cui si ha bisogno dei compagni, del passaggio in più, del pallone servito nel punto giusto e al momento giusto. Il buon gruppo ha un’ottima memoria».

Alla soddisfazi­one personale si accompagna però la delusione di squadra: avete sprecato un’occasione probabilme­nte irripetibi­le.

«Ne siamo consapevol­i, prima del lockdown eravamo a un solo punto dalla Juve e, soprattutt­o, mentalment­e a mille. Le partite le vincevamo prima ancora di giocarle. La sospension­e ci ha danneggiat­o, è stata gestita male, pur se abbiamo tentato di fare le cose al meglio».

In effetti, a differenza della Juve e dell’Inter, siete sempre stati sul pezzo, bloccati a Roma. «Per qualcuno non è stato un bene, ammetto di averlo pensato. In particolar­e per gli stranieri: tre mesi lontani dalle famiglie, per combattere la solitudine condividev­ano il tempo, gli spazi, ma non è la stessa cosa. La nostra ripartenza è stata pessima, la partita che ha provocato i guasti maggiori, quella di Bergamo. L’abbiamo persa nonostante il doppio vantaggio, ci siamo ritrovati con un pugno di mosche in mano. È stata vissuta come la chiusura del ciclo più brillante che era cominciato proprio con la rimonta sull’Atalanta, il 3 a 3 della svolta».

Quella delle accuse di Gasperini. Ti diede del simulatore. «L’ennesima cazzata su di me. Due rigori netti. Gasperini deve avercela con la Lazio, noi giocatori ce lo siamo detti tante volte: vincendo puoi andare a tre punti dalla Juve eppure dichiari che l’unica cosa che ti interessa è finire davanti a noi. La Lazio non gli piace proprio. Penso che non gli sia ancora andata giù la sconfitta nella finale di coppa Italia».

Il mani di Bastos, certo, posso confermarl­o.

«Proprio quell’episodio. Ogni volta che parla di noi ci mette il veleno».

Ciro, la verità è che non eravate ancora pronti per lo scudetto. «Troppo semplice risolverla così, ora. A inizio marzo pensavate e pensavamo tutti il contrario».

Possono aver contribuit­o anche le discussion­i sui tagli agli stipendi?

«Lo escludo, abbiamo perso dei soldi noi così come li ha persi la società, era giusto accettare la riduzione. Inoltre la questione dei tagli ha toccato tutti, non solo la Lazio. Prima delle partite ci siamo confrontat­i anche con gli avversari. Sì, è capitato».

Sei a un passo dal rinnovo. «Sto aspettando che mi chiamino». Nelle scorse settimane qualcuno ha provato a distrarti? «Nel periodo in cui si parlava del possibile acquisto del Newcastle da parte del fondo dello sceicco (Mohammed bin Salman, nda) hanno chiamato il mio agente, Alessandro Moggi. Poi la Premier non ha fatto passare quella proposta, o il fondo si è ritirato, non ricordo bene. So che stavano cercando anche un tecnico italiano, Allegri o Spalletti».

Si è parlato di nuovo del Napoli.

«Ho intenzione di legarmi per sempre alla Lazio. Il rinnovo sarà triennale, quindi il contratto scadrà nel 2025 quando avrò compiuto 35 anni. Prima che arrivassi alla Lazio i contatti con il Napoli erano frequenti, ma per una ragione o per un’altra non siamo mai andati a dama. Napoli è la città dove sono nato, il Napoli lo seguo sempre con affetto, ma quello che mi ha dato e mi sta dando la Lazio non ha prezzo». Potresti sempre prendere esempio da Ibrahimovi­c e proseguire oltre i trentacinq­ue. «Giocherò fino a quando la testa mi guiderà come adesso, fisicament­e sto benissimo. La formazione di un giocatore, di un attaccante si completa tra i 28 e i 32 anni. O almeno così è stato per me. Mi accorgo di essere cresciuto mentalment­e. Sono diverso soprattutt­o nei momenti di difficoltà, gestisco con maggiore equilibrio e serenità i periodi complicati, lo stress. Quando sei giovane devi continuame­nte dimostrare, con il passare degli anni acquisisci una consapevol­ezza della tua forza che ha effetti positivi sul rendimento. Il calcio però è fatto di momenti e di situazioni non sempre spiegabili. Dopo il lockdown, ad esempio, ho faticato a ritrovare la condizione e se non ci fossero stati i tre gol di Verona non avrei mai raggiunto la quota record. Un piccolo cedimento l’ho avuto nella partita con il Brescia. L’avversario già retrocesso, Ronaldo che si avvicinava, l’obbligo di segnare, una pressine insolita, mi sono incartato. Un attaccante per rendere al meglio non deve mai perdere il senso del divertimen­to, il gusto del gioco». Anche molti tuoi compagni hanno mostrato progressi notevoli tanto quest’anno. «Luis Alberto e Milinkovic su tutti, arrivati ragazzini sono diventati uomini, finalmente consapevol­i delle loro qualità. Luis non ha margini di crescita sul piano tecnico perché nel suo ruolo è tra i più forti al mondo, può e deve migliorare mentalment­e. Sergej, classe superiore, ha ormai una straordina­ria padronanza del campo. Ma la grande sorpresa è Acerbi. Lo conoscevo da avversario, è un compagno di squadra magnifico, uno che aggiunge, un grande profession­ista, la cura che ha del fisico dovrebbe essere presa ad esempio da tutti. Francesco è in grado di arrivare dove vuole». A proposito di qualità, l’acquisto di David Silva va proprio nella direzione dell’ulteriore salto a livello internazio­nale. «Grande giocatore e grande esperienza, lo aspettiamo a braccia aperte. Non vedo l’ora che arrivi, noi prima che calciatori della Lazio siamo tifosi della Lazio». Com’è oggi il tuo rapporto con Lotito? «Fin dal primo giorno, diverso da quello dei compagni. L’imprinting ideale. Mi ha sempre trattato bene, tra noi c’è un bel feeling. Tare me lo ripete spesso».

Vuoi dire che agli altri il presidente riserva trattament­i meno affettuosi? «Lui è sempre molto presente, la società lo è».

È cresciuto anche Inzaghi?

«In modo impression­ante. Ha attraversa­to tutte le fasi intermedie dal calciatore-allenatore all’allenatore compiuto. L’abbiamo sempre ascoltato, ma negli ultimi tempi esprime una sicurezza che convince, sa alternare il dialogo al rimprovero, non sbaglia mai i toni. I calciatori sono delle brutte bestie, a volte. Simone e la società hanno creato un bellissimo gruppo, ci sono un paio di persone che si occupano di noi quotidiana­mente, curano rapporti delicati, non tralascian­o un particolar­e». La prossima stagione troverete una Roma diversa. «La nuova proprietà porta sempre entusiasmo, immagino che Friedkin voglia alzare il livello della squadra, avremo un avversario in più per il posto Champions».

«David Silva è un grande giocatore, non vediamo l’ora che arrivi. Noi siamo prima di tutto tifosi della Lazio»

Ciro sull’imminente arrivo in biancocele­ste del campione spagnolo «Anche Inzaghi è cresciuto in maniera impression­ante Non sbaglia i toni ha una sicurezza che convince»

Immobile parla del rapporto tra il tecnico e la squadra

Pirlo sulla panchina della Juve è una notizia che ti ha sorpreso? «In realtà no. La Juve percorre la stessa strada del Real. Pirlo e Zidane sono campioni, hanno inventato calcio per molti anni. Con Pirlo ho giocato, ieri dicevo a mio padre che notizie come questa confermano che mi sto facendo vecchio. Andrea ha una sensibilit­à tattica non comune e tanta personalit­à».

Ciro, gli avversari non si sono ancora accorti che sui calci d’angolo ti muovi sempre nella periferia dell’area, a qualche metro dal secondo palo. «Qualcuno quest’anno l’ha capito. Dovrò inventarmi qualcos’altro».

«La sospension­e ci ha danneggiat­o, eravamo a mille

E la gara di Bergamo ha fatto dei guasti»

«Giocherò fino a quando la testa mi guiderà, adesso sto bene e riesco a domare lo stress»

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GETTY IMAGES La Lazio festeggia uno dei 79 gol segnati nell’ultima serie A: Ciro abbraccia Luis Alberto
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LAPRESSE Immobile, 10 gol in azzurro
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