100 DOMANDE AL CAMPIONATO
Pirlo porterà equilibrio a Torino ma Conte sarà il favorito se avrà anche Kanté. Lazio penalizzata dal lockdown, con la Champions serve qualcosa di più. Fiorentina in Europa? Sarebbe un’impresa
Parte il nuovo campionato di serie A e il Corriere dello Sport-Stadio cerca di capire come sarà: rivolgendogli cento domande.
Dalla lotta per il titolo alla volata per un posto in Champions League: tutti i segreti della stagione 2020-21 svelati in 100 risposte
Caro campionato, prima di tutto un grande “in bocca al lupo”. Abbiamo tutti bisogno di un po’ di serenità. Cosa ti aspetti da questa stagione?
«Arrivare tranquillamente alla fine, questo sarebbe già un bel traguardo. Forse sarebbe stato più giusto dilatare il calendario, così come lo hanno redatto non lascia vie di fuga».
La Juve ha vinto il nono scudetto di fila. Cominciamo col primo pronostico: è candidata al decimo?
«Sì, ma stavolta è solo una delle candidate, stavolta l’Inter l’ha raggiunta e, se prende pure Kanté, l’ha superata».
E allora iniziamo dall’Inter: Lukaku riuscirà a ripetersi sui livelli della scorsa stagione? «Sì perché è rimasto Conte in panchina e il tecnico salentino, con il 3-5-2 che ha in mente di riproporre dopo la parentesi del 3-4-1-2, è l’ideale per valorizzare le caratteristiche del belga che ama essere cercato con insistenza, giocare spalle alla porta e avere accanto un partner con cui dialogare».
Ma tra Conte e la dirigenza dell’Inter è davvero tornato il sereno?
«Difficile pensarlo. Quello attuale somiglia a un armistizio più che a una pace e la sensazione è che di fronte alle prime difficoltà sul mercato o in campo il precario equilibrio possa rompersi di nuovo. Decideranno i risultati: se la Juve non andrà in fuga e l’Inter non deluderà, magari una nuova guerra civile nerazzurra sarà rimandata e sarà l’anno buono per festeggiare lo scudetto».
Quale tra i nuovi acquisti dell’Inter farà la differenza?
«Conte insegue Vidal fin dalla scorsa stagione e adesso che finalmente sta per averlo, gli darà un ruolo chiave nel suo centrocampo, ma tra i nuovi il giocatore che più può cambiare la squadra è Hakimi. Il marocchino ha velocità, senso dell’inserimento e fiuto del gol: in Serie A può fare la differenza e con lui a destra l’Inter ha una freccia in più. IN attesa di Kanté...».
Restiamo a Milano, versante rossonero. Pioli sfaterà la sua personale maledizione del secondo anno in panchina? «Con il Bologna, la Lazio e la Fiorentina alla seconda stagione ha fatto peggio rispetto alla prima, ma la colpa non è stata solo sua. Al Milan, con una rosa che è stata arricchita da giocatori come Tonali e Brahim Diaz, ma che ha mantenuto finora la struttura del 2019-20, può puntare a un posto in Champions. Il modulo sarà lo stesso della scorsa stagione, idem gli interpreti: il Milan, che conosce bene quello che vuole il suo allenatore, non deluderà».
A 39 anni cosa può dare Ibrahimovic al Milan?
«Molto in termini di gol (si è già visto a Dublino), moltissimo in termini di personalità e leadership. Non potrà giocare tre partite a settimana, ma in Serie A, se gestito con intelligenza, finirà spesso per fare la differenza».
Ha fatto bene il Milan a puntare su Tonali?
«Per la sua crescita ha fatto bene
Tonali a puntare sul club rossonero perché tra Juventus, Inter e Milan è quest’ultima la formazione dove ha le maggiori possibilità di giocare. Anche Maldini, però, ha fatto bene a prendere il talento bresciano perché è giovane, ha personalità, ma soprattutto grandi margini di crescita. Complicato pensare che possa fare subito la differenza in una grande con una sola stagione in A alle spalle, ma crescerà e sarà importante per costruire un nucleo forte di italiani, quello che in passato è stato fondamentale per tante vittorie».
Pirlo in panchina. Per molti è un azzardo, per altri una garanzia. «Conoscevo un giornalista amabilissimo che, durante le discussioni più accese fra due colleghi, indicava sempre la via dell’accordo, della pace, con la solita frase: “Hai ragioni tu, ma hai ragione anche tu”. Se possiamo copiare, in questo caso si può dire che si tratta di un azzardo e di una garanzia. L’azzardo è legato alla totale mancanza di esperienza come tecnico e gestore di talenti, la garanzia è dovuta all’appartenenza juventina».
Cosa porterà alla Juventus? «Stabilità. Ne ha bisogno dopo l’ultima stagione».
Sarri verrà dimenticato in fretta?
«Dagli juventini probabilmente sì, dagli altri amanti del calcio no. Sarri ha segnato in questi anni, con l’Empoli e col Napoli, il punto più alto dello spettacolo calcistico. Speriamo davvero di rivederlo presto in panchina. Alla Juve hanno sbagliato tutti: i dirigenti a prenderlo, lui ad accettare. Sarri e la Juve, la natura della Juve, sono una contraddizione in termini».
Ma alla Juve mancava davvero il centravanti?
«Alla Juve non mancava il bomber, ovviamente, manca però un giocatore capace di miscelare i talenti di due giocatori fantastici come Dybala e Ronaldo. Per questo ha preso Dzelo, l’ideale per quella missione».
Chiellini sarà ancora titolare?
«Rispondo con una domanda: Ibrahimovic sarà titolare nel Milan? Ribery sarà titolare nella Fiorentina? Lo sono per forza. Chiellini è il grande rimpianto di Sarri: potremmo sbagliarci, ma con Giorgione in campo la stagione europea della Juve non si sarebbe fermata agli ottavi».
McKennie, Kulusevski, Arthur, quanto spazio troveranno? «Arthur dovrebbe partire titolare, ma il suo valore è ancora da verificare; McKennie sarà una preziosa riserva; Kulusevski sarà il giocatore in più della stagione bianconera».
In dodici mesi se ne sono andati Mandzukic, Emre Can, Matuidi e Higuain. Qual è stata la cessione sbagliata?
«Quella di Emre Can».
A proposito del campionato scorso, senza la pandemia la Juventus avrebbe vinto lo stesso lo scudetto?
«Era troppo bella la Lazio, troppo convinta, troppo entusiasta, troppo forte prima che scoppiasse la pandemia. Forse la Juve
non ce l’avrebbe fatta, forse avrebbe vinto la Lazio».
La domanda precedente ci porta proprio alla squadra di Inzaghi. Sarà ancora una concorrente per lo scudetto 2020-21? «Quest’anno c’è pure la Champions, aspettiamo...».
Allora quale può essere l’obiettivo giusto per Inzaghi? «Nelle intenzioni di Simone dovrebbe essere allestito un organico che consenta alla Lazio di portare avanti questo ciclo attraverso la conferma tra le prime quattro della Serie A (dunque un’altra qualificazione Champions) e che possa permettere di fare una bella figura ai gironi, dove la squadra biancoceleste manca da ben tredici anni».
La Lazio si è rinforzata per reggere il doppio impegno campionato di vertice-Champions? «No o non ancora. La società era partita con l’idea di alzare il livello prendendo David Silva e acquistare Kumbulla. L’arrivo dell’ex stella del City è sfumato, mentre il difensore del Verona
è andato alla Roma. Erano due colpi che avrebbero “alzato” il livello dell’undici titolare. Ora vedremo cosa succederà da qui al 5 ottobre: Lotito ha promesso altri acquisti».
Il mercato sino a qui condotto come si può valutare? «Discreto per allungare la panchina di Inzaghi. Reina, Escalante, Fares e Muriqi sono acquisti mirati e intelligenti. Completano la rosa e alcuni ruoli scoperti, ma non cambiano la Lazio, sono pedine complementari. Il destino della squadra, per ora, resta appeso all’estro e al talento di Luis Alberto, Milinkovic, Correa e Immobile».
Escalante può avere un ruolo da protagonista in questa stagione?
«E’ la possibile sorpresa, ottimo centrocampista per dare il cambio a Leiva e non solo».
Qual è il rischio principale per la Lazio?
«Lulic, fermo da 8 mesi, non è pronto e nessuno sa se potrà tornare a giocare. Inzaghi e Tare
Ancora Mertens più di Osimhen Roma, non basta
per sostituirlo hanno puntato su Fares, ma l’ex Spal viene da un intervento al ginocchio che lo ha tenuto ai box sino a febbraio ed a cui si è aggiunto il lockdown. Chissà se basterà per coprire la fascia sinistra. E soprattutto, tornerà subito ai livelli di due anni fa? Jony, nella passata stagione, in quel ruolo non ha mai convinto».
Qual è allora la certezza dei biancocelesti?
«Inzaghi può contare su Immobile, fresco di Scarpa d’Oro. Tra Torino e Lazio, solo una volta in cinque anni Ciro è rimasto sotto i 20 gol in campionato. Medie realizzative che tengono solo Ronaldo, Messi e Lewandowski. Quest’anno, peraltro, dovrà ripetersi per convincere in pieno il ct Mancini e lanciarsi verso l’Europeo con l’Italia».
Venti milioni per Muriqi non sono tanti?
«Tare ci crede ciecamente. Il centravanti kosovaro, alto un metro e 94, possiede una forza fisica impressionante e il senso del gioco. Piede mancino, sa far salire la squadra e si muove (spalle alla porta e sul centro-destra) un po’ come Romelu Lukaku, a cui ovviamente non può essere accostato per numeri e carriera. Può abbinarsi in modo ideale a Immobile. Inzaghi, accanto a Milinkovic, avrà un’altra torre per alzare la palla anche con Strakosha (o Reina) quando la difesa verrà messa sotto pressione. Muriqi spera di diventare la rivelazione del campionato».
Per la Champions si fanno i nomi di cinque squadre: Juventus, Inter, Atalanta, Lazio e Milan. Il Napoli fatica a entrare in questo gruppo. Perché?
«Per il rendimento del campionato scorso. In realtà anche Gattuso può e deve lottare per un posto in Champions».
Ma chi farà giocare come titolare al centro dell’attacco, Osimhen o Mertens?
«Il valore assoluto di Mertens è scritto nella storia, quello del nigeriano semplicemente, per ora, nel bilancio. In vantaggio, chiaramente, c’è Mertens, con il peso dei suoi gol e la capacità di legarsi alla squadra. Le amichevoli hanno suggerito a Gattuso di continuare con il 4-3-3, è quello il modulo che il Napoli ha nelle corde».
Meret-Ospina rimane ancora un duello?
«Il sospetto che ci si avvicini ad una stagione da vivere sospesi sulla linea bianca di porta di casa-Napoli è concreto. Gerarchie non ancora scolpite nel campo, con Ospina che sembra (sembra) in lievissimo vantaggio per la capacità di palleggiare. Ma poi, in genere, per parare ci vogliono le mani e Meret, 25 milioni spesi due anni fa, le sa usare, anche se nelle uscite...».
Può essere l’anno di Lorenzo Insigne?
«E’ diventato sempre più leader, senza però riuscire ancora ad esserlo completamente. Però la presenza di Insigne, non solo tecnicamente, nel Napoli si avverte maggiormente. A ventinove anni non è ancora troppo tardi per lasciare un’impronta, rischia però di diventarlo. A Insigne il Napoli chiede, ora, di essere decisivo».
Ma cosa manca alla squadra? «In questo momento, dunque con Koulibaly in squadra, le perplessità sono due: la prima è a centrocampo, dove sembra si avverta l’assenza di un regista verticale, qualcuno che come Jorginho sappia trovare gli angoli di passaggio più stretti, senza limitarsi al giro-palla; e poi, sette anni di Callejon, dei suoi movimenti, dei suoi tagli, dei suoi assist, dei suoi gol, inducono a temere che quel vuoto resti per un po’ incolmabile, a meno che Politano non si esalti».
Ecco, non si avvertirà troppo l’assenza di un giocatore come Callejon?
«Il Napoli spera di no, ma mancherà, eccome se mancherà».
In cosa è cambiato il Napoli? «Un anno fa, quando il campionato stava cominciando, sognava di essere l’antagonista principale della Juventus. Oggi è consapevole di dover inseguire un posto tra le prime quattro, perché ormai dalla Champions e da quei soldi non si prescinde. Se resta Koulibaly, con l’ultimo Maksimovic e con Di Lorenzo che ha un campionato in più alle spalle, la difesa è migliorata. In mezzo, Zielinski, Fabian Ruiz ed Elmas restano entusiasmanti incantatori e davanti, beh, niente male, si direbbe. Ma c’è un dato extra calcistico: stavolta, a differenza di un anno fa, non dovrebbero esserci ammutinamenti e spaccature tra società e squadra. E l’armonia ritrovata può aggiungere punti».
Sarà ancora un’Atalanta da Champions?
«Se si pensa che nella scorsa stagione è stata l’unica italiana ad arrivare ai quarti e ha perso le semifinali per un minuto o poco più, la risposta è per forza sì. Solo che quest’anno ci sono due rivali in più, il Napoli e soprattutto il Milan».
Riuscirà Gasperini a recuperare Ilicic?
«Sarà uno dei suoi obiettivi. E se ce la farà, l’Atalanta avrà una forza in più».
Scendiamo di un gradino, zona Europa League. Potranno esserci delle novità rispetto alla scorsa stagione? «Sì, perché il Milan e il Napoli sono da Champions e punteranno più in alto. Da dietro, però, non vediamo altre novità».
Nemmeno la Fiorentina? «No. Commisso e Pradé hanno fissato come obiettivo la parte sinistra della classifica, quindi ottavo-nono posto come nel campionato scorso. E’ una modesta ambizione per le aspettative create dalla nuova proprietà. Superare quel traguardo sarebbe un risultato straordinario con la squadra di oggi».
E se arrivasse un attaccante da 18/20 gol?
«Allora il discorso cambia. A parte Ribery, gli altri quattro attaccanti viola, Chiesa, Kouamé, Vlahovic e Cutrone, hanno segnato in tutta la loro carriera 60 gol in Serie A e in Premier. Per dare un riferimento, i tre centravanti dell’ultima Europa League, Ibrahimovic, Mertens e Dzeko, ne hanno fatti 772. E’ vero, ci sono anni e anni di differenza, ma la distanza è incolmabile. Per la Fiorentina saranno fondamentali i prossimi dieci giorni di mercato».
E’ decisiva la conferma di Chiesa?
«No, non è decisiva. Chiesa è un ottimo giocatore che ha bisogno di trovare un ambiente capace di spingerlo a crescere. Il suo percorso tecnico e tattico è ancora incompleto, può dare più, ma probabilmente il suo cammino a Firenze si è concluso dopo 4 stagioni da titolare».
C’è molta attesa intorno alla nuova Roma, intesa come società. Quanto potrà incidere la famiglia Friedkin nel suo primo campionato di Serie A?
«Se ragioniamo in termini di mercato, e di acquisti di calciatori, i tifosi dovranno avere pazienza. Viceversa i Friedkin si stanno concentrando sulla ristrutturazione interna, manageriale e finanziaria, per trasmettere un’idea di business di lungo periodo che ai loro occhi produrrà un grande beneficio per il club».
La posizione di Fonseca è solida?
«L’allenatore è stato confermato, sia dalla proprietà che dal Ceo Fienga, anche se non tutti erano convinti di trattenerlo. Viste le tante difficoltà della scorsa stagione, Fonseca ha tanti alibi che gli consentiranno di cominciare il campionato. In assoluto oggi è impossibile prevedere quanto resterà in panchina».
Senza Zaniolo e con Pedro e Kumbulla, senza Dzeko e con Milik, quali ambizioni può avere la Roma?
«E’ inutile nascondersi, la rosa resta incompleta, pur comprendendo le necessità finanziarie che hanno portato a un ridimensionamento. Anche dando per scontato il ritorno di Smalling, il gap con le squadre da Champions non è stato colmato. In più Milan e Napoli si sono rinforzate. La sensazione è che servirà un’impresa per centrare il quarto posto».
La Roma è più adatta alla difesa a tre o al 4-2-3-1, il modulo più caro a Fonseca?
«Il problema è proprio questo. La squadra non sembra completa, né per l’uno né per l’altro modulo. Oggi, in assenza di Smalling, non potrebbe che giocare a quattro dietro, perché Kumbulla come ha detto Fonseca non è ancora pronto. Ma avendo due terzini molto offensivi come Karsdorp (o Bruno Peres) e Spinazzola, rischia di perdere equilibrio».
Pau Lopez è un portiere affidabile?
«I dati dello scorso anno dicono di no. Tanto è vero che la Roma ha provato a venderlo, senza però trovare un acquirente disposto a comprarlo senza generare pericolose minusvalenze».
Quanti soldi spera di risparmiare la Roma alla chiusura del mercato?
«Oltre a cessioni e plusvalenze, stimate in quasi 100 milioni, Fienga prevede un taglio del monte stipendi di circa il 25 per cento. E’ la strada per la ricerca di un nuovo equilibrio finanziario dopo due stagioni senza qualificazione alla Champions».
Il Torino è più forte di un anno fa?
«L’allenatore è una garanzia di bel gioco, con Giampaolo i tifosi granata si divertiranno. Ma non può fare i miracoli. Il suo calcio è bello da vedere però ha bisogno di ruoli certi e ancora non ha il regista, decisivo nel suo modulo. Ovviamente Rincon non è un regista».
La Samp rischierà come nella stagione scorsa?
«Direi di no per una semplice ragione: quest’anno parte con Ranieri in panchina».
In certi momenti della stagione scorsa il Sassuolo ha dato spettacolo. La conferma di De Zerbi, nonostante avesse tante attenzioni, è un’ulteriore garanzia? «Direi di sì. De Zerbi ritiene di non aver ancora finito il grande lavoro che ha fatto fin qua e poi sente il Sassuolo come la propria casa».
Quali sono i suoi obiettivi? «La crescita dei tanti giovani, una conferma nella facciata sinistra della classifica, un calcio ancora una volta propositivo anche contro le grandi».
Qual è la grande aspirazione sia del Sassuolo società che dello stesso De Zerbi?
«Dopo aver consegnato a Mancini per le ultime due partite di Nations League due giocatori, Caputo e Locatelli, vogliono aggiungerne un terzo in pianta stabile in vista degli Europei del prossimo giugno. Sto parlando di Domenico Berardi, e per lui sarebbe un ritorno in maglia azzurra».
Chi può essere la rivelazione neroverde in questo campionato? «Oltre alle conferme di Muldur e Toljan come esterni di destra della difesa, sono convinto che sia il difensore turco Kaan Ayhan che il centrocampista Hamed Junior Traorè sapranno essere protagonisti».
Restiamo in Emilia. Perché il Parma società sta passando la mano a un gruppo americano? «Perché i sette imprenditori che hanno riportato la squadra nel grande calcio hanno sempre assicurato che una volta tornati in Serie A avrebbero lasciato la società nel caso in cui avessero trovato nuovi investitori estremamente seri. Ecco, questo momento sembra arrivato».