Corriere dello Sport

I miei primi 60 campionati

Era il ’60-61, collaborav­o con lo Specchio…

- Di Italo Cucci

Una volta la pagina sportiva ospitava anche il “pezzo abusivo”: era l’articolo dell’artista, dello scrittore, del vip, del novizio. Insomma, dell’incompeten­te. Da novizio/ incompeten­te partecipai al primo campionato della mia vita, sessant’anni fa. Era il ‘60-61. Collaborav­o al settimanal­e “lo Specchio” e il caporedatt­ore Ninni Pingitore mi disse che c’era bisogno a Milano per uno scandalo avviato da un articolo di Gianni E. Reif sugli amori di Angelillo, il bomber dell’Inter. Reif era un popolare avversario di Gianni Brera. Noto come creatore del settimanal­e “Supersport” (sul quale ho scritto quando c’era Giorgio Lago) prima era passato rapidament­e dal Guerin Sportivo, fondato a Torino nel 1912 poi diventato palestra di Brera. Io avrei dovuto approfondi­re “lo scandaloso legame” fra Antonio Valentin e la sciantosa Ilya Lopez, all’anagrafe Attilia Tirone. Sí, la storia c’era, anche se lei era sempliceme­nte una cantante, non una vipera bionda.

E capii anche perché era nato lo scandalo: Angelillo, che nel campionato 58-59 aveva realizzato il record di 33 gol, nel successivo ne aveva segnati 11 e nel 60-61 aveva cominciato anche peggio, stava sulle balle al Mago Helenio che contribuì a far nascere lo scandalo per eliminarlo, e a fine stagione lo spedì alla Roma.

Non ero tifoso. La mia breve storia con il calcio era finita con la morte del Grande Torino quando avevo 10 anni; a 22 avevo in testa la Politica, non il Pallone, ma siccome stavo nella parte sbagliata mi resi conto che per lavorare avrei dovuto cantare i gol e i loro mitici autori. Quando più maturo conobbi il bomber del ‘61, Sergio Brighenti, 28 gol nella Sampdoria (4 gnocchi all’Inter di Herrera) mi resi conto che esisteva un altro mondo che avrei raccontato volentieri: il calcio dal volto umano. Ho incontrato spesso Sergio e con lui ho trascorso momenti sereni, allegri, senza sfoghi amari, senza battute velenose; mi ha aiutato, con il suo buonsenso quando, più tardi... epurato e spostato dal Carlino a Stadio, finii per innamorarm­i del nuovo mestiere. Allora, sessant’anni fa, correvo ai concerti rock ma già sentivo parlare con accenti critici del Bologna di Bonafin, Campana, Cervellati e Vinicio (e del giovanissi­mo Bulgarelli) che solo con l’arrivo di Negri, Nielsen e Haller diventó da scudetto dopo essere stato “da paradiso” - come disse Bernardini nel ’63. Contempora­neamente imparai che la Juventus era la Vecchia Signora di Charles, Sivori e Boniperti, ma anche degli Agnelli. In quel tempo nacque la feroce inimicizia fra Juve e Inter per decisioni federali sgradite ai nerazzurri in seguito alle quali l’Inter mandò a Torino contro i bianconeri i ragazzi della De Martino, sconfitti dal feroce Sivori, onorati da un gol di un giovane talento, Sandro Mazzola.

Quel giorno Boniperti consegnò gli scarpini al custode. Fu anche la stagione in cui l’Inter venne clamorosam­ente battuta al Cibali. Non ricordo i moduli di quel tempo, non usava parlarne, diventai offensivis­ta, più tardi Brera mi convertí. Sessant’anni dopo sono cambiate piccole sciocche cose, tipo la Var, e si parla anche di playoff come se giocassimo a pallacanes­tro; in realtà nulla è cambiato, non solo perché l’Odiamata Juve e la Beneamata Inter continuano a detestarsi ma per la capacità di questo bellissimo gioco di partecipar­e alla partita più grande, quella della vita. Come oggi.

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Antonio Valentín Angelillo, all’Inter dal 1957 al 1961

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