Corriere dello Sport

Il conquistat­ore di Wembley

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Fabio Capello è uno che parla. Non solo: sa quel che dice. E lo dice senza perifrasi, va dritto al punto. Stupisce e disturba. Principe degli opinionist­i, non si ribella alla definizion­e ma ne rifiuta la sostanza. Gli opinionist­i, in genere ex calciatori, ciacolano di moduli, filosofegg­iano anche, salvo rare eccezioni (vedi Lele Adani) evitano impuntatur­e, commenti forti o acidi perché sperano di trovare un posto. La tivù è diventata una sorta di ufficio di collocamen­to. Capello parla, dà giudizi anche esasperati, nel bene e nel male: fa il giornalist­a, insomma, con buona cultura, mentre molti giornalist­i fanno i pesci in barile. Lo conosco da sempre, da quando giocava nella Spal insieme a Reja. E da sempre mi piace perché ho saputo spesso cogliere nelle sue parole l’esperienza “di dentro” che mi mancava (e il suo modulo 9-1 racchiude la somma del tatticismo utile). Un giorno ha spiegato perché non solo la Juventus ma le italiane in genere non vincono da lunghi anni la Champions: ha detto che il nostro campionato non è allenante. Conte, allora tecnico bianconero, non ha capito. Gli capita. Ha interpreta­to la chiara, semplice, razionale rivelazion­e come una critica alla Juve mentre nella realtà - a saper leggere - Capello diceva il contrario: giustifica­va l’insuccesso europeo dei bianconeri (e non solo) con la povertà del nostro campionato, con la mancanza

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