Media company i diritti dei club di B e la “linea” Balata
La Lega di A smentisce ipotesi di ripartizioni. Ma il rischio di un conflitto viene da lontano
Le grandi manovre elettorali saranno anche iniziate, ma gli interessi (legittimi) in campo restano sempre gli stessi e sono evidentemente economici. Il futuro del calcio italiano è adesso e non solo perché la pandemia ha scoperchiato le difficoltà di un sistema già da tempo bisognoso di manutenzioni profonde, se non proprio di un nuovo motore per essere sostenibile nel tempo e affrontare sfide impellenti, spartiacque decisivo. Regole univoche e sostenibilità finanziaria, temi che lo stesso presidente della Serie B Mauro Balata aveva individuato sin dall’Assemblea Elettiva che portò Gabriele Gravina alla guida della Figc il 22 ottobre del 2018. Il tentativo in atto di creare una media company per assicurare energie indispensabili al calcio professionistico italiano attraverso la commercializzazione dei diritti tv va proprio in questa direzione. Ma la strada da compiere per centrare gli obiettivi non è una variabile ininfluente.
PROGETTI E TENSIONI. Ecco perché appare evidente anche il significato delle richieste di chiarimento e di coinvolgimento avanzate dai club cadetti. Votate non a caso all’unanimità nell’ultima Assemblea e sostenute da presidenti spesso non allineati su un’unica posizione politica, le rivendicazioni della seconda Lega professionistica italiana sono state accolte con stupore dai vertici della Lega A impegnata a creare un valore economico maggiore da mettere a diposizione di tutti non solo dei grandi club che creano ed animano lo show da cui tutto deriva. E allora perché tante perplessità? Se l’intento è lodevole, le inc ognite non diminuiscono benché i meccanismi della ripartizione dei benefici dell’intera operazione siano tutt’altro che stabiliti. Bisognerà, però, discuterne, per non correre il rischio di esacerbare conflitti che covano sotto la cenere sin dai tempi della separazione tra le Leghe (29 luglio 2009) e che solo la diplomazia e la lungimiranza di Andrea Abodi, durante il suo settennato di direzione della Serie B, hanno evitato che esplodessero. Pensare che il nodo della mutualità irrisolta dell’1,5% (la Lega A dovrebbe cedere il 7% e invece dà il 6%) possa essere cancellato del tutto sarebbe utopistico. Anzi più volte il rispetto di quell’accordo è stato rivendicato da Balata nell’interesse delle società rappresentate, un accordo che avrebbe dovuto fruttare circa 16 milioni di euro, ossigeno vitale per le serie inferiori.
NOI E L’EUROPA. Inclemente il raffronto con l’Europa. Infatti, Ligue 2, Liga Adelante, Bundesliga 2 e Championship viaggiano con percentuali fra il 12 e il 20%. E allora è chiaro che dinanzi alla prospettiva di costituire una new company, la Lega B voglia entrare nel merito perché verrebbero commercializzati diritti su beni futuri che appartengono anche ai club cadetti. E i conti non tornerebbero più se si arrivasse a una vendita di diritti tv del triennio 2021/2024, con i ricavi divisi fra le 20 squadre di A di questa stagione. Un’ipotesi evidentemente distorsiva denunciata anche dall’Ad del Monza Adriano Galliani e smentita dalla A che ha fatto sapere «di non essere mai entrata nel merito di questa ripartizione». Ma se fosse confermata anche solo in parte altererebbe l’equilibrio competitivo, assegnando molti soldi a chi l’anno prossimo retrocederà dalla A in B. Uno squilibrio che sarebbe assai maggiore di quello creato dallo stesso “paracadute” che pure non ha evitato il fallimento di grandi club, Palermo e Bari ultime di un’interminabile serie.