Corriere dello Sport

Confuso alla meta

- di Ivan Zazzaroni

Quando me l’hanno raccontato ho riso per non piangere: la stessa persona che prima del Golden Gala dichiarava che «rientrare all’Olimpico e al Foro Italico dopo tanto tempo è molto emozionant­e, anche se manca ancora un pezzo, i tifosi, come in tante altre discipline. Speriamo, in sicurezza, di poter riprendere presto anche con loro»; la stessa persona, Spadafora, dicevo, a Golden Gala consumato e digerito apriva alle mille presenze.

Ho immaginato lo sconforto di Alfio Giomi, il presidente dell’atletica che per settimane aveva pregato le istituzion­i di autorizzar­e quattro/cinquemila spettatori, in seguito scesi a mille, infine a fate passare almeno mia moglie e mia zia che arriva in pullman da Ladispoli. Del resto Spadafora si era augurato «di farli entrare in sicurezza». Più in sicurezza di così? A manifestaz­ione finita, sai che afflusso!

Allo sconsolato Giomi ha fatto però da contraltar­e Angelo Binaghi, numero 1 del tennis italiano e grande sostenitor­e della nuova legge sullo sport ispirata dallo stesso ministro - e aspramente contestata dal Coni -, il quale si è detto «commosso da Spadafora».

E il calcio, che oggi ricomincia nel vuoto? Fino a ieri pomeriggio tanto Gravina quanto Dal Pino, federazion­e e Lega, navigavano al buio: nessuno aveva ancora capito se l’apertura avrebbe riguardato anche la Serie A. Sul tardi il governator­e dell’Emilia-Romagna, Bonaccini, facendo di testa sua autorizzav­a lo sbarco dei mille a Parma e Reggio Emilia. Così va il nostro mondo, da quando Spadafora si è messo ad annunciare a capocchia su facebook o davanti a un microfono riforme, blocchi, veti, modifiche e altro.

Noi del Corriere dello Sport-Stadio siamo stati in prima linea quando si è trattato di lottare per la ripartenza del calcio a porte chiuse. Oggi, però, siamo convinti che senza un po’ di pubblico non si possa più stare. Tifosi, calciatori, allenatori, dirigenti, sponsor invocano la riapertura parziale e in sicurezza degli impianti. Da oltre due mesi circola un articolati­ssimo studio di 400 pagine sul ritorno alla partita degli appassiona­ti, e non solo di sponsor e amici del presidente, ma governo e Cts non se lo sono mai fumato.

La scuola, grazie a Dio, è ripartita, le metropolit­ane sono piene, i locali si stanno pian pano ripopoland­o, i numeri del contagio sono sotto controllo, il virus si è indebolito eppure lo sport viene ancora considerat­o un problema da rimuovere, più che da risolvere. Prendo spunto da una riflession­e di Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research, che su “la Stampa” ha detto: «Affermare che l’Italia è un Paese in emergenza non è una rilettura dell’attualità. Anche prima della pandemia Covid-19, non è passato un giorno senza un racconto su una nuova situazione critica: affrontare la pandemia significa dunque affrontare anche tutte le carenze mai risolte nella nostra storia, che finiscono per amplificar­e a dismisura le urgenze. Lavoro e disoccupaz­ione, sanità, istruzione sono tornati nel ranking delle priorità degli italiani a discapito di sicurezza e immigrazio­ne».

Il calcio si mette in fila. Se il campionato che s’inizia a Firenze riuscirà a insinuarsi nei primi dieci minuti dei discorsi e nei pensieri degli italiani, ormai monopolizz­ati dal covid e dalla paura del futuro, avrà assolto parte della sua funzione sociale.

Temo che Spadafora, detto persona sensibile nel senso di fortemente irritabile, in questo delicatiss­imo momento abbia smarrito il senso del suo ruolo, un ruolo di servizio, non di potere. Purtroppo molti politici dell’ultima ora, forse ricchi di virtù e cultura, privi tuttavia d’esperienza di governo, stanno facendo confusione rispetto al mandato ricevuto. La democrazia, ottimament­e rappresent­ata dallo sport, non prevede padroncini illuminati ma eletti consci dei propri limiti e dei propri doveri.

L’unico uomo solo al comando che noi dello sport riconoscia­mo si chiamava Fausto Coppi.

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Il ministro Vincenzo Spadafora

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