Corriere dello Sport

«NON PROCESSATE ALEX SCHWAZER»

La procura chiede l’archiviazi­one per il marciatore squalifica­to per doping Il legale: «Mi avrebbe sorpreso una richiesta di rinvio a giudizio Lo tuteleremo in ogni sede»

- Di Francesca Castagna

Il processo Schwazer potrebbe essere vicino a un punto finale. Questa volta, per davvero. A quasi cinque anni di distanza da quel prelievo di un campione di urine richiesto al marciatore azzurro nella sua abitazione di Racines, la procura di Bolzano ha chiesto l’archiviazi­one del procedimen­to che coinvolge Alex, accusato di aver fatto uso di sostanze illecite proprio a seguito del controllo effettuato l’1 gennaio 2016. Accusa che è costata a Schwazer l’esclusione dall’Olimpiade di Rio 2016 e una squalifica fino al 2024. Adesso la palla passa al Gip del tribunale di Bolzano, Walter Pelino, che dovrà decidere se dare seguito alla richiesta, mettendo fine al processo.

Sarebbe la proverbial­e luce in fondo al tunnel. Un tunnel lunghissim­o e buio, per Schwazer, che si è sempre dichiarato innocente, anzi vittima di un complotto. Troppe stranezze, troppe opacità, nella gestione del suo campione di urine prima, e dell’esito dell’analisi poi. Sì, perché l’ufficialit­à del riscontro positivo era arrivato nel giugno 2016, tardissimo, e giusto alla vigilia di un’Olimpiade che avrebbe potuto consacrarl­o definitiva­mente, spazzando via il peso della squalifica per Epo del 2012.

SOSPETTI. Nel settembre 2019 il lunghissim­o incidente probatorio condotto dal Gip Pelino, incentrato sull’analisi condotta dal colonnello dei Ris, Giampietro Lago, si era soffermato anche su altri punti critici della vicenda, come l’etichettat­ura “Racines” comparsa sul campione, a quel punto tutt’altro che anonimo. E sul viaggio, una vera e propria maratona, che quella provetta aveva compiuto, con una prima tappa a Stoccarda e poi l’arrivo a Colonia, dove è stata rilevata la presenza illecita di testostero­ne. Proprio in questi passaggi, è la tesi della difesa di Schwazer, sarebbe avvenuta una doppia manomissio­ne: dapprima l’eliminazio­ne di un dna estraneo, e poi l’infusione con quello del marciatore azzurro, oro olimpico a Pechino 2008.

La lotta di Schwazer, in questi anni, è stata anche quella del suo allenatore Sandro Donati, uno dei volti più importanti della lotta per un’atletica pulita. E quella dell’avvocato difensore Gerhard Brandstaet­ter, che ieri ha dichiarato all’Ansa: «Siamo stati sempre convinti che sarebbe finita così. Sorprenden­te sarebbe stata casomai la richiesta di rinvio a giudizio. È importante che sia proprio l’accusa, ora, a richiedere l’archiviazi­one. Adesso attendiamo i prossimi passi e un’eventuale opposizion­e alla richiesta. Faremo di tutto per tutelare l’integrità di Alex, sia in sede di giustizia ordinaria che sportiva».

Proprio la giustizia sportiva sarà il prossimo, e più impegnativ­o, nodo da affrontare. Il braccio di ferro fra Schwazer, World Athletics (la federazion­e mondiale di atletica) e la Wada, l’agenzia mondiale antidoping, è a un punto cruciale, ma il verdetto del Tas di Losanna, confermato dal tribunale federale svizzero un anno fa, lo tiene ancora inchiodato alla sua squalifica fino al 2024. Se l’evoluzione del processo di Bolzano cambierà le cose, alla vigilia dei Giochi di Tokyo, per Alex Schwazer si aprirebbe uno spiraglio non più solo umano, nel vedere riconosciu­ta la propria innocenza.

 ?? ANSA ?? Alex Schwazer, 35 anni, nel giorno più bello: quello dell’oro ai Giochi di Pechino 2008 sulla 50 km
ANSA Alex Schwazer, 35 anni, nel giorno più bello: quello dell’oro ai Giochi di Pechino 2008 sulla 50 km
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