Conte-Mihajlovic la partita dei nervi
Antonio scuote l’Inter: Siamo ripartiti tappandoci le orecchie Sinisa avverte il Bologna: Se trovo la spia, l’attacco al muro
Acaccia di continuità. Reduce da due vittorie consecutive, ora Conte intende accelerare. Prima in campionato e poi in Champions, anche se in Europa c’è il… “piccolo” inconveniente di non essere più padroni del proprio destino. Qualcosa, però, è cambiato dopo la sconfitta casalinga con il Real Madrid. E’ come se il pianeta nerazzurro si sia resettato: la squadra, dal punto di vista tattico – addio trequartista, baricentro abbassato di una decina di metri e pressing meno esasperato -, e pure il tecnico, che ha modificato il suo atteggiamento, verso l’esterno, ma anche all’interno, con il ritorno delle punture nei confronti della dirigenza. La correzione di rotta ha prodotto subito risultati importanti, perché le vittorie contro Sassuolo e Borussia Moenchengladbach sono state tutt’altro che banali. Per acquisire definitivamente valore, però, occorre che siano solo la base di partenza.
ABITUDINE DA CAMBIARE. La prima verifica in questo senso, dunque, è con il Bologna. «Vogliamo dare continuità al nostro percorso», ha garantito Conte, per poi ricordare che c’era molto da conquistare: «C’è sempre da migliorare ed è il motivo per cui continuiamo a lavorare. Possiamo crescere nell’organizzazione tattica, nello spirito, nell’approccio e nella gestione». Volendo, quello del tecnico leccese è stato elenco degli aspetti in cui la sua squadra, a rotazione, è venuta a mancare. Con Torino e Real, ad esempio, l’atteggiamento iniziale era stato disastroso. Beh, tanto per gradire, con Sassuolo e Borussia, invece, si è vista un’Inter che ha subito aggredito la gara. Da capire se qualche incidenza la possa avere il fatto di giocare in casa piuttosto che in trasferta. Tra campionato e Champions, nelle 6 gare disputate a San Siro, Handanovic e soci sono sempre andati sotto nel punteggio, in 5 occasioni incassando il primo gol, e nelle ultime 4, addirittura, ritrovandosi a inseguire un doppio svantaggio. «Se le statistiche dicono questo, significa che dovremo essere più bravi. Ma non so quanto possa contare adesso giocare in casa o in trasferta. I tifosi non ci sono e la differenza riguarda solo il fatto di giocare nel nostro stadio. Ma a livello di ambiente non c'è qualcosa che ti possa dare o togliere».
MURO ALZATO. Come già sottolineato, l’ultimo Conte è diverso da quello che ha cominciato la stagione. Non è nemmeno quello che aveva concluso quella passata, ma, davanti alle critiche, ha scelto di alzare un muro. All’interno del quale ha messo sé stesso e la squadra. Prova ne sia che, quando gli è stato chiesto cosa l’avesse reso più orgoglioso della sua squadra nelle vittorie di Reggio Emilia e di Moenchengladbach, la sua risposta è stata: «Il fatto che ci siamo tappati le orecchie e che abbiamo pensato solo a giocare e a fare del nostro meglio». E quelle parole sono state accompagnate da un’espressione sul volto che era tutto un programma. Ovviamente non si tratta di una novità. Basti ricordare come Conte aveva vissuto la vigilia del match con l’Atalanta. Allora, però, il suo umore nero era dovuto al Covid e alle nuove positività. Stavolta, invece, è come se avesse individuato un nemico da tenere a distanza e a cui non concedere nulla.
ROTAZIONI RIDOTTE. Significativo, in questo senso, anche il gelo mostrato quando il focus si è spostato sulle condizioni di Nainggollan. «Non ha recuperato, non ci sarà. Le sue prospettive? Per quel che riguarda le situazioni dei singoli giocatori dovete chiedere alla società». Come dire che sul Ninja non ci fa più conto, dopo l’impiego ridotto riservatogli fin qui. Il belga, insomma, sembra destinato a partire a gennaio. Come Eriksen – 9’ in campo, senza mai alzarsi dalla panchina in 4 delle ultime 6 gare – e ovviamente Vecino. Significa che a centrocampo, le rotazioni sono ridotte a 5 uomini, tra cui Sensi, non ancora nella migliore condizione, per 3 posti. Inevitabile, insomma, una new-entry nel reparto durante la finestra invernale.
«A S.Siro andiamo spesso sotto? Sarà ma il fattore campo adesso non conta»