SINISA: BOLOGNA UNA SPIA È FRA NOI
«Chi è? Non lo so, se lo scopro lo attacco al muro» Tensione alta a Casteldebole, ma la verità è un’altra
Dice Sinisa Mihajlovic che due giorni fa ha provato «apposta un nuovo assetto tattico solo per vedere se i giornali ne avrebbero parlato». E ovviamente ne hanno parlato. Ma si fa «apposta» qualcosa di diverso a poche ore da una gara decisiva? Più che uno scossone, quello dato alla vigilia della sfida di San Siro contro l’Inter è una sua rappresentazione del mondo con le lenti di Mihajlovic. Ancora Sinisa: «Vuol dire che qui c’è una persona che parla con i giornalisti: non so se sia un giocatore per avere mezzo voto in più o qualcun altro, non ne ho idea, ma state certi che lo troverò e lo attaccherò al muro, per lui saranno cazzi amari».
PERCHÈ. Non è giusto fermarsi alla superficie. Non è nemmeno sufficiente l’idea che la conferenza stampa di ieri sia un modo per confondere le acque, dopo la fuga di notizie: tentativo per far credere a Antonio Conte che quel modulo, in 5 in difesa per bloccare l’Inter, non sarà realtà. No, per capire Mihajlovic e le sue parole è necessario scendere più a fondo, andare in profondità. Perché queste frasi? Che cosa vogliono dire? Nel calcio moderno, quello che ha alzato un muro nella comunicazione, che ha accettato una divisione netta tra la stampa e la società, tra i giocatori e il resto del mondo, accusare qualcuno di spionaggio è grave. Addirittura inaudito. Nello spogliatoio il rischio è che si creino tensioni, sospetti, cioè semi negativi che potrebbero germogliare nei momenti più difficili, quando le cose non vanno. Dentro i box di Formula Uno, al contrario, le vicende da spy story sono all’ordine del giorno. I segreti industriali si rubano, le narrazioni crime diventano ordinarie. Ma nel calcio? Mihajlovic ha poi detto che «c’eravamo solo noi al campo ad allenarci ed è uscito tutto, come mai? Delle altre squadre non si capisce mai nulla su chi giocherà, invece della nostra si conosce sempre tutto in anticipo».
POSSIBILITÀ. È vero, qualcuno potrebbe aver spifferato. Ma a Casteldebole esiste anche un punto vicino al centro tecnico da cui si può guardare, da lì il campo si vede, basta avere una buona vista o un cannocchiale da pochi euro. Lo sanno tutti, e lo sanno bene anche dentro al Bologna. Mihajlovic lo sa? Quella del modulo fittizio, costruito ad hoc per scovare una talpa è una storia che ha sfumature degne di Hitchcock, maestro della suspense. La suspense è un meccanismo che si basa sull’inconsapevolezza del personaggio: tutti sanno cosa gli sta per accadere tranne lui. Forse Mihajlovic non sa che Casteldebole si lascia guardare, che ci sono zone aperte agli sguardi. E forse, se lo sapesse, pretenderebbe maggiori controlli. E farebbe sì, ancora più rumore. Comunque molte delle risposte si avranno stasera, quando Mihajlovic getterà sul tavolo le carte: modulo di sempre o modulo nuovo? Qual era il vero bluff? «Non abbiamo mai cambiato modo di giocare. Forse, finalmente, nelle ultime uscite siamo stati un po’ più fortunati, perché vedo squadre che vincono dopo che gli avversari hanno colpito quattro pali, mentre noi subiamo gol al primo tiro in porta».
PARTITA. Mihajlovic sa che «chiaramente conta il risultato», ma i dati dicono che il Bologna «subisce meno rispetto ad altre squadre, e che molto spesso è superiore per possesso palla, tiri in porta e corner: le prestazioni ci sono sempre state». Contro l’Inter non sarà facile, ma è una sfida che il Bologna ha sempre affrontato bene. Occhi puntati su Barrow, «a cui voglio bene come un figlio» dice Mihajlovic. «L’ho voluto io e grazie alla società che l’ha preso. Cerco sempre di spronarlo e sappiamo che quello che gli manca è il carattere e un po’ di fame, anche se dovrebbe averla. Il nostro è un rapporto sincero e leale, parliamo spesso». San Siro fu la sua prima vittoria di Mihajlovic al suo ritorno a Bologna. Ma attenzione a Lukaku. «Il Sinisa difensore non riuscirebbe a fermare Lukaku: è più veloce, più forte e più grosso di me. Magari su un ring ci riuscirei, ma in una partita di calcio non sono ammessi colpi proibiti». E fuori dal campo sì?
«Ho provato apposta un assetto tattico per vedere se fosse trapelato qualcosa»