E la rateizzazione non c’è più
Approvato dal Cdm il decreto fiscale: tagliato il rinvio delle scadenze per il calcio Figc e Leghe chiedevano aiuti per contributi e tasse Il governo potrebbe risolvere con una legge di bilancio
Nel decreto fisco-lavoro approvato ieri dal Consiglio dei Ministri manca la rateizzazione di tasse e contributi che il calcio attendeva per dare sollievo alla complessa situazione finanziaria dei club. Il provvedimento figurava al primo punto della lettera inviata al governo dalla Figc il 30 luglio scorso. L’oggetto della richiesta era, tutto sommato, modesto: rinviare nel tempo contributi INPS dovuti solo per il periodo giugno-dicembre e versamenti IRPEF del periodo marzo-dicembre, perché a fine anno giungerà comunque al termine lo stato d’emergenza dichiarato per fronteggiare la pandemia. Benché limitato, sarebbe stato tuttavia un segnale concreto in cui molte società speravano ma che, in fin dei conti, non è arrivato.
Il decreto non avrebbe comportato la cancellazione degli obblighi ma solo un rinvio delle scadenze con cui rendere leggermente più sopportabile un carico finanziario aggravato da un anno e mezzo di chiusura degli stadi: non avrebbe quindi danneggiato il contribuente né aperto sacche di astensione dai doveri. Peraltro, Leghe e FIGC chiedevano almeno tre anni di rateizzazione mentre il governo aveva fatto sapere informalmente di essere disponibile a concederne due. È bene anche osservare che il problema non riguarda solo i grandi club, ma centinaia di società minori che non possono contare sui diritti televisivi oltre ad essere, naturalmente, a corto di sponsor. Realtà in gran parte locali, per le quali il botteghino rappresenta la fonte primaria di sopravvivenza: grida di dolore si levano, non a caso, anche dalla Lega Pro.
Fonti del governo attribuiscono ai tecnicismi della produzione legislativa un incidente non imputabile – si dice – a precise volontà politiche, ma alla difficoltà di confezionare un provvedimento specifico attraverso meccanismi tecnici complicati che oltre al dicastero proponente (lo Sport) coinvolgono anche i tecnici del Ministero per l’Economia.
Da ambienti della Lega Serie A si punta l’indice su un impegno poco attivo da parte del ministero competente. Si parla di richieste formulate al MEF tardivamente o carenti di allegati essenziali per garantire la possibilità di confezionare il provvedimento entro i termini. Il tutto in un clima di sospetto strisciante, certamente esacerbato anche dalle improvvide dichiarazioni con cui la sottosegretaria con delega allo sport Valentina Vezzali aveva reagito a luglio alle richieste di Gravina. La prossima settimana dovrebbe tenersi un incontro tra il capo della FIGC e l’esponente del governo per concordare i prossimi passi. Dal governo garantiscono che l’incidente è superato e che l’impegno a riconoscere le ragioni del calcio non verrà meno. L’occasione per dimostrarlo potrà essere raccolta nella legge di bilancio, in cui questo provvedimento sfortunato potrà essere recuperato. Il calcio è oggi il maggiore contributore all’equilibrio economico dello sport italiano, anche di quello minore, ma è pure un ingranaggio importante nel bilancio dello Stato con un contributo netto, fiscale e previdenziale, stimabile in 14 miliardi negli ultimi 13 anni. Mentre dalla FIGC si riconosce un’attenzione concreta della politica su alcuni temi (i rimborsi delle spese sanitarie o l’estensione agli sportivi del trattamento fiscale favorevole per i rimpatriati) tutto il mondo del calcio rammenta però che l’emergenza Covid lascerà tracce profonde nei prossimi anni e che gli interventi non possono bastare. Molti club, soprattutto minori, rischiano di non passare ‘a nuttata e i danni di fallimenti a catena si estenderebbero all’intero sistema-Paese, già alle prese con emergenze molto gravi in altri settori. Il problema non è solo economico ma, anzitutto, finanziario perché le aziende falliscono per mancanza di cassa non per perdite economiche superabili se gli azionisti possono coprirle o se la disponibilità di credito può alleviarle. Ecco perché un provvedimento che aiuti a contenere l’emorragia finanziaria, per quanto modesto, potrebbe essere più incisivo di quanto si pensi.