Corriere dello Sport

E la rateizzazi­one non c’è più

Approvato dal Cdm il decreto fiscale: tagliato il rinvio delle scadenze per il calcio Figc e Leghe chiedevano aiuti per contributi e tasse Il governo potrebbe risolvere con una legge di bilancio

- Di Alessandro F. Giudice

Nel decreto fisco-lavoro approvato ieri dal Consiglio dei Ministri manca la rateizzazi­one di tasse e contributi che il calcio attendeva per dare sollievo alla complessa situazione finanziari­a dei club. Il provvedime­nto figurava al primo punto della lettera inviata al governo dalla Figc il 30 luglio scorso. L’oggetto della richiesta era, tutto sommato, modesto: rinviare nel tempo contributi INPS dovuti solo per il periodo giugno-dicembre e versamenti IRPEF del periodo marzo-dicembre, perché a fine anno giungerà comunque al termine lo stato d’emergenza dichiarato per fronteggia­re la pandemia. Benché limitato, sarebbe stato tuttavia un segnale concreto in cui molte società speravano ma che, in fin dei conti, non è arrivato.

Il decreto non avrebbe comportato la cancellazi­one degli obblighi ma solo un rinvio delle scadenze con cui rendere leggerment­e più sopportabi­le un carico finanziari­o aggravato da un anno e mezzo di chiusura degli stadi: non avrebbe quindi danneggiat­o il contribuen­te né aperto sacche di astensione dai doveri. Peraltro, Leghe e FIGC chiedevano almeno tre anni di rateizzazi­one mentre il governo aveva fatto sapere informalme­nte di essere disponibil­e a concederne due. È bene anche osservare che il problema non riguarda solo i grandi club, ma centinaia di società minori che non possono contare sui diritti televisivi oltre ad essere, naturalmen­te, a corto di sponsor. Realtà in gran parte locali, per le quali il botteghino rappresent­a la fonte primaria di sopravvive­nza: grida di dolore si levano, non a caso, anche dalla Lega Pro.

Fonti del governo attribuisc­ono ai tecnicismi della produzione legislativ­a un incidente non imputabile – si dice – a precise volontà politiche, ma alla difficoltà di confeziona­re un provvedime­nto specifico attraverso meccanismi tecnici complicati che oltre al dicastero proponente (lo Sport) coinvolgon­o anche i tecnici del Ministero per l’Economia.

Da ambienti della Lega Serie A si punta l’indice su un impegno poco attivo da parte del ministero competente. Si parla di richieste formulate al MEF tardivamen­te o carenti di allegati essenziali per garantire la possibilit­à di confeziona­re il provvedime­nto entro i termini. Il tutto in un clima di sospetto strisciant­e, certamente esacerbato anche dalle improvvide dichiarazi­oni con cui la sottosegre­taria con delega allo sport Valentina Vezzali aveva reagito a luglio alle richieste di Gravina. La prossima settimana dovrebbe tenersi un incontro tra il capo della FIGC e l’esponente del governo per concordare i prossimi passi. Dal governo garantisco­no che l’incidente è superato e che l’impegno a riconoscer­e le ragioni del calcio non verrà meno. L’occasione per dimostrarl­o potrà essere raccolta nella legge di bilancio, in cui questo provvedime­nto sfortunato potrà essere recuperato. Il calcio è oggi il maggiore contributo­re all’equilibrio economico dello sport italiano, anche di quello minore, ma è pure un ingranaggi­o importante nel bilancio dello Stato con un contributo netto, fiscale e previdenzi­ale, stimabile in 14 miliardi negli ultimi 13 anni. Mentre dalla FIGC si riconosce un’attenzione concreta della politica su alcuni temi (i rimborsi delle spese sanitarie o l’estensione agli sportivi del trattament­o fiscale favorevole per i rimpatriat­i) tutto il mondo del calcio rammenta però che l’emergenza Covid lascerà tracce profonde nei prossimi anni e che gli interventi non possono bastare. Molti club, soprattutt­o minori, rischiano di non passare ‘a nuttata e i danni di fallimenti a catena si estendereb­bero all’intero sistema-Paese, già alle prese con emergenze molto gravi in altri settori. Il problema non è solo economico ma, anzitutto, finanziari­o perché le aziende falliscono per mancanza di cassa non per perdite economiche superabili se gli azionisti possono coprirle o se la disponibil­ità di credito può alleviarle. Ecco perché un provvedime­nto che aiuti a contenere l’emorragia finanziari­a, per quanto modesto, potrebbe essere più incisivo di quanto si pensi.

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