Briatore is back La nuova vita dell’uomo-F.1
Mondiale con Schumi e Alonso Finito nel “crashgate”, torna nelle vesti di ambasciatore del brand
Una vita da sogno, barche da sogno, party da sogno. E adesso anche un ruolo da «sognio», come diceva Crozza in uno dei suoi trasformismi più riusciti. Flavio Briatore is back. Torna in Formula 1 con un ruolo eccezionale, ideale, immaginifico, ipergalattico. Un po’ come è lui, a 71 anni ancora sulla cresta dell’onda e coi capelli al vento. «Sono lieto e onorato di poter continuare a supportare lo sviluppo commerciale e di intrattenimento della F.1, lo sport che amo e che è stato una parte così importante della mia vita professionale», ha confessato Flavio, più brizzolato che mai. Brand Ambassador della F.1: qualsiasi cosa voglia dire, il ruolo è questo qui (e attendiamo nuove e mirabolanti versioni di Crozza).
Cominciò tutto un autunno fa, ottobre 2021, quando Stefano Domenicali, Ceo della F.1, si fece immortalare in un video su Instagram: «Stay tuned! Ci sarà tanto divertimento nella prossima stagione». Al suo fianco, chi?, proprio lui: Flavione. Camicia nera, mani in tasca, occhiali rotondi e fumé: «Nuova energia, nuova potenza, nuove emozioni: Formula 1». Ah, che sogno!
MAI FERMO. Quello di Briatore in F.1 è un eterno ritorno. Già riabilitato e scagionato dopo i fatti del 2008 o “crashgate” (Nelson Piquet jr disse che Briatore gli aveva ordinato di andare a muro per far vincere Alonso), Flavio torna nel suo stile: in grande. Sul tramonto degli anni 80 confessava che la Formula 1 «non è uno sport, è business». L’alba di una nuova era stava arrivando, la sua.
Figlio di due maestri di scuola elementare, cuneese di Verzuolo, trasferitosi a Montaldo di Mondovì, diploma di geometra (tesina sul
progetto di una stalla), due bocciature, maestro di sci, poi ristoratore, poi assicuratore. Solo più tardi è arrivata la vocazione, ma quella vera: imprenditore. Nel 2005, in un’intervista-confessione a Repubblica, dirà: «I soldi servono a pagare i dottori». Precisando però che «la ricchezza mi ha consentito di comprare la libertà. Traduco: faccio quello che voglio, vivo nei migliori alberghi del mondo e posso prendere qualsiasi decisione senza dovermi prima chiedere: ma questa roba me la posso davvero permettere?». Si è potuto permettere tutto, il Briatore. Sempre a disfare, inseguire, creare. Da piccolo lo chiavano “tribula”, uno che non sta mai fermo. Infatti voleva fuggire, andare via dai monti che gli stavano stretti. «Nessuno è perfetto, questo è il bello della vita», dirà.
«Aiuterò lo sviluppo commerciale e di intrattenimento» Obiettivo perfezione
PERFEZIONE. Eppure la perfezione Flavio l’ha inseguita sempre. Nel look, nel fashion, nel “food and beverage”, negli hotel di lusso, nei locali diventati un’icona (il Billionaire vi dice qualcosa?), nei libri che non legge («Non mi piace e non ho tempo») ma che ha pubblicato. O nella Formula 1, in cui entrò nel 1989. Perfezione che Briatore raggiunse nel 1994, quando vinse il primo dei due titoli con la Benetton e con Michael Schumacher. Aveva lottato contro tutto e tutti, quell’anno accusarono il team di aver usato sistemi illegali. «Lei si sente nel mirino?», gli chiesero. «Sì, ma cerchiamo di essere obiettivi. Non ci fermeranno: il Mondiale è nostro». L’anno dopo replicò vincendo anche il titolo costruttori. Dirà: «Non eravamo più i produttori di magliette, ma eravamo la squadra da battere».
Determinato, felice, indaffarato («Mentre gli altri giocano a golf, io lavoro»), un uomo che si è fatto sogno, sempre circondato da donne bellissime. Nel 2005 e nel 2006 realizzò altri due capolavori con Fernando Alonso e la Renault. Constatando che: «C’è una bella differenza tra vincere con la Ferrari e vincere con la Benetton e la Renault. Quello che ha fatto i miracoli sono io, non loro, ma mi sono costati sangue». Mica sogni.