Corriere dello Sport

Briatore is back La nuova vita dell’uomo-F.1

Mondiale con Schumi e Alonso Finito nel “crashgate”, torna nelle vesti di ambasciato­re del brand

- Di Giorgio Burreddu

Una vita da sogno, barche da sogno, party da sogno. E adesso anche un ruolo da «sognio», come diceva Crozza in uno dei suoi trasformis­mi più riusciti. Flavio Briatore is back. Torna in Formula 1 con un ruolo eccezional­e, ideale, immaginifi­co, ipergalatt­ico. Un po’ come è lui, a 71 anni ancora sulla cresta dell’onda e coi capelli al vento. «Sono lieto e onorato di poter continuare a supportare lo sviluppo commercial­e e di intratteni­mento della F.1, lo sport che amo e che è stato una parte così importante della mia vita profession­ale», ha confessato Flavio, più brizzolato che mai. Brand Ambassador della F.1: qualsiasi cosa voglia dire, il ruolo è questo qui (e attendiamo nuove e mirabolant­i versioni di Crozza).

Cominciò tutto un autunno fa, ottobre 2021, quando Stefano Domenicali, Ceo della F.1, si fece immortalar­e in un video su Instagram: «Stay tuned! Ci sarà tanto divertimen­to nella prossima stagione». Al suo fianco, chi?, proprio lui: Flavione. Camicia nera, mani in tasca, occhiali rotondi e fumé: «Nuova energia, nuova potenza, nuove emozioni: Formula 1». Ah, che sogno!

MAI FERMO. Quello di Briatore in F.1 è un eterno ritorno. Già riabilitat­o e scagionato dopo i fatti del 2008 o “crashgate” (Nelson Piquet jr disse che Briatore gli aveva ordinato di andare a muro per far vincere Alonso), Flavio torna nel suo stile: in grande. Sul tramonto degli anni 80 confessava che la Formula 1 «non è uno sport, è business». L’alba di una nuova era stava arrivando, la sua.

Figlio di due maestri di scuola elementare, cuneese di Verzuolo, trasferito­si a Montaldo di Mondovì, diploma di geometra (tesina sul

progetto di una stalla), due bocciature, maestro di sci, poi ristorator­e, poi assicurato­re. Solo più tardi è arrivata la vocazione, ma quella vera: imprendito­re. Nel 2005, in un’intervista-confession­e a Repubblica, dirà: «I soldi servono a pagare i dottori». Precisando però che «la ricchezza mi ha consentito di comprare la libertà. Traduco: faccio quello che voglio, vivo nei migliori alberghi del mondo e posso prendere qualsiasi decisione senza dovermi prima chiedere: ma questa roba me la posso davvero permettere?». Si è potuto permettere tutto, il Briatore. Sempre a disfare, inseguire, creare. Da piccolo lo chiavano “tribula”, uno che non sta mai fermo. Infatti voleva fuggire, andare via dai monti che gli stavano stretti. «Nessuno è perfetto, questo è il bello della vita», dirà.

«Aiuterò lo sviluppo commercial­e e di intratteni­mento» Obiettivo perfezione

PERFEZIONE. Eppure la perfezione Flavio l’ha inseguita sempre. Nel look, nel fashion, nel “food and beverage”, negli hotel di lusso, nei locali diventati un’icona (il Billionair­e vi dice qualcosa?), nei libri che non legge («Non mi piace e non ho tempo») ma che ha pubblicato. O nella Formula 1, in cui entrò nel 1989. Perfezione che Briatore raggiunse nel 1994, quando vinse il primo dei due titoli con la Benetton e con Michael Schumacher. Aveva lottato contro tutto e tutti, quell’anno accusarono il team di aver usato sistemi illegali. «Lei si sente nel mirino?», gli chiesero. «Sì, ma cerchiamo di essere obiettivi. Non ci fermeranno: il Mondiale è nostro». L’anno dopo replicò vincendo anche il titolo costruttor­i. Dirà: «Non eravamo più i produttori di magliette, ma eravamo la squadra da battere».

Determinat­o, felice, indaffarat­o («Mentre gli altri giocano a golf, io lavoro»), un uomo che si è fatto sogno, sempre circondato da donne bellissime. Nel 2005 e nel 2006 realizzò altri due capolavori con Fernando Alonso e la Renault. Constatand­o che: «C’è una bella differenza tra vincere con la Ferrari e vincere con la Benetton e la Renault. Quello che ha fatto i miracoli sono io, non loro, ma mi sono costati sangue». Mica sogni.

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Flavio Briatore e Stefano Domenicali nel video postato a ottobre

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