Corriere dello Sport

«Smetto. Ora devo andare a lavorare»

Il siciliano, abbandonat­a la corsa, si ritira a 39 anni VIsconti: «Mai stato un campione, non posso campare con quello che ho guadagnato tra i pro’»

- Di Giorgio Coluccia

Ha voluto scendere dalla bici, una volta per sempre. Dietro al ritiro di martedì, durante la seconda tappa della Tirreno-Adriatico, c’è tutto il profondo malessere di Giovanni Visconti, che con una lettera sui social si è congedato dal grande ciclismo dopo 18 stagioni da profession­ista e 34 vittorie. A 39 anni avrebbe dovuto smettere al termine di questa annata, ma quel “The End” pubblicato ieri non lascia intraveder­e speranze: «Da mesi e mesi soffro sulla bici e soffro giù dalla bici - ha rivelato il siciliano della Bardiani-Csf -. Non sono un campione e di certo non lo diventerò adesso. Allora perché non volersi bene e trovare la forza di dire basta? Forse è solo la paura di ciò che sarà e di ciò che lascerò». Dopo l’abbandono della corsa a Sovicille, aveva pubblicato anche un tenero scambio di messaggi con il figlio Thomas, che gli aveva risposto: «Pensa alla tua carriera e alle soddisfazi­oni che hai avuto e sii felice». Al telefono più che la voglia di parlare, c’è la voglia di sfogarsi.

Visconti, cos’è che fa più male in questi momenti?

«La cosa brutta è uscire di scena in questo modo, in punta di piedi, lontano da tutto e da tutti. Ho preferito fare un bel saluto sui social anziché scegliere la gara di turno, per esempio una simbolica come la Milano-Sanremo, dove dare l'addio, far finta di ridere per poi arrivare staccatiss­imo o ritirarmi anzitempo per l’ennesima volta».

Alla Bardiani la famiglia Reverberi ha provato a farla desistere?

«Abbiamo parlato più di una volta, ho avuto altri momenti di crisi e stavo per smettere già a luglio dell’anno scorso. Nonostante i risultati, mi hanno sempre spronato e reputato importante per il gruppo e per i giovani della squadra. Adesso serve soltanto il coraggio per dire basta perché so di non potercela fare a tornare a un livello decente. Preferisco questo anziché continuare a prendere in giro me stesso e la squadra».

Da quanto dura questo periodo così negativo?

«Tutto è iniziato da un anno e mezzo, purtroppo da quando sono passato in Bardiani, dove però avevo un ambiente ideale. Ho avuto problemi alla tiroide, ho sofferto di una forma virale che mi ha provocato un Herpes Zoster, il cosiddetto fuoco di Sant’Antonio. Da lì un calvario con una tiroidite e sbalzi da ipertiroid­ismo a ipotiroidi­smo. Si tratta di qualcosa che ti scombussol­a tutto, è come se saltasse la centralina per la testa e per le forze che non ti senti più».

C’è stato un momento in cui pensava di esserne uscito?

«Ho inseguito la forma giusta per mesi e non l’ho mai trovata. Quando prendi una batosta dopo l’altra anche la testa non ti accompagna più».

Si riferisce anche alla positività al Covid di gennaio?

«Sì, durante l’inverno mi ero messo sotto tra gli allenament­i con il preparator­e atletico Alberati e una mental coach che mi accompagna­va in questo percorso. Ero su buoni livelli, ma con il virus sono sprofondat­o di nuovo. Da un mese e mezzo faccio fatica a stare in gruppo».

Ha già cominciato a pensare a come sarà il suo futuro?

«Smetto, ma devo andare a lavorare. Non navigo nell’oro, non posso campare a vita con quello che ho fatto tra i profession­isti. Come corridore ormai non sto bene da tempo, è diventato tutto davvero difficile. Sono mesi che ci sto pensando. Dentro di me credo di aver preso una decisione, poi quando arriva quel preciso momento ti rendi conto davvero di quanto sia complicato».

«Preferisco lasciare anziché continuare a prendere in giro me stesso e la squadra»

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BARDIANI/SPRINT CYCLING Giovanni Visconti, 39 anni, era profession­ista dal 2005

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