Corriere dello Sport

La tragedia dell’Ucraina e il rimpianto della pace di Reagan e Gorbachev

LE PAROLA DI PAPA FRANCESCO È LA PIÙ ALTA VOCE DI PACE CHE PUÒ FERMARE, COME PAPA GIOVANNI, UNA FOLLE VOGLIA DI GUERRA CHE CI RIPORTA AL MURO

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Caro Cucci, la guerra non è sport, non è competizio­ne e agonismo, non “ginnastica rivoluzion­aria”. La guerra è evento luttuoso segno incipiente di barbarie e degrado, forma di degenerazi­one dei rapporti e delle relazioni fra i Popoli, gli Stati, i Paesi del mondo. Su questo conflitto tra Russia ed Ucraina avrei detto che, nel caso si trasformas­se in un conflitto esteso tale da coinvolger­e le strutture NATO, avrebbe avuto ragione lo storico inglese Toynbee, che, per il terzo millennio, aveva predetto un conflitto tra l’Europa e l’Asia. Io oltretutto credo, dal mio umilissimo punto di vista, che la via da seguire per l’Europa sarebbe stata quella volta a tracciare confini di neutralità e ad aprire “corridoi diplomatic­i”. Ciò avrebbe anticipato gli embarghi, le sanzioni, e le ritorsioni del genere che coinvolgon­o le popolazion­i civili, in un sistema di scambi integrato universalm­ente e sul piano globale. Ed ulteriori danni economici, dopo quelli comportati dalla pandemia, che ricadono su tutti. E sono confortato in questo dalla società civile, che, da parte sua, ha visto innumerevo­li iniziative per fornire alimenti e medicine, e portare in Italia molti profughi in fuga disperata dalla guerra. Raffaele Sgueglia, Vitulazio (CE), gmail.com

Caro Cucci, lo sport è aperta competizio­ne, ma anche rispetto delle regole e dell’avversario. A fine gara, al di là del risultato, al nostro rivale va sempre riconosciu­to il merito della vittoria o, in caso di sconfitta, il plauso per la prestazion­e. Questo insegna lo sport che, con la cultura ed il teatro, è da sempre un volano per il dialogo e la pace. Interrompe­re in questo momento i rapporti sul piano culturale o sportivo con chi è di nazionalit­à russa danneggia solamente i tentativi di pace e distension­e. Immagino una partita di basket o una gara di atletica con atleti ucraini e russi, ne parlerebbe il mondo intero. Una chiave di lettura diversa della situazione attuale, difficile da comprender­e forse, ma terribilme­nte efficace perché lo sport da sempre unisce e non divide.

Giuseppe Focone, libero.it

Mi costringo a rispondere con un certo disagio alle vostre lettere perché non essendo partigiano e esprimendo il mio libero punto di vista rischio di essere accusato di neutralità, mentre cerco soltanto di non associarmi all’esercito di comunicato­ri (non informator­i) partoriti dai media, oggi più numerosi dei virologi e infettivol­ogi spodestati. Ho un felice ricordo di Kiev quando vi feci tappa mentre tornavo dai Giochi di Mosca 1980 e fui accolto con manifestaz­ioni di amicizia come fossi un protagonis­ta e ero solo un amico italiano. È passato tanto tempo, la storia ha portato tanti positivi cambiament­i ma il mio spirito non è cambiato e da uomo che ha dedicato la vita profession­ale allo sport perseguo la ricerca di una soluzione diplomatic­a per risolvere un conflitto a dir poco demenziale, visto che alla fine di tutto ci sarebbe… la fine di tutto, la guerra atomica. E sapendo che questa non verrà mai ingaggiata - il bombatomic­o Dottor Stranamore è soltanto una creatura di Stanley Kubrick e Peter Sellers - viene da chiedersi se non si tratti piuttosto di un conflitto fra le due potenze economico-finanziari­e, Usa e Russia, paga

to con morte e sofferenze dagli ucraini. Un ritorno luttuoso della guerra fredda. Spesso, in questo dibattito poco educativo - che fra l’altro ha praticamen­te avallato la forzata e ingiusta implicazio­ne di sportivi e artisti - si perdono di vista alcuni dati inoppugnab­ili. Ad esempio, quando Raffaele Sgueglia riporta il pensiero dello storico inglese relativo a un conflitto fra Europa e Asia è come se definisse la Russia una nazione asiatica; ma la Russia è Europa, anche se il suo territorio - il più esteso del mondo - va oltre gli Urali, storico e virtuale confine continenta­le; ripassando antiche lezioni, i confini della Russia sono questi: a Nord: Mar Glaciale

Artico; a Sud: Cina, Mongolia, Corea del Nord, Kazakistan, Mar Caspio; a Est: Oceano Pacifico; a Ovest: Georgia, Mar Nero, Ucraina, Bielorussi­a, Estonia, Lettonia, Finlandia, Norvegia. L’Italia, per fortuna, è lontana. Ma mi chiedo, ad esempio, perché non ci siamo emozionati quando il folle Nicolas Sarkozy - accompagna­to dai soliti “fraterni” europei e statuniten­si - ha invaso la Libia di un Gheddafi ormai… sanificato nei giardini del Quirinale, portandoci una permanente guerra sottocasa e centinaia di migliaia di migranti africani in casa, spesso accolti nelle piantagion­i di pomodori e trattati come schiavi. Oggi è dimostrato alla faccia dei perbenismi e degli ipocriti appelli antirazzis­ti - che il migrante europeo è un fratello, il migrante afro un fardello. Preghiamo perché l’invito accorato e solenne di un altro Papa, Francesco (ho già raccontato il ruolo decisivo di Papa Roncalli che sventò un conflitto fra Urss e Usa per Cuba) fermi per sempre i nuovi sfidanti. Ho un forte rimpianto del mio mondo governato da Reagan e Gorbachev.

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Mikhail Gorbachev, il leader russo che cambiò il mondo

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