Il corto muso di José
Meno male che sono tutti, almeno in apparenza, sani e salvi. Le scorie di una partita, che di calcio ha avuto ben poco, Mourinho le valuterà nel corto tempo che separa la trasferta di Arnhem da quella di Udine. Ma è davvero incredibile che una gara internazionale, in una delle patrie del football moderno, sia stata disputata su un terreno ridotto in stato talmente pietoso da far rabbrividire. L’Uefa non avrebbe dovuto consentire uno scempio peraltro annunciato: tacendo, ha avallato. Ne va della salute dei calciatori, anzitutto; poi dello spettacolo, polverizzato da rimbalzi grossolanamente irregolari e casuali; quindi del risultato, perché Vitesse e Roma, per lunghi tratti, hanno giocato come lanciando la pallina sul disco della roulette. Sarebbe potuto accadere l’imponderabile. E se Mou - che pure aveva avvertito largamente in anticipo dei pericoli a cui si andava incontro può guardare al match di ritorno dalla confortevole terrazza di un 1-0 in trasferta, deve benedire il colpo di compasso di Sergio Oliveira nella coda del primo tempo. Impossibile dare un giudizio tecnico complessivo sul match e sulla Roma, alla terza vittoria consecutiva di “corto muso” allegriano: troppo condizionante pure per gli olandesi - la terribile condizione di un campo osceno. Brevi spigolature a margine: per i giallorossi 45 minuti di sofferenza, di misure incongrue, di pressing poco efficace, di adattamento complicato. «Fortunati», commenterà lo Special facendo riferimento alla clamorosa occasione sciupata dal rapidissimo (e fastidioso) Openda sull’unico errore di Rui Patricio, impeccabile per il resto. Il gol di Oliveira ha capovolto l’inerzia della gara. Con Mou che ha avuto il merito di ridisegnare la Roma nello spogliatoio, togliendo i timidi Viña e Maitland-Niles per i più aggressivi El Shaarawy e Karsdorp, e recuperando peso a centrocampo con l’ingresso di Cristante per Veretout. La successiva entrata di Pellegrini per un impalpabile Zaniolo (che avrebbe voluto festeggiare diversamente la sua centesima in giallorosso) ha reso la Roma ancor più stabile, pragmatica, cinica, peraltro favorita dal calo di intensità del Vitesse. Abraham, unico terminale offensivo, i palloni se li è andati a cercare, anche sporchi, ben al di là del suo consueto raggio d’azione. Va a suo merito, indubbiamente.
Ecco il segno e il senso di una rosa più lunga e omogenea, tanto invocata (e reclamata) da Mou. Due gli obiettivi rimasti, la Conference e - in campionato - una posizione per l’Europa: ciò vuol dire che Udine (senza Micki e Kumbulla) avrà lo stesso peso del match di ieri, prima del ritorno (senza Mancini e Oliveira) con gli olandesi e il derby, come sempre spartiacque. Nel passo dopo passo di José, al quinto risultato utile di fila, c’è anche questa consapevolezza. La Roma ha trovato una sua cifra in costruzione, ed è su questa impronta, ormai chiara e riconoscibile, che il tecnico fa affidamento. In attesa di tempi migliori.