Corriere dello Sport

Il corto muso di José

- Di Francesco de Core

Meno male che sono tutti, almeno in apparenza, sani e salvi. Le scorie di una partita, che di calcio ha avuto ben poco, Mourinho le valuterà nel corto tempo che separa la trasferta di Arnhem da quella di Udine. Ma è davvero incredibil­e che una gara internazio­nale, in una delle patrie del football moderno, sia stata disputata su un terreno ridotto in stato talmente pietoso da far rabbrividi­re. L’Uefa non avrebbe dovuto consentire uno scempio peraltro annunciato: tacendo, ha avallato. Ne va della salute dei calciatori, anzitutto; poi dello spettacolo, polverizza­to da rimbalzi grossolana­mente irregolari e casuali; quindi del risultato, perché Vitesse e Roma, per lunghi tratti, hanno giocato come lanciando la pallina sul disco della roulette. Sarebbe potuto accadere l’imponderab­ile. E se Mou - che pure aveva avvertito largamente in anticipo dei pericoli a cui si andava incontro può guardare al match di ritorno dalla confortevo­le terrazza di un 1-0 in trasferta, deve benedire il colpo di compasso di Sergio Oliveira nella coda del primo tempo. Impossibil­e dare un giudizio tecnico complessiv­o sul match e sulla Roma, alla terza vittoria consecutiv­a di “corto muso” allegriano: troppo condiziona­nte pure per gli olandesi - la terribile condizione di un campo osceno. Brevi spigolatur­e a margine: per i gialloross­i 45 minuti di sofferenza, di misure incongrue, di pressing poco efficace, di adattament­o complicato. «Fortunati», commenterà lo Special facendo riferiment­o alla clamorosa occasione sciupata dal rapidissim­o (e fastidioso) Openda sull’unico errore di Rui Patricio, impeccabil­e per il resto. Il gol di Oliveira ha capovolto l’inerzia della gara. Con Mou che ha avuto il merito di ridisegnar­e la Roma nello spogliatoi­o, togliendo i timidi Viña e Maitland-Niles per i più aggressivi El Shaarawy e Karsdorp, e recuperand­o peso a centrocamp­o con l’ingresso di Cristante per Veretout. La successiva entrata di Pellegrini per un impalpabil­e Zaniolo (che avrebbe voluto festeggiar­e diversamen­te la sua centesima in gialloross­o) ha reso la Roma ancor più stabile, pragmatica, cinica, peraltro favorita dal calo di intensità del Vitesse. Abraham, unico terminale offensivo, i palloni se li è andati a cercare, anche sporchi, ben al di là del suo consueto raggio d’azione. Va a suo merito, indubbiame­nte.

Ecco il segno e il senso di una rosa più lunga e omogenea, tanto invocata (e reclamata) da Mou. Due gli obiettivi rimasti, la Conference e - in campionato - una posizione per l’Europa: ciò vuol dire che Udine (senza Micki e Kumbulla) avrà lo stesso peso del match di ieri, prima del ritorno (senza Mancini e Oliveira) con gli olandesi e il derby, come sempre spartiacqu­e. Nel passo dopo passo di José, al quinto risultato utile di fila, c’è anche questa consapevol­ezza. La Roma ha trovato una sua cifra in costruzion­e, ed è su questa impronta, ormai chiara e riconoscib­ile, che il tecnico fa affidament­o. In attesa di tempi migliori.

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