Come cambia l’esistenza del campionato con il rimpianto di tanti campioni perduti e di una Serie A a 16 squadre Le sorellastre della provincia all’assalto delle Sette Sorelle
Caro Cucci, le mitiche “Sette Sorelle”, nel grande calcio, evocano quelle supersquadre sempre in corsa per i titoli e per l’Europa. Magari in una Superlega. Ma, nella grande famiglia di questo sport, più che mai, si sono organizzate pericolose ed invidiose entità che proprio non ti aspetti. Si può parlare delle “Sette Sorellastre”? Enumeriamole, per i danni che sono riuscite a infliggere a squadroni impegnati nella lotta per lo scudetto e per un posto in Champions: il Sassuolo, il Verona, il Cagliari, lo Spezia, il Venezia, l’Udinese, il Genoa… Luciano Di Camillo
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Dici bene, Sette Sorellastre cattivelle, ma più propriamente l’Intera Provincia Italiana è da sempre in azione contro i Padroni del Vapore. Che oggi si chiamano Inter, Milan, Napoli, Juve. S’è aggiunta l’Atalanta. In sala d’attesa Roma e Lazio. Sette virtuali. Tre o quattro aspiranti alla Superlega. Il Napoli di Aurelio De Laurentiis - grazie Aurelio - si accontenterebbe della A a 16 squadre. L’ultima volta che ho parlato della bellissima Serie A a 16 un tapino che non c’era ha obiettato: le solite forti e le solite deboli, chissà che campionato. Già. Chissà che spettacolo. E allora, pur col pianto nel cuore (capirete perché) ho scelto un torneo di quarant’anni fa, 1981-1982, per mostrarvi come finì: scudetto alla Juve, Fiorentina seconda con rabbia, poi nell’ordine Roma, Napoli, Inter, ASCOLI, CATANZARO, AVELLINO, Torino, CESENA, UDINESE, CAGLIARI, Genoa. Retrocessi il Milan di Farina e del Senzadenti Jordan (“Una retrocessione gratis dopo quella a pagamento” sentenziò Peppino Prisco); il mio Bologna che credeva di salvarsi con gli arbitri venduti che promettevano a Luciano Conti ed erano bufale; e il Como di Marchioro, Seghedoni e del mio amico Cecco Lamberti da Medicina disperatamente “al brevo”. Bene: quei campionati non ammettevano distrazioni e soprattutto erano divertenti e garantivano domeniche spettacolose e programmi tv in Rai da super ascolti. Le ”sorelle” allora erano solo cinque. Le Sette Superbelle spuntarono fra i Novanta e i Duemila e le chiamammo così per imitare le famose e straricche Sette
Sorelle del petrolio (le statunitensi Exxon, Mobil, Texaco, Standard oil of California-Socal, Gulf Oil, l’anglo-olandese Royal Dutch Shell e la britannica British petroleum): le calcistiche e le petrolifere finirono tutte nei guai. E io, mantenendo la mia passione per le Provinciali, ricordavo le sfide vinte contro le litigiose grandi del petrolio dall’Agip italianissima, il cane a sei zampe di Enrico Mattei. Un campione del mondo. Nel bene e nel male quella delle Sette Sorelle è stata una stagione emozionante. Lavoravo in questo giornale e i colpi di scena si sprecavano. Gli anni Novanta-Duemila - trovo nei miei appunti - ci proponevano per un campionato mondiale e un calcio la cui immagine deliziava il colto e l’inclita, senza tanto cianciare di moduli, di tikitaka, di possesso palla, di fatturato. Di Var. Erano la Juve di Agnelli, il Milan di Berlusconi, l’Inter di Moratti, la Fiorentina di Cecchi Gori, la Lazio di Cragnotti, la Roma di Sensi e il Parma di Tanzi. Abbondanza di titoloni. Di trionfi e di drammi. Unica nota amara, il Napoli
era come sparito: vinto il titolo del ‘90 aveva perso Maradona e dopo un paio di stagioni non fu più competitivo, fino alla B del ‘98. E avanti Milan, Juventus, Lazio, Roma, la SuperJuve di Capello, Calciopoli, la crisi economica, presidenti famosi in rovina, addio Cragnotti, Tanzi, Cecchi Gori. L’Inter di Moratti prende tutto quel che può in solitudine finché torna la Nemica Odiamata, la Juve, punita e rinata in B, dà inizio alla serie di nove scudetti consecutivi. Oggi fingiamo di essere americani, cinesi, sogniamo l’arrivo degli emiri, non degli oligarchi russi che altrove smobilitano. E piangiamo la Grande Bellezza di quei giorni che non torneranno più. Anche perché sopraffatti da torme di bufale esotiche perdiamo di vista anche i valori veri, come quel Dybala che insieme a Ronaldo ha segnato una stagione indimenticabile. Ma non conta. Forse ce lo perdiamo. E non so più se vale la pena continuare a battermi per un torneo a sedici. Dimenticavo che eravamo attratti da tanti veri campioni. Ve li racconterò un’altra volta…