Corriere dello Sport

Un giurista per salvare il calcio

- Di Alessandro Barbano

Un giurista giovane, studioso dello sport e amante del calcio, assume la guida della Lega di serie A nel punto più drammatico della sua storia. Lo volevano Napoli, Lazio e Fiorentina, lo hanno votato in undici su venti, gli ha promesso sostegno la Juve, che nell’urna si è astenuta. Dovrà essere il presidente di tutti. Non solo conquistan­do il consenso delle due milanesi, della Roma, del Torino, e degli altri club che ancora lo vedessero come il candidato di De Laurentiis e Lotito, ma riuscendo a far parlare la Lega con una sola e autorevole voce. La sua.

Sarà questo l’obiettivo più arduo di Lorenzo Casini: governare l’individual­ismo e l’idiosincra­sia per le forme dei presidenti, difendendo la sua leadership e, allo stesso tempo, facendo sintesi tra i loro interessi e rappresent­andone le migliori ragioni. Qui misurerà tutta la sua abilità politica e l’esperienza maturata da capo di gabinetto di uno dei Ministeri più complessi, quello dei Beni Culturali. Il magistero di Dario Franceschi­ni non potrà che giovargli in un contesto vischioso e divisivo al pari della politica, segnato da una transizion­e che porta al vertice di molti club fondi e proprietà straniere.

Il calcio che Casini eredita è nel pieno di una crisi struttural­e, fatta di debiti crescenti e fatturati stagnanti, ma soprattutt­o di una qualità tecnico-agonistica che sfigura al confronto con le altre leghe top. E che si traduce in una perdita di concorrenz­ialità per lo spettacolo sportivo da mettere sul mercato. I diritti tv più bassi d’Europa ne sono lo specchio.

Per salvare il sistema una strategia finanziari­a deve accompagna­rsi a una industrial­e. Vuol dire che non basta risanare i bilanci, mettere al bando abusi e scorciatoi­e, regolament­are il mercato, contrattar­e migliori diritti tv, delineare una exit strategy dalle restrizion­i della pandemia. Bisogna anche mettere mano ai campionati per aumentare la competitiv­ità, confrontar­si senza cedimenti, ma senza pregiudizi, sui problemi aperti dalla sfida secessioni­sta della SuperLega, fare stadi accoglient­i e vivai fruttuosi, investire sulle competenze degli atleti e dei tecnici, trasforman­do un arcaico artigianat­o esperienza­le in una scienza moderna. Quest’ultimo traguardo è connesso con un modo nuovo di raccontare il calcio, capace di disboscare la violenza, i razzismi, i pregiudizi, e anche i luoghi comuni. C’è bisogno di un lessico e di una grammatica nuovi, comuni a chi fa lo spettacolo e a chi ne fruisce.

È una sfida riformatri­ce tanto ambiziosa quanto grande è stato il ritardo accumulato. E quanto europeo e globale è il perimetro di gioco. Lorenzo Casini, che ne raccoglie oggi il testimone, ha i numeri per vincerla. Ma avrà bisogno della lungimiran­za e del coraggio di tutti i protagonis­ti del movimento sportivo. Chi pensasse che un presidente della Lega si elegge per chiedere i ristori al governo, dividersi gli spiccioli, e poi trafficare ciascuno per sé, avrebbe sbagliato tempo e persona.

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