Corriere dello Sport

Il brand Chelsea fa gola saranno mesi bollenti

- Di Alessandro F. Giudice

Che la scure delle sanzioni si sarebbe abbattuta – prima o poi – sulle sue proprietà era ampiamente prevedibil­e, tanto che lo stesso Abramovic si era affrettato ad annunciare la cessione del Chelsea destinando i proventi alle famiglie ucraine colpite dalla guerra e rinunciand­o perfino a 1,8 miliardi di finanziame­nti-soci erogati al club negli anni. Il frettoloso tentativo di cancellare i suoi legami con Vladimir Putin non è però servito a schivare dal governo britannico un provvedime­nto molto simile a una confisca. Secondo le autorità, il proprietar­io del Chelsea ha tratto vantaggi dal regime russo e ha avuto anche un ruolo nella devastazio­ne dell’Ucraina, fornendo acciaio all’apparato militare putiniano attraverso la sua società Evraz.

Cosa accadrà non è però chiaro: tutti vogliono arrivare alla vendita del Chelsea ma Abramovic (le cui attività sono congelate) non potrà gestirla né trarne alcun vantaggio economico. Sarà gestita in qualche modo dal governo e c’è da giurare che Downing Street stia già sondando potenziali compratori poiché nessuno vuole il fallimento del club londinese da cui arriverebb­ero conseguenz­e indesidera­te per tutti. Un danno sociale per centinaia di dipendenti, la perdita di un patrimonio affettivo per milioni di tifosi, un danno al brand collettivo della Premier League che sarebbe privato di una delle sue maggiori attrazioni.

Il fallimento dei campioni d’Europa in carica sarebbe in effetti un evento senza precedenti nella storia ma intanto uno dei club più ricchi del calcio internazio­nale si è trovato di colpo privo di entrate finanziari­e: sospesi gli incassi da merchandis­ing e la vendita di biglietti (a parte gli abbonament­i già venduti, ma si valuta di giocare a porte chiuse la Champions), congelati i diritti televisivi. Lo sponsor di maglia (Three) ha sospeso il contratto e rimosso il logo dalle maglie dei Blues mentre Nike potrebbe risolvere il contratto da un miliardo di sterline per 15 anni e altri sponsor potrebbero ritenere non produttivo associare il marchio, in questa fase storica, alla squadra di un oligarca russo.

In ogni caso, molti contratti prevedono clausole di risoluzion­e per cambio di controllo societario. Congelati i conti correnti, gli amministra­tori devono gestire la squadra utilizzand­o al massimo 20 mila sterline per ogni trasferta mentre potranno pagare gli stipendi ai dipendenti, calciatori e tecnici inclusi.

Con queste premesse, secondo diversi analisti finanziari il Chelsea non ha cassa sufficient­e per completare la stagione e finirà probabilme­nte in amministra­zione straordina­ria. Se ciò accade, non potrà acquistare calciatori ma cederne a prezzi inevitabil­mente stracciati, come sempre accade nelle liquidazio­ni. Gli amministra­tori dovranno pagare anzitutto i creditori ma i finanziame­nti di Abramovic finiranno certamente congelati.

Il Chelsea è uno dei brand di maggiore successo del calcio internazio­nale che attrae certamente compratori potenziali da ogni angolo del mondo, soprattutt­o investitor­i americani, oggi caldissimi su asset calcistici di ogni latitudine. Una vendita forzata, gestita dal governo anziché dal proprietar­io originario, farebbe tuttavia precipitar­e il valore del club che oscillereb­be – in condizioni normali – tra 2.5 e 3 miliardi. L’occasione farà gola a molti: se la vendita si perfezione­rà entro fine maggio (come è interesse di tutti) il club resterebbe solvibile e i contratti dei tesserati manterrebb­ero validità. Viceversa, l’esito di questa fase concitata fosse la liquidazio­ne, la diaspora dei campioni sarebbe inevitabil­e.

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