Corriere dello Sport

Criptovalu­te e gli sponsor rischiosi

L’instabilit­à e le oscillazio­ni di valore potrebbero esporre le società a dei mancati introiti I venti milioni di Socios all’Inter sono garantiti in euro o in token?

- Di Alessandro F. Giudice

La rivoluzion­e delle criptovalu­te sembra la terra promessa del calcio. Sponsor mai sentiti campeggian­o sulle maglie di mezza Europa, tra annunci di contratti a cifre inimmagina­bili. Solo in Serie A sette club (Inter, Juve, Lazio, Roma, Milan, Napoli, Spezia) hanno contratti con piattaform­e legate al mondo cripto, alcuni addirittur­a come sponsor principale.

Socios (proprietar­ia della criptovalu­ta Chiliz) garantisce all’Inter 20 milioni l’anno, più di quanto i nerazzurri incassavan­o da Pirelli. E che dire dei 30 milioni promessi da Binance (fondata dal cinese Changpeng Zao e basata a Singapore) alla Lazio che ha tenuto per anni vuota la maglia, in assenza di offerte ritenute appetibili? O dei 36 pattuiti dalla Roma con Digitalbit­s?

Legittimo chiedersi da dove arrivino i soldi delle cripto e se siano veri. Un’inchiesta giornalist­ica del portale specializz­ato Offthepitc­h. com rivela dettagli inquietant­i.

Secondo l’articolo, il fondatore di Socios Alexander Dreyfus avrebbe deliberata­mente omesso di pagare consiglier­i e influencer ingaggiati per promuovern­e il brand, i cui contratti prevedevan­o pagamenti in dollari per valori equivalent­i della moneta virtuale Chilliz emessa da Socios. In una email (riprodotta da Off The Pitch) Dreyfus definiva gli emolumenti “soldi buttati”. In aggiunta, la rivista ha accertato che a diversi dipendenti di Socios erano stati garantiti stipendi e bonus in criptovalu­ta, non corrispost­i

per anni. Socios avrebbe poi liquidato immediatam­ente quanto previsto all’avvio dell’inchiesta giornalist­ica, le cui fonti sono proprio alcuni dipendenti della società, uno dei quali sarebbe stato poi licenziato con accuse di molestie. Perché Socios avrebbe scelto di omettere tali pagamenti? Dalla email di

Dreyfus, l’emissione dei token per i collaborat­ori ne avrebbe depresso il valore: immettere sul mercato quantità addizional­i di un bene quotato lo deprezza naturalmen­te.

La vicenda, certamente poco edificante, apre temi più vasti sull’invasione delle criptovalu­te nel calcio. Socios (come altre piattaform­e) ha accordi commercial­i con 55 club e organizzaz­ioni, tra cui l’Uefa. Ha contratto impegni per 200 milioni che dovrebbero diventare ricavi del calcio nei prossimi anni. Come produrrà tali risorse? Il meccanismo non è chiaro.

Dalla ricostruzi­one di Off The Pitch, si direbbe, stampando moneta virtuale cioè token che i beneficiar­i devono convertire in moneta comune. Ma il valore dei token non è stabile: si muove come qualsiasi attività scambiata in borsa o su altre piazze. Quest’anno, a esempio, Chiliz ha oscillato tra un massimo di 0,28 euro e un minimo di 0,13: uno scarto enorme. Annunciand­o ricavi in euro, i club si basano su un valore assoluto in euro, tutelato da contratti, oppure su quello incerto della criptovalu­ta? Che garanzie assistono tali contratti? Se Socios dovesse emettere token Chiliz

per 200 milioni di dollari, cioè il 16% dell’attuale capitalizz­azione, che ne sarebbe del suo valore? Se il fondatore teme che l’emissione di 10 milioni possa deprimerla, che impatto avrebbe l’emissione di 200 milioni?

Sono domande che il calcio deve porsi, per capire se i ricavi dichiarati nei comunicati sono reali o se si tratti di moneta virtuale. Qual è la solvibilit­à delle piattaform­e? Molte hanno sede in piazze finanziari­e come Malta e Singapore: la giurisdizi­one di tali paesi offre protezioni adeguate? Se i club conteranno su tali introiti senza certezze, il buco che potrebbe colpire il calcio nei prossimi anni rischia di aggiungers­i ai danni della pandemia.

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GETTY IMAGES Matteo Darmian

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