Lo spirito da solo non basta
Body language, il linguaggio del corpo: José Mourinho ci ha impiegato due minuti per capire che partita sarebbe stata, a Udine, per la sua Roma. Scarica, prevedibile, fiacca. Mentalmente esaurita. La coppa è (generalmente) un fattore, la trasferta in Olanda - dopo aver provato a giocare a calcio su un campo di patate si è rivelato un fattore, il passo e l’intensità dei bianconeri di Cioffi erano un fattore a prescindere. E i precedenti tutt’altro che incoraggianti: dopo la Conference, le sconfitte di Verona e Venezia. Un altro fattore. Il pari di un gelido Pellegrini al 94’ su rigore dà un senso alla classifica attraverso la statistica (ottavo risultato utile consecutivo in campionato), però restituisce a un’altra settimana di passione (giovedì il Vitesse, domenica il derby) una Roma meno brillante e più insicura, slegata, assente in alcuni dei suoi uomini più rappresentativi - è il caso di Abraham, vagante spesso a vuoto -, lenta, lentissima nella proposta e nell’azione. Tanto da ridurre Mou, in alcuni momenti, a un insolito e assorto silenzio in panchina, come se rimbalzassero sinistre le parole pronunciate prima del fischio d’avvio: «Se veniamo qui e pensiamo alla prossima partita, non abbiamo alcuna possibilità». Alla fine il punto pesa, perché coincide con il pari interno dell’Atalanta (anche Gasp reduce dall’Europa del giovedì) e tiene la Roma aggrappata al quinto posto in attesa della Lazio, che stasera può spendere il colpo del sorpasso. Ma siamo lì. Il treno Champions si allontana irrimediabilmente, se mai questa Roma fino a ieri pomeriggio aveva dato la sensazione reale di poterci salire. Le quattro davanti si sfidano a un’altra andatura, tanto che Atalanta, Roma, Lazio e Fiorentina sembrano adesso giocarsela per un campionato diverso e ristretto, ben più di un gradino al di sotto delle big di testa.
Detto delle lacune contingenti e strutturali (certe imprecisioni individuali sono inammissibili a questi livelli), di un possesso palla che diventa esercizio sterile (63,9%) se i centrali in impostazione non sanno cosa farsene, della palla, di reparti mai come stavolta eccessivamente larghi, di uno Zaniolo frenato dalla diffida e di uno Zalewski messo in mezzo dalla furbizia e dalle capacità tecniche di Deulofeu, Pereira e Molina senza un aiuto costante in raddoppio, non vanno omesse la serata di Rui Patricio, una garanzia, e la tigna di un gruppo che ancora una volta ha trovato la forza per rimediare agli errori commessi. È ultimamente accaduto anche con Sassuolo, Verona e Spezia, per un totale di 4 punti strappati all’ultimo respiro. Non si può certo dire che questa Roma difetti di tenacia - e anche il 66% di duelli vinti nella ripresa sono indizio rivelatore di un sentimento collettivo che legittimamente Cristante rivendica. Ma non può bastare. E Mou lo sa. Soprattutto se alle porte ci sono l’accesso ai quarti di Conference e un derby che già da solo vale oro.