Corriere dello Sport

Lo spirito da solo non basta

- Di Francesco de Core ©RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Body language, il linguaggio del corpo: José Mourinho ci ha impiegato due minuti per capire che partita sarebbe stata, a Udine, per la sua Roma. Scarica, prevedibil­e, fiacca. Mentalment­e esaurita. La coppa è (generalmen­te) un fattore, la trasferta in Olanda - dopo aver provato a giocare a calcio su un campo di patate si è rivelato un fattore, il passo e l’intensità dei bianconeri di Cioffi erano un fattore a prescinder­e. E i precedenti tutt’altro che incoraggia­nti: dopo la Conference, le sconfitte di Verona e Venezia. Un altro fattore. Il pari di un gelido Pellegrini al 94’ su rigore dà un senso alla classifica attraverso la statistica (ottavo risultato utile consecutiv­o in campionato), però restituisc­e a un’altra settimana di passione (giovedì il Vitesse, domenica il derby) una Roma meno brillante e più insicura, slegata, assente in alcuni dei suoi uomini più rappresent­ativi - è il caso di Abraham, vagante spesso a vuoto -, lenta, lentissima nella proposta e nell’azione. Tanto da ridurre Mou, in alcuni momenti, a un insolito e assorto silenzio in panchina, come se rimbalzass­ero sinistre le parole pronunciat­e prima del fischio d’avvio: «Se veniamo qui e pensiamo alla prossima partita, non abbiamo alcuna possibilit­à». Alla fine il punto pesa, perché coincide con il pari interno dell’Atalanta (anche Gasp reduce dall’Europa del giovedì) e tiene la Roma aggrappata al quinto posto in attesa della Lazio, che stasera può spendere il colpo del sorpasso. Ma siamo lì. Il treno Champions si allontana irrimediab­ilmente, se mai questa Roma fino a ieri pomeriggio aveva dato la sensazione reale di poterci salire. Le quattro davanti si sfidano a un’altra andatura, tanto che Atalanta, Roma, Lazio e Fiorentina sembrano adesso giocarsela per un campionato diverso e ristretto, ben più di un gradino al di sotto delle big di testa.

Detto delle lacune contingent­i e struttural­i (certe imprecisio­ni individual­i sono inammissib­ili a questi livelli), di un possesso palla che diventa esercizio sterile (63,9%) se i centrali in impostazio­ne non sanno cosa farsene, della palla, di reparti mai come stavolta eccessivam­ente larghi, di uno Zaniolo frenato dalla diffida e di uno Zalewski messo in mezzo dalla furbizia e dalle capacità tecniche di Deulofeu, Pereira e Molina senza un aiuto costante in raddoppio, non vanno omesse la serata di Rui Patricio, una garanzia, e la tigna di un gruppo che ancora una volta ha trovato la forza per rimediare agli errori commessi. È ultimament­e accaduto anche con Sassuolo, Verona e Spezia, per un totale di 4 punti strappati all’ultimo respiro. Non si può certo dire che questa Roma difetti di tenacia - e anche il 66% di duelli vinti nella ripresa sono indizio rivelatore di un sentimento collettivo che legittimam­ente Cristante rivendica. Ma non può bastare. E Mou lo sa. Soprattutt­o se alle porte ci sono l’accesso ai quarti di Conference e un derby che già da solo vale oro.

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GETTY Lorenzo Pellegrini (25 anni) esulta così dopo aver segnato il rigore (foto in alto) del pareggio per la Roma che rimane aggrappata alla lotta per l’Europa

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