L’Italia dei veleni avanti con i Leoni
Fu il terzo pari, il più faticoso, del girone di Vigo: un gol fortunoso, un’autorete. Era ciò che serviva Ma sulla gara si riversarono poi accuse di combine
Molti sostengono che il grande protagonista del Mundial 82 fu il Brasile. Nel bene e nel male. Ne parleremo. E semmai lo fu, fu tutto merito dell’Italia e di quella parata di Zoff se non la più bella, la più importante della sua carriera - all’89 di Italia-Brasile del 5 luglio, quando trattenne a pochi centimetri dal gol il velenoso colpo di testa di Oscar. E facciamoli pur protagonisti, i verdeoro, come vuole il bellissimo libro di successo di Piero Triellini intitolato semplicemente LA PARTITA. Quella partita.
Io ho semplicemente da raccontarvi l’Antagonista: il CAMERUN. E vi spiego perché, attingendo dal mio diario guerinesco dell’82, quando andai in Libia, a Tripoli, per spiare gli africani durante la Coppa d’Africa. Non da solo. Al seguito di Enzo Bearzot. A Vigo, mesi dopo, avremmo incontrato “i Leoni Indomabili”. Si trattava di capire se fossero davvero così forti. Confesso subito che non mi accorsi della loro potenza, certo traviato dalla bellezza di quei luoghi che m’indussero a sottovalutare le loro partite. Enzo era fortunatamente di buonumore perché nella trasferta africana l’avevamo seguito in pochi. Ricordo l’amico Beccantini - allora alla “Stampa” di Torino - l’unico che aveva voglia di lavorare davvero. Una mattina portai il Vecio al Suk, il mercato di Tripoli, dov’ero già stato di recente ospite di Gheddafi. Lì ritrovai vecchi amici, vecchi davvero, ormai settantenni, sempre a chiacchierare in una sorta di Bar Sport che presentava una parete piena di foto d’epoca. Parlando un bell’italiano - divertiti all’idea che mi chiamassi Italo… - mi chiesero storie del nostro campionato e quando gli dissi che tifavo Bologna mi fecero vedere una foto di Biavati, il mio amico Medeo campian d’al mand, ultimo allenatore della Nazionale di Re Idris. Prima che cacciassero gli italiani.
Il più anziano - un gigante avvolto nel tradizionale caftano si rivolse con sussiego a Bearzot: «Onorato. Noi vi vogliamo bene». E mostrò nella vicinissima piazza il monumento eretto in omaggio a Settimio Severo, l’imperatore romano nato a Tripoli. Parlammo poco di calcio - il Rais Gheddafi l’odiava, come tutti gli sport da vedere, e l’aveva anche scritto nel suo vangelo, “Il libro verde” - ma di storia. Finì che accettammo la proposta di andare a visitare Leptis Magna e Sabrata, segretamente accompagnati in auto da uno di loro. Il suo assistente Guido Vantaggiato era disperato, temeva uno scandalo internazionale perché ci era vietato lasciare l’hotel. In verità, causa la Coppa d’Africa il regime aveva allentato la morsa poliziesca. Era con noi il mio partner fotografico, Guido Zucchi, e ci divertimmo
Il nostro ct (e noi con lui) era volato anche in Libia a studiare il Camerun Vedemmo un ottimo portiere e un bomber svogliato: era pretattica?
a immortalare il Vecio fra le rovine di quelle meravigliose città cartaginesi/romane. Poi, al lavoro. Come suggeriva Roberto.
Bearzot, in una intervista al giornale di Tripoli, aveva detto: «Questo Camerun è un avversario temibile…». Pensai a parole diplomatiche. E infatti, dopo averli visti all’opera con l’Algeria, la squadra più europea d’Africa, scrissi che mi sembravano poca cosa. Grande, grandissimo il loro portiere, N’Kono (che a Vigo ci fece vedere i sorci verdi), meno efficace l’altro divo dei “Leoni”, Roger Milla, che scoprimmo campione a nostre spese. Il Vecio masticava la pipa e taceva, ogni parola poteva costargli cara. Dopo. In Italia. Ritrovai una sua frase nel mio personalissimo taccuino: «Tecnica individuale buona, gioco pulito - fin troppo! - sostanzialmente accademico, imparaticcio, elementi di base non ancora digeriti, l’alta statura non li agevola, così il terreno sintetico. Nkono grandissimo, Milla assente…». E aggiunse: «Per fortuna non c’è toccato il Ghana», che vinse dando spettacolo. «E adesso andiamo a vedere il Perù…». «Ci andrai tu, a Lima, io resto a casa». E tuttavia gli riferii della mia intervista a Daniel Jeandupeux, l’allenatore dello Zurigo, un po’ lo scopritore del nuovo calcio africano, insieme allo slavo Zutic. Daniel mi raccontò dettagliatamente le virtù dei “Leoni indomabili” - ragazzi belli, colti, un po’ snob con il loro francese elegante prima lingua - e mi venne il sospetto che, sapendosi spiati e fondamentalmente disinteressati alla Coppa d’Africa, presuntuosamente votati al Mundial, avessero fatto pretattica come gli italiani d’antan.
Ebbi purtroppo ragione. In Spagna ci avrebbero fatto (quasi) neri. Un dettaglio trascurabile - mica tanto - la presenza a Tripoli di un italiano rappresentante di una ditta di articoli sportivi. Era lì - fu detto e scritto - per offrire una ricca sponsorizzazione al Camerun. Oliviero Beha, amareggiato da un Mondiale per lui infelice, più tardi su quella partita costruì uno scandalo con il libro “Mundialgate. Dietro la vittoria italiana in Spagna una clamorosa storia di corruzione” scritto insieme a Roberto Chiodi. Con l’intento di far togliere all’Italia il titolo mondiale.
«L’Italia-Camerun più famosa o famigerata della cronaca - scrisse - il match combinato per antonomasia e sotto gli occhi di tutti: a Vigo nel primo turno l’Italia in quel momento sbeffeggiata di Bearzot viene da due pareggi, con Polonia e
Perù… Italia e Camerun arrivarono all’ultima giornata a pari punti, due a testa, il Camerun dopo due 0 a 0 e l’Italia dopo lo 0 a 0 con la Polonia nella partita d’esordio e il faticosissimo uno a uno con il Perù (gol azzurro di Bruno Conti e pareggio dovuto ad un’autorete di Collovati su tiro del capitano Ruben Toribio Diaz). Quindi, visto il gol segnato in più, alla squadra di Bearzot per passare il turno sarebbe bastato un pareggio al Balaìdos. Certo, per evitare il gironcino con Argentina e Brasile sarebbe stato meglio goleare gli africani...
L’andamento della partita lo conoscono tutti: un colossale “primo non prenderle”, comprensibile per un’Italia dilaniata dalle polemiche (che di lì a poco avrebbero portato allo storico silenzio stampa, con la questione premi a fare da pretesto), incomprensibile per un Camerun che sarebbe andato incontro ad una sicura eliminazione. Situazione che fu sconvolta alla mezzora del secondo tempo da un gol fortunoso di Ciccio Graziani: cross di Paolo Rossi, colpo di testa in controtempo e scivolata di N’Kono. Nemmeno il tempo del replay e subito il pareggio del Camerun, con centrocampo e difesa azzurri che fecero una serie di errori grotteschi, consentendo il gol in spaccata di Gregoire M’Bida. Poi melina... In Italia avremmo urlato alla combine, ma l’importanza del Mondiale per tutti e soprattutto per una squadra emergente come il Camerun fece accettare la pietosa spiegazione dei giocatori del Camerun e dei nostri opinionisti: già contenti di essere stati la squadra rivelazione, i Leoni avevano voluto chiudere il Mondiale senza sconfitte». Veleno.
Ma noi saremmo andati a Barcellona. Tiè…
Un Bearzot inedito tra il suk e le rovine cartaginesi: però aveva visto lungo
3. continua
Le puntate precedenti sono state pubblicate il 29 giugno e il 1° luglio