Gli equilibrismi del muretto
Carlos Sainz si aggiudica il Gran Premio di Silverstone. Al volante di una Ferrari. Naturalmente. Una precisazione del tutto superflua per gli appassionati ma che vista l’espressione triste e imbarazzata di Mattia Binotto alla premiazione che della scuderia di Maranello è pure il team principal, potrebbe indurre qualcuno a dubitare di un successo così a lungo ricercato.
È curioso come spesso è accaduto nella storia del marchio, come alla Ferrari il rapporto tra vittoria e sconfitta sia così labile, al punto di invertirne il significato stesso. Perché a Maranello quando qualcuno vince qualche altro perde e quello che conta è più mantenere gli equilibri interni che i punteggi nella classifica del mondiale. Perché la vittoria di Carlos Sainz, totalmente impermeabile ai “consigli” del team e alle richieste di Charles Leclerc, alle quali hanno fatto riscontro i balbettii del muretto, sono la migliore rappresentazione di una situazione caotica per la quale i piloti finiscono per diventare padroni di se stessi, anche a costo di compromettere gli obiettivi aziendali.
Non a caso i colloqui radio tra box e piloti sono quanto più lontani da quella razionalità priva di discrezionalità che deve aver fatto rizzare i capelli in testa ad un Tom Cruise, presente a Silverstone, abituato alla irreversibilità dei rapporti tra torre di controllo e il suo caccia supersonico che hanno fatto di Top Gun un grande successo.
E così il “a casa tutti bene” con il quale la Ferrari avrebbe dovuto salutare il Gran Premio di Silverstone si è tramutato in una miccia tra piloti pronti a trasformare errori che pure possono succedere e succedono ad ogni team, in pretesti per lotte intestine destinate ad estendersi a parenti ed amici che sui loro risultati hanno puntato attenzioni ed interessi. E che alla Ferrari si guardano bene di lasciare fuori dalla porta. In definitiva: a casa Ferrari tutti bene ma se dal salotto passiamo alla cucina, il lancio delle stoviglie ha la meglio sul profumo del ragù.